Opinionisti Claudio Cherubini

La misura del tempo

Tra medioevo ed età moderna compaiono gli orologi pubblici

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Ad Anghiari l’orologio pubblico c’era già agli inizi del Cinquecento, collocato sull’antica torre del cassero, che per questo fu detta il “Campano”, almeno fin dal 1502 secondo Lorenzo Taglieschi. Ma probabilmente non era molto preciso perché nel 1571 venne chiamato il maestro Properzio da Montone per fargli suonare l’ora giusta, poi nel 1574 lo riparò un certo Biello di Masso della Valle e nel 1585 venne nuovamente aggiustato da Antonio Bertini da Sansepolcro. Fu poi sostituito tra il 1602 e il 1604 con uno nuovo costruito da Giuliano Panatti di Roncofreddo di Romagna. Una quindicina di anni dopo un altro Panatti, Ercole, intervenne per sostituire alcune parti. Seguirono altri diversi interventi di riparazione, fra cui quelli di due orologiai di Sansepolcro Giovan Battista Bertini nel 1649 e Lodovico Celli nel 1671 e quelli di Agostino Bruciamacchie tra il 1711 e il 1721. Nel 1735 l’orologiaio Pier Antonio Mencarelli di Pieve S. Stefano fece un importante intervento di riparazione e ricostruì anche il quadrante esterno e la lancetta dorata. Dopo un’altra serie di riparazioni, alla fine fu rimpiazzato con un nuovo meccanismo realizzato nel 1778 da Pietro Dragoni di Anghiari. «Il nuovo orologio era a pendolo reale e a cicloide con suoneria di dodici ore con la replica», descrive Renzo Giorgetti, e «con l’occasione venne anche sostituito il quadrante esterno sopra la torre». Però questo orologio per dirsi affidabile ebbe bisogno ben presto di un radicale rifacimento, a cura del rinomato orologiaio fiorentino Antonio Panzani. Così riuscì a funzionare per un secolo, fin quando venne giudicato inservibile e il consiglio comunale nel 1878 deliberò la costruzione di una moderna macchina per misurare il tempo. Il nuovo orologio fu acquistato dalla ditta Campazzi Giovanni di Novara e fu indetto un concorso per «suonatore della campana» e per «regolatore dell’orologio». Gli incarichi furono affidati rispettivamente ad Antonio Boncompagni e a Fortunato Bigi. L’importanza dell’orologio nella vita cittadina anche di Anghiari già alla fine dell’Ottocento è documentata dalle lamentele del consigliere Giuliano Corsi, nonché Ispettore scolastico del comune, che nel 1885 chiese che venisse intimato il custode «a tener meglio regolato il pubblico orologio».  Oggi il vecchio congegno del Campazzi è smontato ed è stato sostituito da un dispositivo elettronico.

Nel capoluogo di Anghiari esisteva anche un altro orologio da torre, collocato nell’convento di S. Croce, almeno «fino dalla seconda metà del XVIII secolo, che venne riparato nel 1799», ci dice Giorgetti. L’amministrazione comunale agli inizi del Novecento decise di restaurare, ripulire e successivamente provvedere alla manutenzione in modo «di tenerlo in movimento, per comodità pubblica». Fu chiesta la cessione della macchina alla Fraternita di S. Maria del Borghetto, proprietaria dell’ex convento della Croce, e poiché gli interventi di riparazione risultarono più costosi del previsto fu presa anche in considerazione la possibilità di acquistarne uno nuovo. Tuttavia alla fine, nel 1907, fu deciso di affidare l’incarico all’orologiaio anghiarese Menotti Gonnelli al fine «di restaurare completamente, rimettere a posto, e quindi garantire l’orologio pubblico nello stabile dell’ex Convento della Croce», come si legge nei documenti d’archivio (per i riferimenti si veda l’appendice 12 del mio libro Una storia in disparte).

Un altro antico orologio esposto al pubblico nell’anghiarese si trova a Tavernelle nella torre della villa La Barbolana. Il Giorgetti ipotizza che sia stato installato pochi anni dopo la costruzione della torre (1578), ma la prima notizia certa risale al 1722 quando Agostino Bruciamacchie fece un restauro e modificò la suoneria facendo battere le ore ogni 6, mentre prima suonava ogni 12 ore. Sembra anche che non avesse il quadrante. Un nuovo orologio, che è quello attualmente visibile, con il quadrante a 12 cifre romane e una sola lancetta, fu collocato nel 1879, a cura dell’orologiaio Giuseppe Pacciani di Figline, ma non si sa se fosse un nuovo congegno, o quello precedente modificato o un altro già utilizzato altrove. 

A Monterchi l’orologio pubblico comparve nel basso medioevo, poiché già alla metà del Cinquecento si decise di farne uno nuovo che fu collocato sulla torre della porta d’ingresso alla rocca. Nel 1565 fu però spostato sopra la torre perché posto più in alto era più visibile. Nel 1570 vennero a restaurarlo da Sansepolcro un certo mastro Benedetto che lo riparò e Cesare Ruberti che ridipinse il quadrante. Si susseguirono altre riparazioni, fra cui quella del 1620 effettuata da Francesco Gorini a seguito di un fulmine caduto sulla torre. Nel 1750, allo stesso modo dell’orologio del Campano di Anghiari, anche l’orologio della torre di Monterchi fu modificato per disposizione del Granduca di Toscana e trasformato “alla francese”, aggiungendo la meridiana e battendo le ore ogni 12 invece che di 6 ore in 6 ore. Ma ormai il meccanismo era malridotto e nel 1776 ne fu costruito uno nuovo da Liborio Picconi di Città di Castello. Pur evidenziando subito dei difetti, perché forse mal costruito come affermò il meccanico di Sansepolcro Federigo Rigi, restò al suo posto fino al terremoto del 26 aprile 1917, quando fu distrutto sotto il crollo della torre. Quando nel 1937 la torre venne ricostruita ci fu rimesso anche l’orologio con un congegno fabbricato dalla ditta Luigi Toninelli di Cecina, poi successivamente sostituito da uno elettronico.

Anche a Pieve S. Stefano alla metà del Cinquecento ci si occupava della manutenzione dell’orologio pubblico, che si trovava sopra la torre del palazzo pretorio e che nel 1619 fu trasferito su una torre di piazza. La documentazione d’archivio andata perduta con l’alluvione del 1855 e con il passaggio del fronte della seconda guerra mondiale, non permette una ricostruzione dettagliata delle vicende dell’orologio pubblico di Pieve S. Stefano e purtroppo dal XVII secolo si passa al 1867 quando Francesco Casucci intervenne sul quadrante e poi al 1899 quando Giuseppe Ricci, che ne era anche il custode, ricevette l’incarico di riparare il congegno. Le ricerche di Renzo Giorgetti non hanno potuto scoprire quando quella torre della piazza venne demolita e quando l’orologio venne installato sulla torre del palazzo comunale. Qui alla metà del Novecento l’orologio fu sostituito con uno nuovo realizzato dalla ditta Ennio Melloncelli di Sermide (Mantova) che suona le dodici ore, la replica e la mezz’ora.

Claudio Cherubini
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19/11/2021 09:41:25

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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