L’ira di Meloni per il caso Sangiuliano. Si parla ormai di rimpasto
Dovrà essere cambiato Fitto, è sempre più a rischio Santanchè
Novanta minuti di liscia e bussa a palazzo Chigi mentre fuori, anche dal punto di vista meteo, si scatenava l’inferno d’acqua. Meloni e il ministro Sangiuliano si erano già sentiti due volte per telefono, venerdì della scorsa settimana quando il Rosaria gate stava prendendo forma e luned’ pomeriggio, prima che la premier facesse il suo rientro in tv ospite di Paolo Del Debbio su Rete 4 e, tra le altre cose, spiegasse che la situazione tra il ministro e la presunta consulente Maria Rosaria Boccia fosse “ormai del tutto chiara”. Peccato che mentre la premier era in tv, la consulente fosse al computer dove caricava altre “prove” di quanto fosse vicina ai dossier che contano del ministro, a cominciare dal G7. Cioè, la premier smentita in diretta tv da una presunta consulente? Ridicolo. Non è accettabile.
L’ira della premier
Meloni si è molto, molto arrabbiata, “Gennaro, che gioco stai facendo? Alla prossima balla sei fuori, non per la consulente ma perchè stai mentendo”. Il ministro che crede e vuole dare l’idea di essere persona che sa e controlla tutto, a cui probabilmente l’upgrading ministeriale ha dato un po’ alla testa, è visibilmente scosso da questo fuori programma che ormai lo tiene sulla graticola da quasi una settimana. Da qui il faccia a faccia di ieri pomeriggio dove Sangiuliano ha precisato soprattutto una cosa: “Non un euro di denaro pubblico è stato speso per questa signora, neppure un caffè”. E’ l’ultima linea del Piave per il ministro. E’ chiaro che se la bionda e pompeiana Maria Rosaria Boccia dovesse avere e pubblicare sui social prove diverse e contrarie rispetto alle rassicurazioni del ministro, il suo incarico salterà. Dire che Sangiuliano è sulla graticola, è dir poco. In ogni minuto può saltare fuori qualcosa sui social che la Boccia utilizza con sapienza e grande freddezza. Tutto dipende dalle cartucce che ha nel cassetto. Ma chi può saperlo? Chi è Maria Rosaria Boccia: una fredda e abile ricattatrice al cui abbraccio, metaforicamente ovvio, Sangiuliano non ha saputo dire no? O una giovane professionista convinta di aver maturato il diritto ad un contratto fuori busta, cioè senza concorso come tanti altri prima di lei e a cui poi è stato detto no? Del resto è notizia pubblica che a luglio il ministero aveva predisposto l’ingresso di 1482 nuovi assunti in vari ruoli del ministero. Magari Boccia era uno di quei 1482.
Troppo rumore. Il rischio che ad un certo punto qualche procura apra un fascicolo per peculato. E il G7 della Cultura pronto al via il 19 settembre. Questa storia si deve chiudere prima. Senza ombre. Altrimenti il ministro può iniziare a dire addio al suo ambito incarico.
Il rimpasto
Una fiducia molto condizionata, quindi. Che ci porta dritti al dossier rimasto di governo. Un dossier di cui la premier non vuol parlare “perchè mai ci sarà un rimpasto di governo” è sempre stata la sua rassicurazione. Ma adesso sono troppe le caselle che ballano. E tutte in quota Fratelli d’Italia. Che è un problema nel problema. Parliamo di Daniela Santanchè, ministro del Turismo su cui pendono ben due richieste di rinvio a giudizio e se dovesse andare a processo dovrà subito rinunciare all’incarico che già da mesi è messo in freezer nonostante il ruolo importante del turismo per l’economia nazionale e le tante urgenze del settore. Parliamo di Raffaele Fitto indicato come Commissario europeo che, se andrà tutto bene perchè sarà l’europarlamento a votarlo, lascerà deleghe molto pesanti con i fondi del Pnrr e la Coesione. Deleghe che potrebbe assumere a Bruxelles ma che certamente avranno bisogno di un nome nuovo a Roma. La Corte dei Conti europea ha parlato chiaro due giorni fa: l’Italia è in ritardo con la messa terra delle opere, solo il 52%, la data del 2026 è seriamente a rischio. Fitto potrà darci una mano da Bruxelles? La sua promozione è una fuga o una promozione? Tante incognite anche su questo dossier.
E ora ci si mette anche Genny, Gennaro Sangiuliano che molto ha contribuito negli anni alla costruzione mediatica del ruolo della premier e a cui Meloni deve sicuramente molto. Sangiuliano voleva diventare ministro ed è stato accontento. Ma la vicenda Boccia e tante altre piccole e grandi gaffe di questi due anni avrebbero esaurito il suo credito. “Ora concentrati sul G7” le avrebbe detto Meloni. Che poi si vede. Ai vertici del governo si registra il timore che nelle prossime settimane possano emergere nuovi elementi imbarazzanti.
I nomi del rimpasto
In ambienti dell’ esecutivo c’è anche chi parla di fiducia a tempo, prevedendo un passo indietro dopo il summit del 19-21 settembre a Napoli. E così oltre ad un commissariamento nei fatti del sottosegretario Fazzolari chiamato a vigilare sul ministro in bilico, sono già disponibili i nomi per la successione. Si parla di Alessandro Giuli, giornalista, da due anni Presidente del Maxxi a Roma. Ma anche di Lucia Borgonzoni, attuale sottosegretario alla Cultura, fedelissima di Salvini che è gradirebbe assai un potenziamento dei ruoli e un ministero cn portafoglio in più. Così come Forza Italia amerebbe un upgrading e da tempo ha messo gli occhi sul Turismo.
Calcoli e previsioni che girano con insistenza intorno al Palazzo. E che infastidiscono la premier che non vuole dover gestire le richieste degli alleati e non vuole scossoni soprattutto nei mesi complicati della legge di Bilancio. E’ chiaro che se dovessero cambiare tre ministri, servirebbe una nuova fiducia in Parlamento.
Le nomine Rai
Intanto c’è ancora da sbrogliare il nodo nomine Rai. Lo stallo ora è legato alla maggioranza: la Lega chiede una casella di vertice ma al momento sono solo due quelle disponibili e sono già assegnate a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Le opposizioni fanno la loro parte: chiedono un presidente di garanzia o non garantiscono i voti necessari a votare i membri del Cda in commissione di Vigilanza.
La premier starebbe gestendo in prima persona la trattativa con il Pd. Si parla di un vertice di maggioranza lunedì prossimo ma senza tutti gli incastri slitterà il voto di Camera e Senato sui membri del cda previsto il 12 settembre. Giampaolo Rossi continua invece a essere considerato blindato nella casella di amministratore delegato. La premier avrebbe preferito Gian Marco Chiocci attuale direttore del Tg1. Ed ecco, allora, il pensiero “stupendo” di promuovere Rossi ministro al posto di Sangiuliano e risolvere anche il nodo Rai.
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