Il Rapporto Caritas 2023 sul fenomeno della povertà in provincia di Arezzo
Aumentano la povertà, necessario ascoltare le persone che soffrono
Come ogni anno sono stati resi pubblici dalla Caritas i dati sul fenomeno povertà della provincia di Arezzo, registrati sul campo da chi da molti anni cerca di dare risposte alle condizioni di disagio delle tante persone che continuano a vivere ai margini della nostra società. Il “Rapporto diocesano sulle povertà”, pubblicato dalla Caritas diocesana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e dal suo braccio operativo Associazione Sichem, è scaricabile dal 17 ottobre sul sito www.caritasarezzo.it insieme ad una sintesi riepilogativa dei dati raccolti nel corso del 2022 nei centri Caritas diocesani e parrocchiali e che ci permettono di comprendere le condizioni di vita, lavorative ad abitative ma anche lo status anagrafico, la nazionalità e la natura delle problematiche delle persone che sono state oggetto di sostegno, ma anche di semplice aiuto ed ascolto in questo ultimo anno.
Per ogni pubblicazione viene scelta una parola emblematica, solitamente un aggettivo, che possa essere simbolica e rappresentativa di un periodo, di un anno, di una specifica condizione storica o di uno stato d’animo caratteristico del nostro vivere quotidiano. La pubblicazione del 2021 non poteva che chiamarsi “Contagiati”, riferendosi chiaramente alla epocale epidemia che ha travolto per oltre due anni la nostra vita, quel maledetto e “sconosciuto” virus Sars-COV2 di cui ancora oggi registriamo quotidianamente gli effetti indiretti, quei danni collaterali che forse ci accompagneranno chissà per quanti anni. Quest’anno è stato scelto l’aggettivo “inermi”, titolo semplice, diretto ed inequivocabile, forse addirittura poco utilizzato nel nostro parlare quotidiano, anche quando ci riferiamo a condizioni di disagio e ai soggetti più bisognosi. Nella interessante e accorata nota introduttiva al rapporto, Andrea Dalla Verde e Debora Sacchetti, vogliono sottolineare come purtroppo la sensazione è che il “continuare ad operare nell’emergenza stia diventando un modus operandi”. E tale condizione si fa particolarmente pesante e complessa quando si parla di servizi socio sanitari e di assistenza alle fasce più deboli. Una condizione probabilmente nuova e destabilizzante e che rende talvolta difficile programmare e pianificare in maniera appropriata le attività e i servizi. La sensazione è che sia ormai diventato normale vivere nell’emergenza, abbandonando definitivamente le dinamiche della prevenzione, condizione necessaria quando si tratta, in particolare, di affrontare il tema della povertà. Si ha purtroppo quasi la “sensazione di vivere inermi di fronte ai cambiamenti di questa particolare fase storica”. Cambiamenti epocali, caratteristici di questi ultimi anni, che sarebbe più appropriato definire semplicemente tragedie o disastri. Prima la pandemia, che ha destabilizzato per oltre due anni le nostre società, che pensavano invece di essere immuni da qualsiasi pericolo esterno che ne potesse intaccare l’illusoria convinzione di un benessere ormai diffuso e duraturo. La famigerata globalizzazione, che per anni ci è stata propinata come l’antidoto per qualsiasi problema contemporaneo, ha definitivamente mostrato i propri limiti e la propria spietatezza. Ma ora ci sono anche gli echi delle guerre “locali”, del resto sempre esistite anche dopo la seconda guerra mondiale, che si sono fatti nuovamente sentire anche alle nostre latitudini, determinando conseguenze ancora incalcolabili anche in termini economici. E come sempre, a farne le spese, sono in particolare i più deboli, quelli che il rapporto definisce mestamente “gli esclusi della storia”.
La Caritas Diocesana di Arezzo-Cortona e Sansepolcro è certamente una di queste realtà, attiva non solo in città, che tenta di intercettare il disagio, mettendo in campo in maniera attiva, instancabile e meritoria, una grande varietà di servizi, tutti destinati a quelle fasce più svantaggiate della nostra cittadinanza. Vale la pena dunque ricordare brevemente il Centro d’ascolto diocesano, il progetto SIF di inclusione delle famiglie (servizio di fornitura di latte e pannolini per l’infanzia, che ha visto nel 2022, numeri importanti;1.523 confezioni di pannolini e 160 di latte in polvere), l’ambulatorio medico (260 visite per 91 persone nel corso del 2022), la fornitura buoni spesa (286 buoni erogati), la mensa (con 23.253 pasti erogati) e la colletta alimentare (con 15.996 kg di prodotti caldi o freschi ritirati, 8.932 kg di alimenti a lunga conservazione e circa 14.623 kg di alimenti caricati in magazzino da altre fonti). Attività ed impegno che si traducono anche in servizi diretti di accoglienza presso le strutture gestite dalla Caritas come la Casa San Vincenzo (che ha accolto dall’anno 2000 migliaia di persone, per brevi o lunghi periodi), la Casa Santa Luisa (che dal 2010 accoglie, nella nuova sede della Caritas diocesana aretina, donne sole con varie problematiche, donne con figli a carico e anche nuclei familiari), il Dormitorio San Domenico e l’accoglienza dei profughi.
Ma la sensazione di essere inermi contro il peggiorare e l’inasprirsi, anche a livello locale, delle continue emergenze, non può non essere taciuta o nascosta. Verrebbe da pensare che la nostra società contemporanea si sia definitivamente arresa, che abbia constatato l’impossibilità di arrestare il profondo divario fra chi gode di un benessere crescente e talvolta spropositato e le fasce più povere. Che si accetti tale condizione come inevitabile e che la sensazione di impotenza si trasformi in rassegnazione. Fasce di povertà che si allargano sempre più, che aggrediscono anche la “classe media”, quella che un tempo era definita l’ossatura delle società contemporanee. Un baratro che sembra ormai incolmabile.
Il rapporto della Caritas, con i suoi dati puntuali ed inequivocabili, non può che constatare tristemente che la “povertà nell’aretino non si sia ridotta e che anzi rischiamo di avere sempre più persone inermi nelle complesse forme di povertà multiproblematiche”. Non ci sono “ricette magiche”, ci ricorda il Rapporto; non servono soggetti improvvisati che si ergono a conoscitori e risolutori. E’ necessaria invece tanta buona volontà, un impegno instancabile e quotidiano e una propensione, prima di tutto, ad ascoltare le tante richieste di aiuto di chi soffre, tentando di rendere dignità a chi per molteplici ragioni rischia di essere definitivamente escluso dalla nostra società.
Paolo Tagliaferri
Libero professionista – già dipendente del Centro ricerca e sviluppo della Pirelli Spa con esperienza presso il complesso metallurgico BMZ nella ex Unione Sovietica, da oltre venticinque anni consulente direzionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, normativa ambientale e antincendio. Docente formatore in corsi professionali. Auditor di sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro per l’ente internazionale DNV. Scrittore autodidatta e per diletto.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
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