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Le allergie durano di più, colpa del clima: quest'anno saranno ancora più fastidiose

La riduzione delle giornate di gelo, impatta anche sulle allergie

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Una notizia che non farà contente le persone allergiche. Ma quest'anno riniti e febbre da fieno saranno ancora più fastidiose. Colpa della crisi climatica che, riducendo le giornate di gelo, impatta anche sulle allergie  allungando di oltre un mese e mezzo la 'stagione dei pollini' con pesanti conseguenze proprio tra chi soffre di allergie, in  particolare i bambini affetti da asma, 1 su 5 in Italia, e gli  anziani con problemi respiratori, il 17% degli over 65, tra i  quali si registra un rischio più alto di decessi dovuti  all’esposizione ai pollini. Si segnala infatti un aumento fino al 116% del rischio di decessi tra gli anziani con malattie  respiratorie croniche.

A segnalarlo gli esperti della Società italiana di  allergologia e immunologia clinica (Siaaic), al congresso 'Libero Respiro' in corso a Cetara, in occasione della 18/ma edizione  della Giornata nazionale del polline, promossa dalla Società  italiana di aerobiologia, medicina e ambiente (Siama), che si  celebra domani, 21 marzo.

In un mondo che si riscalda sempre di  più, infatti, la stagione delle allergie si allunga e si  intensifica, iniziando fino a 25 giorni prima in primavera e  prolungandosi di circa 20 giorni in autunno. Un aumento  complessivo dovuto a un maggior numero di giornate senza gelo nel 2023, anno in cui si sono registrati 10 giorni senza gelo in più  rispetto alla media del trentennio 1991-2020.

"Meno giorni con  temperature sottozero - afferma Vincenzo Patella, presidente  Siaaic - danno più tempo alle piante di crescere e rilasciare i  pollini. A causa del riscaldamento globale la stagione critica  per le allergie è dunque destinata a diventare sempre più lunga,  con il risultato che i sintomi sono peggiori e più duraturi per  gli oltre 10 milioni di italiani che ne soffrono, costretti a  protrarre le terapie".

Il cambiamento climatico rende inoltre la  stagione dei pollini più intensa a causa dell’inquinamento che  intrappola il calore, spiega Patella: "Livelli più elevati di CO2 nell’aria possono aumentare la produzione di pollini nelle  piante. A causa dei persistenti elevati tassi di inquinamento da  CO2, secondo una ricerca americana del 2022, alla fine del secolo l’aumento della produzione di pollini potrebbe arrivare fino al  200%". Dagli esperti Siaaic arriva dunque un decalogo per ridurre la quantità di pollini nelle città senza rinunciare al verde  pubblico: dalla scelta di piante che producono meno quantità di  polline, fino alla falciatura e alla gestione del verde pubblico  nelle ore notturne e nelle giornate poco ventilate.

Notizia e foto tratta da tiscali.it
© Riproduzione riservata
26/03/2025 11:18:23


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