Opinionisti Buttarini Massimo

Strade insanguinate...

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Pochi giorni fa una donna in perfette condizioni di salute è stata travolta di fronte al Palazzetto dello Sport di Città di Castello mentre attraversava le strisce pedonali. Erano le 17:30 pomeridiane. Poco tempo dopo morirà in ospedale a seguito delle lesioni gravi riportate nell'incidente. Omicidio stradale colposo.

L'omicida dichiara di non averla vista.

Questa mattina una ragazzina che sicuramente stava andando a scuola è stata travolta da un'auto nei pressi del passaggio a livello della ferrovia di Città di Castello. Un testimone che si trovava a transitare nella stessa direzione ha dichiarato, sotto shock, di aver visto qualcosa volare in aria, solo in un secondo momento si è reso conto di che cosa si trattava. A quanto riferisce, fortunatamente, lo zainetto dovrebbe aver attutito l'impatto della testa sul manto stradale ma in pratica è stata falciata.

Di esempi come questi ne potremmo fare a migliaia. La signora di Città di Castello era uscita per fare una passeggiata. E non è più tornata. Per rischiare la vita non è necessario camminare per le strade di Kabul. In ogni luogo, la morte può assumere le sembianze di un autoveicolo che segnerà il tuo destino.

La signora lascia due figli e altrettanti nipoti. E il dolore in questi casi è indicibile. L'elaborazione del lutto altrettanto difficile. Ma non solo. L'omicidio stradale segna l'esistenza anche di colui/colei che si rendono responsabili della morte di un altro essere umano. Un peso insopportabile da reggere a meno che l'autore non sia un criminale patentato e purtroppo tra di noi esistono anche questi soggetti.

A quanto riferisce l'Istat, nel 2015 si sono verificati in Italia 174.539 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno provocato 3428 vittime (morti entro il 30° giorno) e 246.920 feriti. Per la prima volta dal 2001, continua il rapporto dell'Istat, aumentano le vittime della strada (+ 1,4% sull'anno precedente), mentre rallenta, ma non si ferma, il calo di incidenti (- 1,4% su anno) e feriti (- 1,7%).

Il 2015, precisa l'Istat, è segnato da un aumento delle vittime di incidenti stradali anche nella Ue28 (1,6% in più del 2014): complessivamente sono state 26.311 contro 25.896 del 2014. Nel confronto fra il 2015 e il 2010 (anno di benchmark della strategia europea per la sicurezza stradale) i decessi si sono ridotti del 16,7% a livello europeo, come in Italia. Ogni milione di abitanti si contano 52 morti per incidente stradale nella Ue28 e 56 nel nostro paese, che si colloca al 14° della graduatoria europea, dietro Regno Unito, Spagna, Germania e Francia.

Anche i feriti gravi, continua l'Istat, risultano in aumento nel 2015: sulla base dei dati di dimissione ospedaliera, sono stati quasi 16mila contro i 15mila del 2014 (+6,4%).

A pesare sul dato italiano, specifica l'Istat, hanno contribuito gli aumenti della mortalità registrati su autostrade e raccordi (+6,3%) e strade extraurbane (+2,0%), in lieve diminuzione, invece, la mortalità su strade urbane (-0,2%). Fanno eccezione i grandi Comuni, per i quali, nel complesso, il numero di morti nell'abitato aumenta dell'8,6%.

L'aumento delle vittime di incidenti stradali registrato nel 2015, chiarisce l'Istat, ha riguardato in particolar modo i motociclisti (773, +9,8%) e i pedoni (602, +4,1%). Risultano in calo gli automobilisti deceduti (1468, - 1,5%) così come i ciclomotoristi (105, - 6,3%) e i8 ciclisti (251, -8,1%).

Tra i comportamenti errati più frequenti, riporta il rapporto dell'Istat, sono da segnalare la guida distratta, la velocità troppo elevata e il mancato rispetto della distanza di sicurezza (nel complesso il 38,9% dei casi). Le violazioni del Codice della Strada più sanzionate risultano, infatti, l'eccesso di velocità, il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l'uso di telefono cellulare alla guida.

Il 2015, conclude l'Istat, si presenta come un anno di ripresa della mobilità, le prime iscrizioni di autovetture aumentano del 15,0% rispetto all'anno precedente. Anche le percorrenze autostradali crescono del 3,6% rispetto al 2014, con oltre 79 miliardi di Km percorsi.

Alla luce di questi dati allarmanti iniziamo ad esplorare alcuni aspetti del problema e cerchiamo di trarne delle conclusioni provando anche a fare delle proposte concrete per stimolare sia l'opinione pubblica che le autorità competenti.

Innanzitutto, dai dati a disposizione sembrerebbe che la nuova legge sull'Omicidio Stradale non abbia dato gli esisti sperati. Aumentano tra l'altro anche le omissioni di soccorso, chiaramente, oltre al numero di morti e feriti.

Quella sull'omicidio stradale, ahimè, è una legge che ha puntato sull'inasprimento delle pena e sulla repressione, accogliendo emotivamente, la rabbia dei familiari e dei cittadini esasperati, ma che ha fallito la sua mission.

Bisognerà probabilmente lavorare molto di più sulla prevenzione e su strategie di controllo del territorio più efficaci per bloccare e rendere inoffensivi quegli automobilisti che potrebbero rappresentare una minaccia seria per l'incolumità dei cittadini.

Come scrive Tommaso Canetta ne Linkiesta "Le leggi di diritto penale che nascono sull'onda emotiva generata da casi di cronaca sono sempre delle pessime leggi."

