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Il secondo Ponte sul Tevere a Sansepolcro: o meglio, il ponte “secondo me”

Perché non è stato recuperato lo storico ponte?

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 Operazione in dirittura di arrivo con i suoi punti interrogativi, riguardanti anche gli sbocchi stradali. Un’infrastruttura nella quale non potranno passare i mezzi pesanti e che tanto è costata per servire poi un’utenza che si prevede ristretta. Perché non è stato recuperato lo storico ponte? E chi l’ha detto che non si possa realizzare la passerella?

Presto, il secondo ponte sul Tevere a Sansepolcro sarà realtà compiuta. È notizia ancora fresca l’ok al progetto esecutivo per l’ampliamento della viabilità fra la rotatoria di via Bartolomeo della Gatta e l’intersezione con il ponte sulla E45 e, in base alle tempistiche stabilite, entro la prossima estate dovremmo finalmente assistere al taglio del nastro per quella che da tutti è stata più volte considerata la più importante infrastruttura degli ultimi anni realizzata nella città biturgense. Premetto che non voglio fare polemica né addossare colpe a nessuno in particolare, ma permettetemi quantomeno alcune riflessioni che forse anche più di un comune cittadino si sarà già posto. Siamo entrati di fatto in dirittura di arrivo per una operazione iniziata almeno 8-9 anni fa. C’era ancora Daniela Frullani a ricoprire la carica di sindaco di Sansepolcro quando il progetto venne presentato e, nel ricordare ciò che venne detto in quella sede, noi avremmo già dovuto attraversare il ponte da almeno quattro anni. E allora, entro in “presa diretta” partendo dall’ubicazione scelta: oltre ad aver saccheggiato una fetta di territorio che avrebbe meritato maggiore rispetto, andremo a imboccare questo ponte passando dietro la zona industriale “Alto Tevere” e percorrendo sopra il letto del fiume una curva particolare con anche dei rischi (fin dai primi rendering, appariva come una sorta di parabolica), ma poi – nonostante una spesa totale che con il tempo è lievitata sopra i 5 milioni di euro – ci ritroveremo nella circonvallazione di via Bartolomeo della Gatta, che di fatto diviene un vicolo cieco o quasi; proseguendo dritti, infatti, si entra in una via Angelo Scarpetti che a mio parere andrebbe regolamentata con il senso unico; girando a destra, si prosegue la bretella fino al bivio conclusivo con due opzioni: o si va ancora a destra verso la frazione Trebbio, oppure si gira a sinistra dove ci attende il sottopassaggio ferroviario della zona di San Lazzaro e San Paolo. Girando a sinistra della rotatoria di via Bartolomeo della Gatta, si torna in via Senese Aretina per imboccare la E45. Ma chi è quel “pazzo” che imbocca il nuovo ponte per prendere la superstrada o recarsi nella zona Coop? La cosa saggia da fare, non appena deciso che il ponte sarebbe stato costruito in quella posizione, sarebbe stata un prolungamento della circonvallazione verso San Giustino e la E45 (dovremo aspettare altri dieci anni per una cosa che era di una logica disarmante?), ma c’è un… ”ma”: su questo nuovo ponte non potranno transitare i veicoli con peso complessivo superiore ai 35 quintali (una follia pura, tanti soldi per un “mezzo ponte”), quindi significa che l’accesso sarà consentito ad auto, moto e furgoni. Per un autoarticolato “bilico”, per un tir o per un normale camion a rimorchio – come si usa dire – niente secondo ponte, per cui l’unica strada percorribile diventa di conseguenza via Senese Aretina, dove peraltro nelle ore di punta (quelle che coincidono con l’inizio e la fine della giornata lavorativa e anche con la pausa pranzo) si crea un ingorgo dalla chiesa di San Giuseppe fino alla zona industriale di Santa Fiora, problema - questo - che sarà accentuato dalla nuova rotatoria che si sta costruendo nei pressi della ex Buitoni e che servirà anche come accesso al secondo ponte e al nuovo centro commerciale. Riassumendo, quindi: il secondo ponte sul Tevere, a mio parere, sarà percorso inizialmente da un buon numero di veicoli, perché l’elemento novità va a braccetto con l’umana curiosità, poi con il tempo ci sarà il rischio che questa infrastruttura tanto attesa e funzionale finisca con l’essere tale solo per i residenti nella zona sud di Sansepolcro e della Dogana di San Giustino, che per andare a lavorare nella zona industriale troveranno una direttrice più comoda e anche meno affollata di traffico. Come dire, tradotto in numeri, che avrà un’utenza limitata al 20% e che quindi il gioco non è valso la candela. Ben diverso, a mio avviso, sarebbe stato il recupero del vecchio ponte, quello storico con le arcate che passa accanto all’attuale, con tanto di bretella diretta verso l’uscita sud per la città della E45, che avrebbe eliminato il traffico pesante e su questo si era battuto a suo tempo, inutilmente, anche Progetto Valtiberina. E vogliamo parlare della vergognosa miopia politica tenuta sul vecchio ponte, che avrebbe dovuto essere trattato come un monumento e che invece è stato ridotto a un mero rudere? Ora, che a Sansepolcro per certi aspetti tutto sia difficile è purtroppo un dato di fatto (anche a causa dello scarso peso rivestito a livello regionale), però diciamo: innanzitutto, non si può chiedere un finanziamento per un’opera che – ammettiamolo con franchezza – è stata partorita sull’onda emozionale della paura generata dalla fuoriuscita di acqua della diga di Montedoglio nel dicembre del 2010, limitandosi all’attraversamento e senza pensare alla viabilità di raccordo, con il Comune di Sansepolcro che si è dovuto anche indebitare per dare un senso compiuto all’intervento. Altro risvolto negativo: la ricostruzione della passerella pedonale sul Tevere non sarebbe stata possibile a causa del livello di pericolosità della diga? Scusate il termine, ma questa è una cavolata: l’acqua di Montedoglio è controllata e, se si verificassero situazioni come quella del 2010, il pericolo c’è per tutti. Niente vecchio ponte, niente passerella e nessuna considerazione verso un’area lungo l’asta del Tevere che i pescatori “no kill” hanno definito fra le dieci più belle d’Europa, ma che è in preda al menefreghismo più totale, nel senso che il Tevere non si vive come si dovrebbe e come invece accade nei Comuni a noi più vicini; e dire che potremmo inserirci nel contesto di un parco straordinario che dalla diga di Montedoglio ci porterebbe fino a Umbertide (c’è inoltre un progetto già approvato che prolungherà il percorso sino a Roma), ma questo è realtà solo da San Giustino in giù; cose da matti, pensando che noi la strada già l’abbiamo e avrebbe bisogno solo di un po' di manutenzione. Noi, nel frattempo, continuiamo a perdere treni importanti. Vogliamo poi parlare dei Cammini di Francesco, legati a questa vicenda? Quale aggancio c’è? I pellegrini costretti ad attraversare un ponte parabolico e non magari un ponte tibetano, che peraltro qualcuno si era offerto di fare. A bocce ferme, quindi, diciamo che dietro il secondo ponte sul Tevere vi sono stati degli errori politici strategici: mi limito a indicare il peccato senza voler cercare i peccatori. L’operazione complessiva ha registrato una lievitazione dei costi di quasi il 40% con il risultato di una funzionalità minore. Sarebbe bastato ristrutturare il vecchio ponte e fine: di soldi ce ne sarebbero voluti di meno e la funzionalità sarebbe stata maggiore.

