Fascismo di ritorno
Da Stazzema una proposta di legge contro la propaganda nazifascista
Fino al 31 marzo ogni cittadino può firmare presso il proprio comune di residenza la proposta di legge “Norme contro la propaganda e diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti”.
L’iniziativa è partita dal comune di Stazzema che il 12 agosto 1944 fu teatro di un feroce eccidio in cui vennero uccisi 560 civili, per la maggior parte donne e anziani e 130 bambini. Dal 1982 a Stazzema c’è un museo che racconta questa tragedia che la Corte di Cassazione nel 2006 definì un “atto terroristico premeditato”. Questo è forse il crimine di guerra più efferato, ma anche uno dei tanti commessi in territorio italiano durante l’occupazione nazifascista e ritrovati nel cosiddetto “armadio della vergogna” a metà degli anni novanta del secolo scorso (si veda il libro di Franco Giustolisi, “L’armadio della vergogna”, casa editrice Nutrimenti, Roma 2004, in cui si accenna, a pagina 64, pure all’“eccidio di 39 privati commesso in Sansepolcro (Arezzo) nell’agosto 1944”).
Ormai da qualche anno anche in Italia si sta parlando di ritorno del fascismo. L’allarme è più che giustificato perché un secolo fa quando gli italiani si sono accorti dei rischi del Partito Nazionale Fascista al potere era ormai troppo tardi. Il fascismo era diventato un atteggiamento, un modo di vivere e di pensare. Oggi le formazioni di estrema destra che si ispirano al Partito Nazionale Fascista di Mussolini e al Partito Nazionalsocialista Tedesco di Hitler hanno conquistato una legittimazione politica che coinvolge molti giovani e cittadini insospettabili. Per di più nell’ondata sovranista si possono intravedere elementi di continuità con il fascismo come ad esempio il razzismo. Ovviamente si possono trovare esempi di xenofobia anche in paesi che non hanno avuto il fascismo, ma da noi episodi come quello accaduto alla scuola di Fighille, e riportato a pagina 5 del mensile “l’altrapagina” adesso (febbraio 2021) in edicola, sono emblematici: si sono mossi i vertici della Lega umbra per protestare perché una maestra ha fatto leggere ad una mamma un testo in arabo in classe nell’ambito del progetto didattico “Leggendo superiamo le barriere”.
La stessa propaganda ai valori del patriottismo, se portata all’esasperazione e non abbinata con insistenza ai valori costituzionali può degenerare in uno stato totalitario. Perché la patria non è da confondere con il nazionalismo che è stato la causa di molte tragedie nella storia contemporanea. La patria è un mondo morale di uomini liberi, per dirlo parafrasando Giuseppe Mazzini, e il patriottismo conduce al rispetto delle patrie degli altri. Il nazionalismo “esalta l’omogeneità culturale o etnica: non insegna il rispetto per la persona umana, ma giustifica il disprezzo per chi non appartiene alla nostra nazione”, come già scriveva Benedetto Croce (si veda il libro di Maurizio Viroli, “Nazionalisti e Patrioti”, Laterza 2019).
La proposta di legge Stazzema è molto semplice e si compone di due articoli con l’obiettivo di far fronte alle inefficaci normative già esistenti.
Il primo vuole implementare il codice penale e propone la pena della reclusione da sei mesi a due anni, salvo che il fatto non costituisca un reato più grave, a “chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità”. La proposta prevede anche l’aumento della pena “se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici”. Inoltre viene richiesto di prevedere una pena minima di sei mesi di reclusione per “chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista” modificando la lieve pena prevista dalla legge 20 giugno 1952 n. 645 all’articolo 5.
Anche il secondo articolo della proposta di legge intende incrementare le pene con riferimento al disposizione di legge del 1993 sulla discriminazione razziale, etnica e religiosa proponendo di raddoppiare la pena per coloro che nelle pubbliche riunioni espongano “emblemi o simboli riconducibili al partito fascista o al partito nazionalsocialista tedesco”, arrivando così a pene che prevedano la reclusione fino a sei anni.
La ripresa di idee nazifasciste, razziste, antidemocratiche chiama chiunque a un impegno più forte e anche una firma può essere utile.
Claudio Cherubini
Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
Commenta per primo.