Opinionisti Claudio Cherubini

Buitoni, oltre la pasta: l’officina idroelettrica di Montedoglio

Fu costruita “nel fiume Tevere, là dove in esso confluiscono la Tignana e la Singerna”

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Sul finire degli anni Ottanta dell’Ottocento, uno dei figli di Giovanni Buitoni, Arnaldo (1854-1915) investì ben 250.000 lire per costruire una centrale idroelettrica sul Tevere, che fu una fra le prime d’Italia e “destò l’ammirazione dei tecnici italiani e stranieri di allora”. Si può ragionevolmente ipotizzare che dietro quest’iniziativa ci sia ancora una volta la mente geniale del padre Giovanni che, infatti in prima persona, teneva i rapporti con il comune di Sansepolcro per l’appalto di fornitura elettrica della pubblica illuminazione.

La centrale elettrica fu costruita “nel fiume Tevere, là dove in esso confluiscono altri due importanti fiumi, la Tignana e la Singerna” e fu ottenuta una cascata d’acqua che era “capace di produrre una forza media di 60 cavalli”. I lavori per l’impianto idroelettrico iniziarono nel 1902 ed accrebbero le speranze della popolazione della Valtiberina per ulteriori incentivi socio-economici, come si legge nei periodici locali: “La infaticabile ditta Buitoni da vari giorni ha dato mano ai lavori per l’impianto di importante sviluppo di energia elettrica con derivazione d'acque dal fiume Tevere presso la Madonnuccia a 7 chilometri circa da qui nell'antico stabile ad uso di cartiera da lungo tempo inattiva. Questo lavoro di vasto concepimento e di non lieve costo deve portare agli stabilimenti industriali della Ditta la forza motrice per trasmissione di energia, darà una luce più viva e a minor costo ai privati utenti della incandescenza, e renderà possibile il tanto sospirato impianto di illuminazione pubblica che sollevi questa città dal buio pesto in cui è sommersa, quando il lume di luna non la rischiara. Inoltre come in altre località si è verificato, questa forza sovrumana può far sorgere tante altre lavorazioni, tante altre nuove industrie che diano pane e lavoro ai non pochi operai che specie nell'inverno debbono soggiacere ad un forzato riposo”.

I lavori, che occuparono tra i 150 e i 200 operai, derivarono tutta la portata del Tevere nei pressi del mulino dell’Albereta e dell’adiacente cartiera e terminarono nel 1906. I diversi canali di derivazione attraversavano terre che i Buitoni furono costretti ad acquistare. Non sempre i proprietari erano disposti alla vendita e così talvolta i prezzi furono molto al di sopra di quelli di mercato. Ciò aggravò i già ingenti costi di produzione e di distribuzione di energia elettrica, tanto che c’è chi sostiene che “la centrale idroelettrica fu l’investimento più oneroso e parimenti quello meno produttivo” della famiglia Buitoni. Tuttavia non si deve dimenticare che l’energia elettrica prodotta a Montedoglio doveva servire prima di tutto al pastificio di Sansepolcro e quindi il vero ritorno economico della centrale idroelettrica deve essere misurato con l’aumento di produttività e con l’innalzamento degli standard qualitativi dei prodotti della Buitoni. Così la vendita di energia elettrica dovrebbe essere vista come un tentativo di abbattere i costi aziendali di produzione con degli introiti extra e non solo come una vera e propria iniziativa per creare profitto in sé per sé.

In ogni caso la centrale idroelettrica di Montedoglio non produceva energia elettrica solamente per il pastificio Buitoni, infatti essa venne utilizzata anche per illuminare la città di Sansepolcro. Già sul finire del 1896 era stata innalzata la prima conduttura di fili elettrici ed oltre lo stabilimento Buitoni alcuni edifici privati beneficiarono dell’energia elettrica (il Palazzo Alberti, il Teatro Dante, la casa di Torquado Fattori); nel 1901 per i festeggiamenti del Volto Santo fu illuminata anche la cattedrale. Ciò nonostante soltanto intorno alla metà del 1906 furono iniziati “i primi lavori d’impianto per l’illuminazione elettrica” pubblica, che fu inaugurata il 28 ottobre successivo. Tuttavia l’energia elettrica dei Buitoni non riuscì a diffondersi nei territori limitrofi sia per l’assenza in questi comuni di opifici che potessero impiegare l’elettricità per produrre forza motrice per i loro impianti, sia per problemi di campanilismo locale.

Claudio Cherubini
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22/08/2023 12:23:29

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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