 

Nel lasciar andare in malora il vecchio ponte, che si percorreva fino ai primi anni ’70, è stato commesso un affronto non perdonabile alla città di Piero della Francesca: ci siamo cioè privati dell’attraversamento del Tevere lungo l’asse rettilineo che congiunge Sansepolcro con Anghiari e sapete benissimo che lo stradone della Libbia ha una storia alle spalle. Il ponte era un leggero flesso lungo questo rettilineo con un’altra particolarità: secondo infatti la tesi di uno studioso locale, il professor Roberto Manescalchi, le due croci issate da San Francesco in cima ad Anghiari e a Montecasale distano in linea d’aria 12 chilometri esatti. Il vecchio ponte sul Tevere si collocherebbe a metà di questa distanza. Ed era un ponte sia carrabile che ferroviario. Perché si è fatto di tutto per lasciarlo crollare? Perché i tecnici di oggi si sbizzarriscono su realizzazioni che hanno un impatto visivo catturante ma che costano il doppio? E di esempi ne abbiamo non soltanto qui: ponti sui quali si è speso tanto per renderli un’opera d’arte o di architettura sinceramente un po’ sfarzosa in rapporto alla funzione che deve svolgere. Quando invece l’opera d’arte l’avevamo, ce ne siamo disfatti senza un motivo plausibile. Non riesco a capire perché la mia città non abbia mai dato importanza alla sua storia, privilegiando speculazioni e cementificazioni… anzi lo so ma non lo dico!

Domenico Gambacci
© Riproduzione riservata
24/11/2023 18:34:39

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Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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