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La fine dell'artigianato in Italia

Un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita

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Come ex dirigente nazionale di Confartigianato, mi piange il cuore vedere la crisi che sta attanagliando il comparto dell’artigianato in Italia, per molti anni “spina dorsale” della nostra economia. Alcuni giorni fa, parlando con alcuni funzionare romani, mi facevano presente che dal 2012, hanno chiuso “bottega” quasi 325mila aziende artigiane, con i giovani sempre più lontani dall’intraprendere un lavoro legato a questo comparto. Tutto questo porterà a perdere creatività, tradizioni e quella voglia del bello che ci ha fatto conoscere nel mondo. Del resto basta fare in giro nelle varie paesi per rendersi conto che ormai sono ridotte al lumicino le botteghe artigiane che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri, etc. Attività, nella stragrande maggioranza dei casi a conduzione familiare, che hanno contraddistinto la storia delle nostre città, diventando dei punti di riferimento che davano una identità ai luoghi in cui operavano. Quello che sta accadendo è un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi, ma anche da luoghi dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio.  Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Questa situazione è stata provocata in particolar modo da un insufficiente ricambio generazionale, dalla concorrenza esercitata dalla grande distribuzione, dal commercio elettronico, dal boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali/locali che hanno spinto molti artigiani a gettare la spugna. I consumatori, inoltre, hanno cambiato il modo di fare gli acquisti, sposando la cultura dell’usa e getta, preferendo il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio. La calzatura, il vestito o il mobile fatte su misura sono ormai un vecchio ricordo; il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo on line o preso dallo scaffale di un grande magazzino. Povera Italia!!!

Domenico Gambacci
© Riproduzione riservata
03/09/2023 09:16:36

Punti di Vista

Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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