Opinionisti Giulia Gambacci

Flora Monti, la partigiana bambina che rischiava la vita

Tra il 1943 e il 1944 sull’Appennino bolognese faceva la staffetta partigiana

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Una storia d’altri tempi, giusta da raccontare e per alcuni tratti tristemente attuale. Flora Monti era una bambina come tante altre per quel periodo, seppure prima la guerra e poi la povertà l’hanno fatta crescere in fretta. Troppo in fretta, con un percorso di studio che si è fermato alla seconda elementale. Flora è ancora in vita, oggi ha 93 anni e dal 2009, a seguito della morte del marito, vive nella casa di San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. Una storia unica che viene raccontata nelle scuole perché lei, tra il 1943 e il 1944, sull’Appennino bolognese faceva la staffetta partigiana. La sua vita, bambina con un coraggio e una determinazione unica, è stata recentemente trasformata anche in un documentario dalla regista Martina De Polo. Una figura minuta quella di Flora, ma al tempo stesso carica di energia nonostante le tante primavere alle spalle e un passato – quello di gioventù - non sicuramente dei migliori. Con la sua famiglia Flora Monti viveva nel Comune di Monterenzio, sempre nella provincia bolognese, e tutti sapevano del loro ideale antifascista e pochi giorni dopo l’Armistizio una mattina si trovarono alcuni ragazzi scappati dal distretto militare di Bologna che vestivano ancora la divisa. La madre di Flora lì rivestì con abiti di fortuna, poi si dispersero nella montagna formando una delle prime brigate partigiane della zona: la 66esima Brigata Garibaldi Jacchia. Ma non la sola. Tra la boscaglia, però, i partigiani avevano necessità di parlare e di comunicare tra i vari gruppi e l’unico sistema possibile era quello delle staffette con dei piccoli messaggi scritti in bigliettini e nascosti tra i vestiti. I soggetti ideali per questo ruolo erano le bambine e quando gli venne chiesto, Flora aveva solamente 12 anni; nascondeva i bigliettini con messaggi importantissimi nelle scarpe, oppure nelle trecce dei capelli che le faceva la madre. Due posti apparentemente sicuri. C’erano tanti trucchi per non essere scoperti perché se qualche tedesco ‘annusava’ la cosa – ed è successo! – non facevano sconti a nessuno, con il rischio prima di torture e poi addirittura la fucilazione. Uno dei segreti, che i partigiani più grandi gli avevano trasmesso, era quello di appoggiare di tanto in tanto l’orecchio a terra per capire se nelle vicinanze c’erano rumori di pattuglie in avvicinamento sia a bordo di camionette che gente a piedi; una delle giustificazioni che Flora Monti diceva con maggiore frequenza se veniva fermata, era quella che andava a prendere i sigari per il nonno. Militando sulle montagne, Flora non utilizzava la bicicletta che poteva nascondere delle insidie, bensì camminava ore e ore a piedi nei boschi e nella fitta vegetazione. Sono tanti gli aneddoti e i ricordi che la 93enne ancora oggi ha stampato in maniera indelebile nella mente. Come quella volta che doveva raggiungere la Brigata Stella Rossa su un’altra montagna, rispetto al territorio di Monterenzio dove viveva: impiegò più tempo del previsto per consegnare il messaggio e fece ritorno a casa quando era già buio, trovando la madre in lacrime convinta che fosse stata scoperta e del conseguente triste epilogo. Un’altra volta, invece, una pattuglia tedesca fermò Flora facendola spogliare lasciandola solo in mutandine e canottiera; gli fecero sfilare anche le scarpe, proprio dove il biglietto era custodito, ma fortuna che in quel momento venne via anche la calza così non saltò fuori nulla lasciandola andare. Una volta ha trasportato nello zaino anche un piccolo arsenale di bombe a mano, ma non le avevano detto cosa c’era: solo di stare attenta a non cadere. Insieme alla sua famiglia, per un periodo, nascose due soldati americani e uno inglese in un vecchio casolare presente vicino alla propria abitazione: per questo aiuto, alla fine della guerra, ricevette anche una lettera di ringraziamenti firmata direttamente da Winston Churchill. Il 1° novembre 1944, Flora e la sua famiglia, insieme a tanti altri sfollati della zona, furono presi dagli americani e iniziarono un lungo viaggio, da un rifugio all’altro nei boschi, fino ad arrivare al campo profughi di Cinecittà dove hanno vissuto per sette mesi. Dopo i bombardamenti, infatti, questo divenne il più grande campo profughi d’Italia accogliendo migliaia e migliaia di sfollati. Oggi Flora Monti è davvero un bagaglio di storia: le sue testimonianze, oltre ad essere racchiuse all’interno di una pellicola proiettata in tutta Italia, vengono riportare nelle scuole incontrando giovani studenti più o meno dell’età in cui Flora si schierò con la sua famiglia in prima linea per l’antifascismo. È quindi la nonna di tutti, quei valori che conserva li racconta sempre con grande emozione ai ragazzi di oggi non sempre pronti ad affrontare questo delicato tema.

Giulia Gambacci
© Riproduzione riservata
06/07/2024 11:43:01

Giulia Gambacci

Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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