Opinionisti Claudio Cherubini

Poche barbabietole

Una coltura abbandonata a favore del tabacco

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Nell’estate del 2006 uscì il quarto volume della collana “Lavori in corso-Work in Progress” edita dal Dipartimento di Studi Storico-Sociali e Filosofici della Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo, sede distaccata dell’Università di Siena. Questo quarto fascicolo pubblica il saggio di Alberto Forzoni che, sotto il titolo Innovazioni e trasformazioni economiche nell’Aretino dopo l’Unità, illustra due aspetti dell’economia aretina durante i primi lustri dopo l’Unità d’Italia. Infatti, evidenziati sinteticamente nell’introduzione “lo stallo produttivo e l’immobilismo tecnico” in agricoltura e “l’esiguità e la fragilità del tessuto imprenditoriale e occupazionale” soprattutto nel capoluogo provinciale, lo studio concentra la sua attenzione prima su “La barbabietola da zucchero e lo zuccherificio di Cesa” e poi su “La gelsibachicoltura e l’industria serica aretina”.

In questi primi anni post-unitari, il sentore dello sviluppo industriale si avverte in poche aree della provincia: il Forzoni a pagina 10 indica “l’alto Casentino, con lanifici e cartiere a Stia e Soci” e il “Valdarno, dove all’industria serica dell’area montevarchina in costante crescita, si affianca dai primi anni settanta il polo costituito dalla ferriera di S. Giovanni Valdarno e dalle miniere del bacino di Castelnuovo dei Sabbioni”. Per il resto si devono attendere gli anni a cavallo fra i due secoli, ma, secondo l’Autore, “la coltivazione della barbabietola finalizzata alla produzione dello zucchero” e “l’allevamento del baco da seta e relative lavorazioni” innescarono “un ciclo virtuoso  capace di provocare una ricaduta positiva su una parte della comunità locale”.

Lo studio di Alberto Forzoni, che vogliamo segnalare a chi ancora non lo conoscesse, coinvolge anche la Valtiberina per quanto riguarda la bachicoltura e la tabacchicoltura. Nei mesi passati abbiamo parlato a lungo della coltivazione del tabacco su “L’eco del Tevere” e sempre nel nostro mensile nel numero di questo mese (marzo 2020) raccontiamo anche della bachicoltura in Valtiberina. Qui accenneremo alla coltivazione della barbabieola da zucchero.

In merito a questa coltura la Valtiberina non viene citata nello studio del Forzoni, ma l’inizio della produzione industriale dello zucchero a Cesa in Val di Chiana (28 dicembre 1867) e la crescita del consumo di zucchero in Italia di fine Ottocento, furono sicuramente di stimolo anche in Valtiberina a introdurre nella rotazione agraria la barbabietola associata al grano. Tuttavia da un lato si ha testimonianza della coltivazione della barbabietola da zucchero, verso il 1905, sui terreni di pianura della valle, il cui prodotto veniva consegnato a una ditta di Montepulciano che in anticipo concedeva concimi e macchinari (su questo zuccherificio, sorto in quegli anni e costruito dalla “Società Ligure Lombarda per la raffinazione degli zuccheri”, si veda proprio lo studio di Alberto Forzoni alle pp. 32-33 e alla nota 108 a p. 33); dall’altro lato in Valtiberina, come nel resto dell’Italia centrale, il progresso dei sistemi agrari a rotazione continua, favorito dall’intensificarsi delle colture delle foraggere, del mais, delle patate, era rallentato dalla coltura promiscua che caratterizzava queste terre e che aveva “tradizionalmente una parte ben maggiore nell’economia del podere mezzadrile”, come ci evidenzia Emilio Sereni nella sua Storia del paesaggio agrario del 1982. Inoltre la maggior cura che la coltura della barbabietola da zucchero richiede rispetto a quella del granturco, impedirono che la barbabietola si sostituisse negli avvicendamenti tradizionali al mais; infine l’affermarsi del tabacco come coltura industriale assai più remunerativa convinsero definitivamente gli agricoltori della Valtiberina ad abbandonare la barbabietola. Nel 1929 la barbabietola da zuccero era coltivata su 57 ettari tra Anghiari e Sansepolcro, con una resa media di 165-170 quintali per ettaro. I 12 ettari coltivati ad Anghiari rappresentavano lo 0,21% del terreno seminativo contro il 3,3% del terreno destinato a tabacco; a Sansepolcro le due percentuali erano 0,91 per la barbabietola contro il 4,53 del tabacco! Malgrado ciò dopo il tabacco, la barbabietola da zucchero era comunque ancora la coltura industriale più estesa in Valtiberina, anche se progressivamente andò a scomparire.

 

Redazione
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12/03/2020 11:23:19

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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