Opinionisti Claudio Cherubini

La miseria di cent’anni fa

Ovunque le persone vivevano gravi difficoltà e non solo per la carenza dei prodotti alimentari

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Cento anni fa era da poco finita la prima guerra mondiale e anche in Valtiberina l’inflazione stava facendo volare i prezzi. In dieci, anni dal 1914 al 1924, sul mercato di Sansepolcro: il prezzo del grano era salito da 28 a 92 lire a quintale, il prezzo dell’olio era passato da 1,8 a un prezzo tra le 7 e le 8 lire e mezza al kilo, il prezzo della carne bovina era cresciuto da 1,8 lire a 10 o 15 lire al kilo a seconda del taglio, il prezzo della carne ovina da 1 lira e mezza era aumentato fino a 10 lire al kilo, secondo quanto comunicava il sindaco ai suoi colleghi dei comuni vicini nel tentativo di calmierare insieme i prezzi e cercare così di aiutare in qualche modo la sopravvivenza dei propri cittadini.

La fine della guerra non aveva comportato alcun cambiamento nella vita di tutti i giorni e i generi alimentari che scarseggiavano negli anni della guerra continuarono a mancare anche negli anni successivi. La produzione agricola dall’inizio della guerra era in calo, penalizzata sia dalla chiamata dei contadini sotto le armi sia dalle maggiori risorse umane, e soprattutto finanziarie, destinate non più all’agricoltura ma all’industria per la produzione di armamenti: dal 1913 al 1920 la quantità del grano si era ridotta del 27%, quella delle barbabietole da zucchero si era quasi dimezzata e anche per tutti gli altri prodotti la disponibilità era diminuita.

Una circolare del regio commissario di Sansepolcro del 31 marzo 1919, indirizzata a "tutti i venditori di zucchero al minuto" invitò "ad eseguire la vendita in modo equo", ribadendo che era proibito "vendere lo zucchero a grosse quantità specie a persone non appartenenti al Comune". Per curiosità ecco i nomi dei trenta esercenti a cui era indirizzata la circolare: Dell'Omarino Ottavio, ditta Pacchi, Vierucci Virgilio, Filiberti Alfredo, Boncompagni Tommaso, Magazzino Società Operaia, ditta Besi, Fiordelli Annunziata, Benci Isola, Duranti Dante, Mercati Marina, Gabrielli Arcangelo, Brugoni Francesco, Marinelli Domenico, Polcri Enrica, Canosci Attilio, Resi Luigi, Moretti Donato, Chieli Francesco, Marinelli Gerasmo, Celestini Lucrezia, Acquisti Paolo, Cirignoni Maddalena, Ghirga Giuseppe, Farinelli Cesare, Falasconi Evelina, Olivieri Paolo, Guerrini Pietro, Bernardini Ada, Zanchi Giovanni. Qualche nome risulterà ancora familiare ai lettori più anziani, mentre i giovani potranno ricondurre soltanto il Marinelli a quello che ancora oggi è il Caffè Gerasmo. Tuttavia nel 1920 a Sansepolcro mancò lo zucchero! A patirne anche i piccoli laboratori artigiani, come ad esempio le tre pasticcerie, i gelatai e i fabbricanti di liquori, anche se il loro fabbisogno era minimo.

Un'altra circolare intimò ai negozianti di Sansepolcro di "rispettare scrupolosamente le disposizioni relative al tesseramento della pasta alimentare" minacciandoli che l'errato conteggio dei tagliandi ritirati li avrebbe prima privati della pasta e poi avrebbe loro procurato una denuncia all'Autorità Giudiziaria.

Nei giorni prestabiliti per la vendita le quattro macellerie di Sansepolcro incaricate della vendita di carni bovine, venivano regolarmente prese d'assalto: erano quelle di Celso Tricca, di Achille Giorni, di Giacomo Bebi e dei fratelli Betti. Inoltre vi erano altre 3 macellerie "per la vendita delle carni Ovine, Suine e Pollame" di Giovanni Betti, Teresa Lucherini e Ugo Ciotti. Nel 1921 furono rilasciate altre due licenze per la vendita di carni macellate: una a Francesco Boni e un'altra a Ferdinando Donati Sarti. Anche qui troviamo qualche nome che ancora oggi prosegue la tradizione di famiglia. Per le carni suine, alla fine del 1920, il comune di Sansepolcro requisì tutti i maiali del comune e chiese la requisizione per altri 350 suini nei comuni limitrofi. Ad Anghiari invece i maiali erano già stati requisiti nel 1918 dal sindaco Telesforo Brizzi che per questo fu accusato di speculazione, ma si giustificò dicendo che "bisognava provvedere per il necessario per la povera gente.

