Nomine, c’è l’accordo: Cattaneo amministratore delegato di Enel, Scaroni alla presidenza

Ma c’è il caso Donnarumma a Terna
All’ultimo momento utile, una manciata di ore dalla scadenza tassativa per la presentazione della lista di Poste, la maggioranza del governo Meloni ha trovato l’accordo sulle nomine nelle grandi aziende partecipate dello Stato. Doveva essere la vittoria su tutta la linea della premier decisionista, ne è uscito il più classico dei compromessi. Matteo Salvini, galvanizzato dal buon risultato della Lega nel test elettorale in Friuli, ha puntato i piedi in tandem con il sempreverde plenipotenziario del Cavaliere Gianni Letta. All’ora di cena resta un margine di incertezza solo su due caselle, entrambe care alla premier. La prima: il destino di Stefano Donnarumma, attuale amministratore delegato di Terna, che da candidato alla guida di Enel si potrebbe trovare retrocesso in una controllata minore. E la promozione di Giuseppina di Foggia (nella foto), che potrebbe essere la prima donna alla guida operativa di un’azienda quotata partecipata dallo Stato: fin qui hanno avuto accesso solo alle presidenze. Secondo le ultime indiscrezioni, Donarumma potrebbe essere sacrificato per fare spazio proprio a Di Foggia.
All’Eni invece nessuna sorpresa: Claudio Descalzi verrà confermato amministratore delegato per la quarta volta. Il suo nome non è mai stato in discussione. Descalzi ha dalla sua una gestione impeccabile della crisi energetica seguita all’invasione russa dell’Ucraina. Benché partner storico di Mosca, l’Eni di Descalzi ha dato un contributo fondamentale al rafforzamento delle forniture dall’Algeria e ai nuovi accordi per la fornitura di gas liquido da Mozambico e Angola. Alla presidenza di Eni viene promosso il comandante generale della Guardia di finanza Giuseppe Zafarana, in uscita dal corpo. Verrà sostituito da Andrea De Gennaro, fratello del più noto Gianni, già capo della Polizia e presidente di Leonardo.
La decisione su Enel è stata la più sofferta. La lunga stagione di Francesco Starace ha fatto crescere l’azienda ma ne ha anche aumentato l’indebitamento, al punto da ipotizzare - così si discute nei palazzi - un prossimo aumento di capitale. Ebbene: Giorgia Meloni si era ripromessa di promuovere al posto di Francesco Starace Stefano Donnarumma, già numero uno di Acea e attualmente al vertice di Terna. Ha dovuto fare i conti con un giudizio non brillantissimo dei mercati sul suo lavoro e l’eccessiva esposizione politica a favore di Fratelli d’Italia: gli è stata fatale la partecipazione ad una convention del partito e l’aver firmato un pezzo del programma elettorale. A lungo l’ipotesi accarezzata da Giancarlo Giorgetti è stata quella di mettere al suo posto Luigi Ferraris, già capo della finanza ad Enel e attualmente numero uno di Ferrovie. La soluzione aveva il vantaggio di liberare una casella ghiotta per il ministro delle Infrastrutture (Matteo Salvini), ma avrebbe significato cambiare tutto il gruppo dirigente di Ferrovie, che già deve rinnovare i vertici delle controllate Trenitalia e Rfi. E così è uscito dal cilindro un uomo che aveva a lungo smentito di essere in corsa: Flavio Cattaneo, già capo di Terna, Telecom e artefice della svolta di Italo. A favore di Cattaneo, oltre la lunga esperienza manageriale, le ottime relazioni milanesi: Cattaneo è amico di Ignazio La Russa e stimato da Giancarlo Giorgetti e Giulio Tremonti. Cattaneo sarà affiancato come presidente da Paolo Scaroni, vecchio amico di Silvio Berlusconi, ben visto dalla Lega, oggi presidente del Milan ma soprattutto padre degli accordi che nel 2006 fecero del cane a sei zampe il primo cliente della russa Gazprom. Meloni ha tentato a lungo di contrastare il suo ritorno in pista, ma ha dovuto cedere alla tenaglia Berlusconi-Salvini.
L’altra partita soffertissima è stata quella per la guida di Leonardo. Sin da Natale (lo aveva rivelato questo giornale) era nota la decisione di Meloni di nominare il fisico ed ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che nei mesi precedenti era stato capo della ricerca proprio a Leonardo. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, grande amico della Meloni, avrebbe preferito una scelta in continuità con la storia dell’azienda: Lorenzo Mariani, capo del consorzio missilistico Mbda. In questo caso Meloni non ha sentito ragioni, imponendo Cingolani. Con quest’ultimo la presidente del Consiglio aveva preso un impegno durante il passaggio di consegne del governo Draghi, quando chiese al ministro uscente di dare una mano al nuovo (Gilberto Pichetto Fratin) per gestire il dossier di diversificazione energetica. Così come era accaduto con il banchiere Alessandro Profumo, Leonardo viene affidata adi nuovo ad una persona che non viene dal settore. Cingolani, nanotecnologo e fondatore dell’Istituto italiano di tecnologia, è convinto che il comparto difesa di Leonardo cammini sulle sue gambe, mentre deve credere nei business più innovativi: la cybersecurity, l’intelligenza artificiale, la realizzazione di grandi calcolatori e la tecnologia nucleare, un vecchio pallino del ministro, che crede nello sviluppo dei piccoli reattori di quarta generazione.
Infine Poste e Terna. Alla guida della prima resta Matteo Del Fante, che insieme a Descalzi sopravvive alla regola dello spoil system. Presidente sarà nominata Silvia Rovere, fin qui presidente di Assoimmobilare e già capo del settore finanziario della controllata del Tesoro Patrimonio dello Stato. La casella di Terna è quella che potrebbe riservare sorprese fino all’ultim’ora. Nelle chat dei parlamentari ieri si dava per certa la conferma di Donnarumma e la nomina a presidente della vicepresidente di Nokia Italia Giuseppina Di Foggia. Nei palazzi circola però anche una soluzione diversa: Di Foggia sarebbe promossa amministratore delegato, presidente verrebbe scelto in quota Lega Igor De Biasio, fin qui consigliere di amministrazione della Rai. Vera o meno, l’ipotesi sottolinea che chiusa la trattativa sulle nomine di prima fascia è già iniziato quello per molte altre poltrone, a partire dalla televisione pubblica.
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