Non solo, come la storia ci insegna e Canetta fa bene a ricordarcelo, molte di queste leggi, come quelle varate dal centro destra sullo stupro, poco dopo vennero considerate anticostituzionali.

Questo rischio, spiega Canetta, nel caso della legge sull'Omicidio Stradale, è dovuto al fatto che le pene appaiono sproporzionate rispetto alla gravità della condotta che, ricordiamolo, è colposa e non dolosa.

Inoltre, continua Canetta, un'altra questione macroscopica è quella relativa all'assunzione degli stupefacenti, le cui tracce, come nel caso dello spinello, permangono anche a distanza di molte ore quando, è provato scientificamente, i loro effetti sulla condotta sono praticamente assenti.

Quindi l'applicazione dell'aggravante, in questi casi sarebbe ingiustificata.

IL vero problema, e lo voglio sottolineare, è che guidare, per la maggior parte delle persone, rappresenta una delle condotte più abitudinarie in assoluto.

Una volta acquisita la necessaria pratica i movimenti legati alla guida dell'automobile sono praticamente autonomi, inconsci.

Il nostro livello di attenzione cala vertiginosamente: vediamo persone, a me è capitato più di una volta, che, mentre guidano, parlano al telefono e mangiano magari un panino.

Si verifica, cioè, un eccesso di sicurezza, come se, ad un certo punto, subentrasse una sorta di pilota automatico che, però, non riesce poi, in certe situazioni di emergenza, a entrare in contatto con il pilota cosciente.

Inoltre, da quando diventiamo patentati, la Scuola Guida si dimentica di noi.

Gli unici controlli sono le visite mediche per il rinnovo della patente che, almeno nella mia esperienza ma temo che non sia l'unica, sono praticamente delle formalità.

Come al solito c'è troppa leggerezza, superficialità, sembrerebbe che non si abbia la minima consapevolezza di quali responsabilità si assumano, per non parlare dei rischi per se stessi e per gli altri, quando ci si mette al volante della propria automobile.

Non ne hanno coscienza gli automobilisti e, cosa ancora più grave non ne hanno consapevolezza neanche le autorità che dovrebbero essere preposte al controllo sulla sicurezza e l'incolumità dei cittadini, questi diritti inalienabili.

Direi che sarebbe indispensabile organizzare degli incontri periodici obbligatori che siano finalizzate a stimolare questa sensibilità e consapevolezza.

Inoltre, è mia convinzione, dovrebbero essere rivisti questi due aspetti: l'età in cui si può accedere alla patente e dovrebbe essere formulata una legge che limiti l'età in cui sia possibile rinnovarla.

Nel primo caso, sappiamo ormai da studi scientificamente attendibili, che l'effettiva maturazione del cervello nei giovani non sia definitiva fino ai 20/21 anni all'incirca.

Questo significa che fino ad allora, i lobi temporali, preposti alla consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, non si siano definitivamente formati.

Per quanto riguarda gli anziani, che si ostinano a non appendere al chiodo la chiave della propria autovettura, in TantaSalute.it si apprende che uno studio scientifico sulla rivista Investigative Ophthalmology e Visual Science ha messo in luce che, guidare un'auto, non è per nulla un'azione che si possa compiere per tutta la vita e che anche per questa attività, come per tante altre, ci sia un inizio ed una fine che deve coincidere col venire meno di quell'idoneità che consenta di proseguire.

Per chi è dotato di una sufficiente sensibilità e di un altrettanto sufficiente senso di responsabilità, dovrebbe essere sufficiente un calo significato delle capacità visive, pensiamo soprattutto alle ore notturne o alla guida in determinate condizioni atmosferiche, o una significativa riduzione delle capacità e del funzionamento cognitivo per dire basta.

Oltre a questo, non bisogna dimenticare, che con l'aumentare dell'età aumenta anche la possibile esposizione a patologie, quali quelle cardiovascolari, che rendono l'anziano particolarmente vulnerabile e soggetto ad improvvisi cali di pressione e quant'altro.

Per cui, prima che sia un incidente a fermarlo, dovrebbe essere il soggetto in questione a farlo per evitare danni ancora più gravi a se stesso e soprattutto agli altri.

Personalmente sono poco ottimista e ritengo che se non verrà varata una legge questo problema non verrà superato e le persone continueranno a morire per l'irresponsabilità e la negligenza degli altri che non possiedono la consapevolezza e il senso dei propri limiti.

E' inutile intervenire quando le persone sono morte, o quanto meno, ritengo che sia soltanto un misero palliativo.

Noi dobbiamo creare le condizioni perché certe tragedie non avvengano più o, almeno, che le morti per incidenti stradali abbiano una drastica diminuzione.

Bisogna lavorare sull'Educazione Stradale, sulla formazione finalizzata alla prevenzione perché, come chi prende il porto d'armi, chi prende la patente si renda veramente conto che da quel momento in poi lui è in possesso di una potenziale arma letale che, in certe circostanze, potrebbe provocare la morte, propria o altrui e questo fin dalle scuole elementari. Un'altra utopia?

Redazione
© Riproduzione riservata
12/11/2016 17:25:07

Buttarini Massimo

Originario e residente a Città di Castello, si è laureato in Psicologia a indirizzo applicativo presso l’Università “La Sapienza” di Roma e svolge la professione di psicologo dal 1992. È esperto di psicologia investigativa e investigazioni difensive, consulente per studi legali, psicologo clinico e forense specializzato in psicoterapia. Ha una predilezione per il giornalismo d’indagine, finalizzato alla ricerca della verità, che lo ha portato a seguire alcuni fra i principali casi di cronaca del nostro Paese.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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