I documenti sono apposto, vada pure...
Nessuna paura davanti ad una divisa
Questa la frase che mi è stata rivolta, anche di recente, da uomini in divisa che, dopo avermi mostrato una paletta rossa con i segni della nostra Repubblica mi invitavano a fermarmi. Un controllo come tanti altri. Un controllo necessario e utile ai fini di rendere sicuri i nostri territori, le nostre vite. Pochi minuti, tutto sempre svolto nella massima professionalità. Nella fattispecie sono stato fermato dai nostri Carabinieri, all’interno del territorio comunale. Ma questo poco cambia, la professionalità delle nostre donne e dei nostri uomini in divisa è diffusa e nota. Tra l’altro, in questo periodo sono stato fermato più volte e, a prescindere dal corpo di appartenenza, ho notato un’umanità più accentuata. Tra le tante categorie che indubbiamente hanno sentito il disagio di vivere in questo periodo pandemico vi sono anche gli appartenenti alle nostre forze dell’ordine. Chiedere ai cittadini di esibire, oltre ai documenti di rito, anche le varie autocertificazioni e giustificazioni non deve essere stato un compito piacevole e nemmeno da prendere alla leggera. Sto parlando di episodi normali e del tutto naturali in uno Stato che voglia definirsi civile. Ebbene, è ancora in corso la polemica sulle apparizioni in divisa del Generale dell’Esercito Italiano appartenente al Corpo degli Alpini, Gen. Figliuolo, nominato dall’attuale Governo come Commissario Straordinario per l’Emergenza da COVID-19. In uno dei tanti programmi televisivi c’è stato perfino chi si è definito “preoccupato” e “intimorito” dalla divisa che, diciamolo pure, il Generale sfoggia con un certo orgoglio. Si è parlato addirittura di “paura”. Ora a me pare del tutto normale che un generale si vesta da generale, che un chirurgo indossi i panni adatti per chirurgo, che un avvocato indossi la toga e via dicendo. Ma vi è di più. Il punto è il substrato culturale di chi ha “paura di una divisa” come fossimo in qualche stato dittatoriale sud americano. A me e a tanti italiani onesti le divise non fanno paura, anzi in taluni casi la paura viene suscitata proprio quando queste non ci sono, magari in una stazione ferroviaria alle tre del mattino o in qualche strada buia di notte. Ricordo che non si tratta di essere militaristi o anti militaristi, ma di avere il senso dello Stato. In quella divisa vi sono i simboli della nostra Repubblica, i militari vengono forgiati in accademie e scuole dove si insegna la nostra Costituzione, infatti proprio in quelle scuole militari vengono conseguite lauree in giurisprudenza, politiche internazionali, scienze politiche etc. etc. Ma non è solo questo il punto. Il punto è che non si può aver paura di quelle penne nere che reagendo a Caporetto ci restituirono l’Italia. Non si può avere paura della chiamata a servire il Paese di un Generale, quando in altri ambiti e in altre occasioni, proprio in ambito militare sono sorti veri e propri servitori dello Stato, basti citare il Generale Carlo Albero dalla Chiesa. Che dire della divisa di Salvo D’Acquisto. Per non parlare delle tante divise che hanno spalato fango a Firenze e rimosso macerie in ogni angolo d’Italia nei più diversi momenti storici lottando con i disastri delle calamità naturali? Possibile che la mischia politica dimentichi “queste divise” e scateni un polemica inutile e pretestuosa nei confronti di chi serve e tenta di servire al meglio il nostro Paese? Possibile che si esprimano giudizi nei confronti dell’operato di una persona basati sull’abito che indossa? Possibile tutto questo nel 2021? Io non so se Figliuolo farà bene o male. Da italiano mi auguro che faccia benissimo e soprattutto lo faccia prestissimo. La storia emetterà il proprio giudizio. Ma in tanti casi tale giudizio è stato già emesso, un giudizio che ha contributo a costruire il nostro Paese, la nostra libertà, insomma quello che siamo oggi. Nessuna paura dunque davanti ad una divisa, ma la riconoscenza di chi si mette al servizio del Paese in sfide che vanno ben aldilà del prestigio personale ma che coinvolgono il futuro di un intero Paese. Che poi infondo tutti noi aspettiamo qualcuno, che abbia la divisa o meno poco importa, che dica al più presto alla nostra cara Italia “tutto apposto, riparta pure”, e scommetto che sarà un ripartire tutti insieme che non dimenticheremo mai.
Giacomo Moretti
Nato ad Arezzo – Dopo aver assolto agli obblighi di leva comincia subito a lavorare, dalla raccolta stagionale del tabacco passa ad esperienze lavorative alla Buitoni e all’UnoaErre. Si iscrive “tardivamente” all’età di 21 anni alla Facoltà di Giurisprudenza di Urbino dove conseguirà la laurea in corso. Successivamente conseguirà il Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali. Assolta la pratica forense, nel 2012 si abilita all’esercizio della professione forense superando l’esame di stato presso la Corte d’Appello di Firenze. Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Arezzo esercita la professione forense fino al dicembre 2016. Attualmente si è sospeso volontariamente dall’esercizio della professione di avvocato per accettazione di incarico presso un ente pubblico a seguito della vincita di un concorso. Molto legato al proprio territorio, Consigliere comunale ad Anghiari per due consiliature consecutive. Pur di non lasciare la “sua” Anghiari vive attualmente da pendolare. Attento alla politica ed all’attualità locale e non solo, con il difetto di “dire”, scrivere, sempre quello che pensa. Nel tempo libero, poco, ama camminare e passeggiare per la Valtiberina e fotografarne i paesaggi unici.
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