Il consiglio comunale di Bibbiena si lava le mani su Gaza

Lista di Comunità: Una pace "inoffensiva" che tradisce la dignità istituzionale
Il Consiglio Comunale di Bibbiena ha deliberatamente rinunciato a dare sostanza al proprio "sostegno alla pace". Ieri sera, la mozione presentata dalla Lista di Comunità per un impegno concreto a favore del cessate il fuoco a Gaza e del riconoscimento simbolico dello Stato di Palestina è stata votata dalla sola maggioranza, ma in una versione completamente svuotata di ogni significato. La minoranza si è rifiutata di accettare emendamenti che hanno rimosso ogni richiesta specifica: dal riconoscimento simbolico dello Stato di Palestina all'invio di una comunicazione formale al Governo italiano, fino alla semplice esposizione temporanea della bandiera palestinese sul Palazzo Comunale.
"Dopo un mese di silenzio e un rinvio pretestuoso della discussione, ci aspettavamo una presa di posizione seria dalla maggioranza, non tentativi di svilire la nostra mozione con emendamenti al ribasso," dichiara la capogruppo Silvia Rossi. "Di tutta la mozione, è rimasto solo il punto più 'morbido' e innocuo, ovvero: “Esprimere formalmente la condanna verso tutte le forme di violenza che hanno colpito la popolazione civile, in particolare nella Striscia di Gaza, e a sollecitare un immediato cessate il fuoco, la tutela dei civili e il rispetto del diritto umanitario”
Affermare l'ovvio senza compiere atti concreti non è politica, è un esercizio sterile di buone intenzioni senza conseguenze. Questo voto riduce il ruolo del Consiglio a una vetrina di belle parole, ignorando il dramma specifico di Gaza, che non è una 'guerra' come le altre, ma un genocidio programmato, come denunciato da organizzazioni internazionali e dal Procuratore della Corte Penale Internazionale. Mettere tutto nello stesso calderone è un populismo inaccettabile che offende le vittime."
La discussione è stata accesa e, a tratti, surreale. La maggioranza ha insistito nel sostenere che "non è competenza di un Comune riconoscere uno Stato", negando non solo il valore del gesto simbolico, ma anche il dovere delle istituzioni locali di esercitare pressione sul Governo centrale su temi che interpellano la coscienza e la dignità umana. "Siamo stati accusati di 'strumentalizzazione politica di un'istanza populista'," prosegue Rossi. "Ma la vera strumentalizzazione è quella di chi riduce il dibattito a questioni di mera competenza, rinunciando a esprimersi su tutto ciò che va oltre i confini comunali, tranne ovviamente quando c'è un ritorno politico favorevole. Come se la neutralità fosse una forma di responsabilità, e non invece una forma di codardia politica."
La polemica si inasprisce di fronte all'atteggiamento del Sindaco, che fino a pochi giorni fa ha evitato accuratamente ogni presa di posizione su Gaza nei canali istituzionali e, soprattutto, in Consiglio. "È sconcertante e offensivo che il Sindaco, a poche ore da un voto così delicato, si sia 'scoperto' improvvisamente sensibile al tema di Gaza sui suoi canali social," tuona Rossi. "Un tempismo sospetto, quasi un 'mettere le mani avanti' per non erodere consensi, con post autoreferenziali che mostrano foto personali di viaggi o incontri, anziché un serio impegno politico. La politica però non si fa sui social! Non si fa mostrando foto di vacanze o incontri privati spacciandoli per impegno civico, soprattutto quando si parla di decine di migliaia di morti e di crimini contro l'umanità. La politica si fa nelle istituzioni, dove si assumono posizioni chiare e si prendono decisioni che hanno un impatto reale sulla comunità e sui valori che vogliamo rappresentare. Usare i social come vetrina per un vano tentativo di non 'scontentare' nessuno, al posto dei luoghi dove la politica si fa davvero, è una mossa trasparente di pura demagogia e discredita il ruolo stesso del Consiglio Comunale."
"Ma del resto siamo stati “accusati” di voler 'fare politica'. Ebbene sì: è esattamente ciò che siamo chiamati a fare!" ribadisce con forza Silvia Rossi. "Il Consiglio Comunale è il luogo della politica, dove si prendono posizione, si esercita una voce collettiva e si dà significato pubblico alle scelte. Chi pensa che la politica sia solo amministrazione tecnica, o peggio ancora una vetrina per guadagnare consensi con dichiarazioni innocue, probabilmente ha smarrito il senso del proprio mandato."
È poi francamente paradossale invocare il principio dell'autodeterminazione dei popoli, come alcuni consiglieri hanno fatto in Aula, mentre si nega allo stesso tempo il riconoscimento dello Stato palestinese. "Le due cose sono logicamente e storicamente incompatibili," sottolinea la capogruppo. "Senza uno Stato, senza istituzioni, senza riconoscimento, il diritto all'autodeterminazione resta solo una formula vuota. Gli ultimi genocidi della nostra epoca – dagli Yazidi ai Curdi – ci dimostrano cosa accade quando i popoli vengono lasciati soli a invocare diritti che nessuna istituzione riconosce loro. Gaza, oggi, è il simbolo drammatico di questa contraddizione: un popolo bombardato, isolato e abbandonato alla violenza, mentre le istituzioni si trincerano dietro il rifiuto della responsabilità politica."
Registriamo, invece, con rispetto e attenzione l'astensione del Presidente del Consiglio Comunale. "Un gesto che, pur nella sua discrezione, leggiamo come un timido ma apprezzabile segnale di dissenso rispetto alla posizione espressa dalla sua maggioranza," conclude Rossi. "E in questo senso, lo consideriamo un atto di dignità istituzionale."
Per quanto ci riguarda, ribadiamo con forza che un generico "sostegno alla pace", non accompagnato da atti concreti – anche solo simbolici – è solo un modo per far bella figura con poco. È con i fatti, e non con le frasi fatte, che si dimostrano le intenzioni. Se rinunciamo a ogni presa di posizione, rinunciamo anche al significato dell'agire politico. Il nostro invito al Sindaco e alla Giunta resta quello di assumersi fino in fondo la responsabilità di compiere scelte, anche difficili, anche scomode. Il silenzio e la neutralità non costruiscono la pace. Sono solo il lusso di chi può permettersi di non scegliere.
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