Nell'antica Roma l'alcoltest era il “Diritto di bacio”
Nella lingua latina vi sono tre vocaboli per indicare il bacio: osculum, savium e basium
Nell’antica Roma esisteva lo “Ius osculi”, ovvero il “Diritto di bacio”. Un’usanza introdotta dal diritto romano secondo cui una donna baciava ogni giorno sulla bocca il marito, il padre e il fratello. Si potrebbe pensare a un gesto affettuoso, ma non era questa la motivazione. Bensì era una prassi che consentiva ai maschi di famiglia di “saggiarne” l’alito per controllare che non avesse bevuto vino, violando un’antica legge che equiparava il bere alcolici per una donna all’infamia e all’adulterio, ed era perciò punibile con la morte. Se volgiamo era da considerare un rudimentale alcoltest dei giorni d’oggi. La ragione di tale avversione risiedeva, a quanto pare, nella presunta corrispondenza tra ubriachezza e sessualità. “La donna avida di vino – scriveva nel primo secolo A.C. lo storico Valerio Massimo - chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi”. Il divieto era rivolto alle cosiddette donne “honestae” che si differenziavano dalle donne “probrosae” per la giusta condotta. Così era obbligo per le donne oneste sottoporsi al controllo dell’alito, proprio per accertare che non avessero violato il divieto. Le uniche donne esenti da questa usanza erano le attrici, le ballerine o le intrattenitrici di taverna e il motivo è molto semplice: l’ebrezza alcolica andava a facilitare le unioni carnali; bisogna anche ricordare, infatti, che all’epoca si credeva che il vino puro avesse proprietà anticoncezionali, molto utili quando si banchettava con queste ragazze che si concedevano facilmente ma che non erano le mogli. Dunque le gravidanze accidentali erano altamente indesiderate. Sicuramente un potere riposto in mano agli uomini che mortificava l’universo femminile, anche se le cronache di quel periodo raccontano taluni aneddoti particolari. Come quello per cui Agrippina, nobildonna romana, invocava spesso la concreta applicazione di questo privilegio dell’uomo per farsi baciare dall’imperatore Claudio. Questa usanza fu abolita dall’imperatore Tiberio per evitare il contagio da herpes, chiamato “labialis” all’epoca, che si stava diffondendo molto velocemente tra la popolazione.
Il significato etimologico del bacio
Nella lingua latina vi sono tre vocaboli per indicare il bacio: osculum, savium e basium. Nel dettaglio la differenza fra i tre sta nel fatto che l’osculum indica l’amore familiare, con le labbra chiuse, non passionale, diciamo casto; il basium indica l’affetto coniugale, un bacio affettuoso, quello che si dà a familiari o figli. Infine il savium che indica il piacere: un bacio passionale, erotico, con l’uso della lingua, “alla francese”. Nelle attestazioni scritte, in particolar modo quelle cristiane, il termine più in voga è “osculum pacis” (bacio della pace) per cui si diffuse l’usanza di scambiarsi la pace con dei baci casti sulle labbra, segno di fratellanza. Anche se con il tempo la pratica de “l’osculum pacis” fu giudicata inappropriata, riducendosi pian piano ad una stretta di mano, come nella liturgia attuale. Alla luce di quanto detto, si potrebbe dire che il bacio e i suoi significati hanno una storia lunga e tormentata.
Gli uomini romani erano bisessuali
La morale dell’epoca spingeva a educare e a indirizzare i figli maschi verso la bisessualità. Bisogna entrare nella mentalità romana per capire il motivo. L’uomo romano, il civis Romanus, è innanzitutto spronato fin dall’infanzia ad essere un dominatore e a imporsi ovunque possibile. Tanto in guerra, quanto in politica e in società ma soprattutto in famiglia. Tra le quattro mura domestiche l’uomo, il pater familias, è il padrone assoluto: un semidio, con potere persino di vita e di morte su moglie, figli e schiavi. Ma allora perché un uomo romano deve essere bisessuale e non invece spiccatamente eterosessuale, dal momento che per dimostrare il suo ruolo di maschio gli “basterebbe” dominare la donna? Perché il suo pensiero di dominio va oltre la donna: deve dominare tutti. La mentalità dell’uomo romano è di essere un vincente e di imporre la sua volontà su tutti: sui popoli nemici con le armi e le leggi, sugli altri romani con la ricchezza o lo status sociale, e su persone di rango inferiore anche con…la sessualità. Mai e poi mai un uomo romano in campo sessuale doveva essere sottomesso. Ed ecco perché i romani avevano l’abitudine di sodomizzare i nemici sconfitti. E non solo. C’era l’abitudine di sodomizzare anche gli schiavi di casa e gli ex schiavi, cioè i liberti. Per un romano, legato ai principi della moralità, una moglie non si addiceva all’eros e al sesso. Per queste pulsioni c’erano le schiave, le amanti, le concubine, le prostitute. La sposa non doveva conoscere le gioie del sesso e dell’amore; a lei era riservato soltanto il compito della riproduzione. Non deve quindi stupire che, sebbene si sposassero, i romani considerassero il matrimonio come un obbligo sociale. Non essendo matrimoni d’amore, per loro era solo una costrizione per soddisfare i desideri di carriera, economici o sociali del padre o della casata.
Giulia Gambacci
Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.
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