Opinionisti Paolo Tagliaferri

L’orgoglio di una passione

In questo momento due società della provincia si trovano in difficoltà: l'Arezzo e il Sansepolcro

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Scrivere di calcio per uno come me che non lo segue ormai da decenni, è quanto di più innaturale possa capitare. Non solo non lo seguo, ma in tanti anni di distanza ho perso qualsiasi contatto o conoscenza di un mondo che nel frattempo ha avuto enormi trasformazioni e che mi appare ormai incomprensibile. Sembrerebbe che tutto si sia complicato a dispetto di una passione sportiva che resta, nonostante tutto, intatta fra i tifosi e gli appassionati e che fa di questo sport una delle grandi passioni nazionali. Le squadre più blasonate della massima serie vivono in un mondo dorato invalicabile, fra ingaggi faraonici e spese generali che sembrano non avere mai fine. Dalla loro hanno i cospicui proventi dei diritti televisivi, i grandi sponsor e i finanziatori disposti a spendere fortune. Ma nelle serie minori tutto è più precario ed instabile e i rischi finanziari ed economici sono sempre aimè dietro l’angolo. L’impegno sportivo, l’agonismo e la passione per i propri colori, si trovano sempre più spesso a dover fare i conti con bilanci societari sofferenti e con il rischio reale di vedere vanificare i risultati ottenuti sul campo. In queste settimane abbiamo almeno due società della nostra provincia, l’Arezzo e il Sansepolcro, che si trovano in difficoltà e che hanno la necessità di trovare nuove risorse per dare un futuro alle proprie squadre, il tutto complicato da una stagione profondamente penalizzata dall’emergenza sanitaria legata al Covid-19.

Ho avuto il piacere in questi giorni di fare quattro chiacchiere con Stefano Farsetti, presidente di Orgoglio Amaranto. Per non fare brutte figure, prima del nostro incontro, mi sono andato a leggere la presentazione nel sito web di questo Comitato di tifosi. Devo ammettere di essere rimasto colpito da quanto riassunto brevemente in poche righe che, con parole semplici e concrete, ripercorrono la loro storia ormai decennale e le loro aspettative passate e presenti, che si manifestano nella volontà di creare un movimento di appassionati. Una spinta dal basso per fare riscoprire la sana passione per i colori della propria terra, restituendo all’avvenimento sportivo quello spirito di aggregazione in cui tutti si sentano coinvolti e partecipi e, perché no, in cui si sentano liberi di poter anche contribuire direttamente per il suo sviluppo. Un comitato che a quanto pare conta circa 700 soci e che anche in questi giorni, come mi ha confermato il presidente Farsetti, stanno dando una risposta straordinaria all’invito di procedere celermente al rinnovo del tesseramento. Un profilo Facebook che conta al momento oltre 2200 contatti e in cui vi sono ricordati eventi e manifestazioni che, anche in questi ultimi terribili mesi in cui la vita di tutti noi è stata stravolta dal coronavirus, non hanno mancato di dare un segnale di vicinanza alla città di Arezzo. In particolare Farsetti è felice di ricordare che il Comitato di Orgoglio Amaranto è riuscito lo scorso marzo e in circa 10 giorni, a raccogliere una somma importante pari a 6.500 euro, frutto della generosità di molti concittadini e che sono stati prontamente destinati ai reparti di terapia intensiva e di malattie infettive dell’ospedale cittadino San Donato. Un impegno per la propria squadra che sembra abbandonare la semplice logica di esclusivo impegno sportivo, ma che desidera invece concretizzarsi anche in iniziative di carattere sociale e beneficio di tutta la città. Erano in programma, ricorda Farsetti, tanti altri eventi in quest’anno in cui si celebra il decennale del Comitato che, è bene ricordare, detiene fra l’altro l’1% delle quote societarie della S.S. Arezzo. Eventi annullati o semplicemente rimandati, così come tutto è stato rivoluzionato dalla emergenza Coronavirus.

Nel corso della nostra chiacchierata, il presidente Farsetti, ha avuto la gentilezza di rispondermi anche ad una domanda banale, forse addirittura sciocca, ma che mi ronzava in testa da qualche giorno. Il motivo cioè che lo spinge a dedicare così tanto impegno a questa sua passione sportiva e che lo costringe inevitabilmente a mettersi pubblicamente in gioco. Addirittura fare il presidente di un comitato di tifosi! Niente di più insidioso, considerata la proverbiale tendenza delle tifoserie calcistiche ad essere generalmente implacabili ed intransigenti nei giudizi tecnici e di merito, e di certo per nulla restii ad avanzare anche critiche talvolta energiche. Sinceramente avrei voluto chiederlo, a suo tempo, anche al suo predecessore Duccio Borselli, mia vecchia amicizia dei tempi di gioventù, ma non ne ho mai avuto occasione.

Il presidente Farsetti non ha battuto ciglio e non ha esitato a ribadire quella che per lui è sempre stato qualcosa di più di una semplice passione sportiva. L’entusiasmo per la squadra della sua città che lo accompagna da sempre, fin da quando era bambino, fra gioie e delusioni, fra soddisfazioni e rammarichi. Ricordiamo insieme gli anni d’oro nella serie cadetta dei primi anni ottanta e del periodo, se pur breve, della previdenza di suo padre Alberto. Una adolescenza trascorsa costantemente a contatto con i suoi idoli, Neri, Mangoni e Zandonà. Una passione che, a quanto pare, resta tutt’ora assolutamente intatta. Gli chiedo, nel finire della nostra piacevole chiacchierata, se si ricorda di una partita forse sportivamente irrilevante, ma a cui ebbi il piacere io stesso di assistervi dalla tribuna, quasi un secolo fa. L’Arezzo che, all’inizio degli anni ottanta, affrontava in amichevole la squadra nazionale sovietica. Anche quel giorno Stefano Farsetti non mancò certo all’appuntamento anzi, rammenta che ebbe il privilegio di assistervi da bordo campo. Ricorda bene quella giornata, in particolare dell’inusuale abbigliamento di buona parte dello staff tecnico della squadra sovietica, tutti impeccabilmente in divisa militare. Io ricordo invece il dopo partita, quando mi ritrovai improvvisamente di fronte ad una montagna d’uomo mentre, impacciato e pauroso, tentavo di allungargli un foglietto di carta per farmi firmare il suo autografo. Fu il mio incontro con Lev Ivanovič Jašin, pallone d’oro 1963, l’unico ad avere visto il premio nel ruolo di portiere e da molti considerato fra i più grandi giocatori di tutti i tempi.

Avremmo, potremmo continuare a parlare con il presidente Farsetti per ore ma poi avrei ancor più faticato a mantenere questo pezzo entro limiti decenti di lunghezza.

In un momento storico così inusuale e complesso a causa del Coronavirus, non resta che augurare il meglio alla nostra città, un salutare e immediato rilancio economico, politico e anche sportivo. In fondo non conta molto dove si indirizzano le nostre passioni, l’importante è metterci costantemente determinazione ed orgoglio.

Redazione
© Riproduzione riservata
15/07/2020 10:17:08

Paolo Tagliaferri

Libero professionista – già dipendente del Centro ricerca e sviluppo della Pirelli Spa con esperienza presso il complesso metallurgico BMZ nella ex Unione Sovietica, da oltre venticinque anni consulente direzionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, normativa ambientale e antincendio. Docente formatore in corsi professionali. Auditor di sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro per l’ente internazionale DNV. Scrittore autodidatta e per diletto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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