Anche l’olio era introvabile. Nel 1919 a Sansepolcro mancò l'olio d'oliva e fu rimediato permettendo alla ditta Buitoni di vendere i 300 kg che aveva in deposito presso il proprio magazzino al prezzo di 6 lire al kg e in quantità massima di un kilo per ogni famiglia, dietro presentazione della tessera della pasta (perché lo Stato stava continuando la politica annonaria perseguita durante la guerra). Ovviamente qualche settimana dopo il problema si ripresentò per "questo importante prodotto del quale non havvi qui produzione", come scrisse il regio commissario al prefetto. E il problema non era di facile soluzione perché invece dell'olio fu proposto del burro, ma a Sansepolcro quest'ultimo c’era perché arrivava regolarmente ogni settimana dal Commissario Governativo di Milano. Tuttavia in cucina oggi come allora non copriva lo stesso ruolo e le abitudini e i gusti alimentari erano troppo diversi tra questa cittadina toscana e la città lombarda; ad aprile il regio commissario era ancora alle prese con il difficile approvvigionamento dell'olio per la popolazione e il problema si ripresentò anche l'anno successivo. Anche a Caprese Michelangelo nel 1920 mancò l'olio, ma la causa non fu dovuta al fatto che la ditta Pacchi di Sansepolcro, dove il comune si doveva rifornire, ne fosse sprovvista bensì che non era pervenuta dal Consorzio provinciale di Approvvigionamento la necessaria autorizzazione; in quell'occasione nella sua protesta il sindaco di Caprese Michelangelo, oltre denunciare che aveva già inviato il barrocciaio due volte a Sansepolcro per ritirare neanche la metà dell'olio assegnato al comune, rilevò che niente sapeva della richiesta che aveva inoltrato per ottenere circa un kilo di baccalà e 25 kili di caffè.

Ovunque le persone vivevano gravi difficoltà e non solo per la carenza dei prodotti alimentari. Ad esempio ad Anghiari nel 1919, il consigliere comunale Nannicini denunciò che le popolazioni delle campagne dovevano "perdere giornate intere per un po' di petrolio" che si poteva acquistare solo nelle botteghe del centro. Sono anni in cui ancora l’energia elettrica dava luce soltanto a pochissime case signorili e della borghesia e i cavi elettrici non andavano oltre il capoluogo. In campagna all’imbrunire tutte le case sprofondavano nel buio, rischiarate un po’ dal lume a petrolio. La carenza di combustibili creava difficoltà anche alle piccole officine e alle aziende di trasporti: per esempio la ditta R. Cesari & C. di Sansepolcro (quella che nel 1922 diventerà la Tomei & Baschetti), che garantiva il collegamento automobilistico tra Pieve S. Stefano e Sansepolcro, nel febbraio del 1920 rischiò di sospendere il servizio per mancanza di benzina e ancora nel mese successivo non riusciva ad avere la benzina “pel mese in corso, e da tempo pagata”.

Tuttavia per la maggior parte della gente il problema era la sopravvivenza e non mancarono aiuti di carità cristiana. A Pieve S. Stefano un contributo notevole in questo periodo difficile arrivò agli istituti di beneficenza con l'eredità del sacerdote don Paolo Ortolani: in particolare grazie alle 17245 lire finalizzate all'istituzione "Cucine Economiche", fu possibile "distribuire a modicissimo prezzo delle buone ed abbondanti razioni di minestra, carne ed altro surrogato alimentare". Anche a Sansepolcro, nel periodo in cui "maggiormente urgevano le necessità", dal 1917 al 1923, il vescovo Mons. Pompeo Ghezzi non fece "mancare gli aiuti agli Istituti cittadini di carità", donando 242500 lire "suddivise proporzionalmente fra l'Orfanotrofio Femminile, l'Orfanotrofio Maschile, l'Ospedale, il Brefotrofio, la Confraternita della Misericordia, i bambini poveri e le Chiese di Città" e ricevendo un pubblico ringraziamento dell'amministrazione comunale.

Redazione
© Riproduzione riservata
27/01/2020 09:51:03

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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