Gli 80 anni di Florinda Bolkan, l'attrice più desiderata degli anni '70

Oggi vive lontana dalle luci della ribalta immersa nella natura
L'attrice brasiliana, nata il 15 febbraio 1941, compie 80 anni lontana dal cinema che l’ha resa un’icona, oltre che una delle donne più desiderate del mondo. Originaria di Uruburetama, un paesino sperduto del Brasile, rappresentò per lungo tempo l’antidiva dalla bellezza esotica e selvaggia. Florinda Soares Bulcão, in arte Florinda Bolkan, è stata un’attrice magnetica e produttrice: ha avuto una carriera lunga e intensa che l’ha portata a lavorare con i più grandi registi del cinema italiano, da De Sica a Elio Petri. Oggi vive lontana dalle luci della ribalta e, immersa nella natura, si dedica alla campagna e ai suoi cavalli di razza alla Voltarina, una proprietà nella campagna di Bracciano, vicino a Roma, dove ha fondato un agriturismo e un maneggio.
Pur essendosi ritirata dalla scena, si è concessa alcune incursioni nella settima arte, come il cameo nei panni di una nonna in Magari di Ginevra Elkan e debuttando alla regia con una storia tutta al femminile in Io non conoscevo Tururù.
Cresciuta orfana di padre, perduto a soli 8 anni, arrivò al cinema d’autore per caso, dopo essere stata hostess executive della Varig, l’ex compagnia di bandiera brasiliana. Sul set interpretò spesso donne complicate, enigmatiche e coraggiose passando dal dramma al comico fino al giallo.
Il debutto nel 1968, in Candy e il suo pazzo mondo di Christian Marquand ma è in Italia che la sua carriera decolla. Ancora nel 1968, è diretta da Damiano Damiani ne Una ragazza piuttosto complicata e Giuliano Montaldo in Gli intoccabili. Poi l’incontro decisivo con Luchino Visconti che, dopo tre provini nella sua villa a Ischia, la scrittura in una piccola parte, l’attricetta mantenuta da Helmut Berger nel film La caduta degli dei (1969).
Poi arrivarono i ruoli da protagonista e nel 70 in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri in cui vestì i panni di Augusta Terzi, l’amante uccisa dal perverso “dottore”, incarnato da Gian Maria Volontè che vinse l’Oscar come migliore film straniero. Una carriera indimenticabile, nessun matrimonio e nessun figlio: “Ho sempre fatto ciò che mi rendeva felice. Mi sono divertita e non ho mai avuto un problema: produttori e uffici stampa non mi hanno mai imposto nulla perché sapevano che non avrei accettato. Ho sempre deciso io come scrivere la mia vita”, rispondeva l’anno scorso in un’intervista al Fatto quotidiano. Una donna libera insomma, come le aveva insegnato a vivere l’amato padre.
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