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Cinque domande con...Catia Del Furia assessore al comune di Sansepolcro
Abbattere la Tari e posticipare l’Imu non si può
L’attuale situazione generata dal coronavirus vista da Catia Del Furia, assessore a bilancio e finanze, tributi, politiche del personale e pari opportunità del Comune di Sansepolcro.
Assessore Del Furia, è stato difficile per l’amministrazione comunale fronteggiare questa emergenza, sapendo che poi qualche critica inevitabilmente arriva?
“Si chiama emergenza proprio perché è una condizione di fatto non fronteggiabile con una programmazione ordinaria, tanto più che anche la disciplina era discordante. Abbiamo agito giorno per giorno, pensando a distribuire le mascherine prima ancora che provvedesse la Regione Toscana e le abbiamo imposte nei luoghi chiusi con un nostro provvedimento. D’altronde, ogni giorno c’era tutto e il contrario di tutto. Certamente, se avessimo avuto più tempo per capire la situazione avremmo fatto meglio, ma le buone intenzioni non ci sono mancate”.
Anche la programmazione dell’amministrazione è destinata quindi a subire modifiche?
“Certamente sì. Nel documento condiviso, abbiamo previsto l’istituzione di tavoli permanenti. Ho intenzione di fare una revisione obbligatoria, ma anche in termini tributari ed economici ogni giorno c’è una novità. Abbattere la Tari e posticipare l’Imu non si può: dobbiamo capire quali sono le azioni utili per la ripartenza e ancora non ci stiamo accorgendo di niente, perché il vero bisogno sociale emergerà più avanti. Per esempio, fino al 31 ottobre l’utilizzo del suolo sarà gratuito e quindi concederemo il concedibile, ma più che riprogrammare occorre ripensare ex novo il sistema. Pensiamo soltanto a cosa ci attende in termini di spesa per gli adeguamenti dell’edilizia scolastica, per servizi quali il museo civico, con i dispositivi e l’igienizzazione e anche per i giochi dei bambini: tutti i giorni lavaggio con sapone e una volta alla settimana la sanificazione”.
Cosa la preoccupa di qui a breve termine?
“Un aspetto particolare è il costo della vita. Determinati servizi e prodotti andranno incontro ad aumenti anche perché gravati da costi determinati dall’emergenza e il tutto andrà a combinarsi con un diminuito potere d’acquisto, dato che ci troviamo davanti a una condizione lavorativa che finora non era stata mai così precaria. L’impatto del Covid-19 non lo possiamo ancora immaginare, per cui sono preoccupata”.
Per molti, la pandemia ha significato il fallimento della globalizzazione. Concorda?
“Difficile dare una risposta. Diciamo che la pandemia ha messo in luce le disfunzioni del sistema e che a livello nazionale ha segnato la morte del federalismo. Quello della globalizzazione è un processo irreversibile: nel bene e nel male, il mondo è oramai uno solo. Sto allora riflettendo su questo modello di Stato e su materie quali la sanità e la scuola: pensiamo per un attimo, noi che siamo zona di confine, a diverse disposizioni in Umbria e in Toscana. L’Umbria decide di riaprire le scuole, la Toscana no o viceversa: qualcuno viene a essere inevitabilmente penalizzato. La pandemia deve dunque farci capire che l’autonomia delle Regioni è un’altra questione da ripensare”.
E quale insegnamento trarre da questo periodo di ristrettezze e sacrifici?
“Credo che alla fine non ci abbia insegnato nulla, purtroppo! Anzi, mi auguro che vi sia una tenuta della situazione. All’inizio, quando prevaleva la paura, c’è stato spirito di solidarietà, poi però il protrarsi dell’emergenza ha alimentato sentimenti di rabbia. Cosa allora ci può aver insegnato tutto questo? Che viviamo in un sistema fragile, ma che fino in fondo non abbiamo compreso l’importanza delle relazioni umane, perché altrimenti non sarebbero scaturite determinate reazioni, non dimenticando che la quarantena ha pure aumentato i casi di violenza fra le mura domestiche. Chiudo però con una nota positiva: la riscoperta dell’ambiente. Abbiamo ammirato un cielo con un azzurro tanto inedito quanto bellissimo e anche la natura che ci circonda è rifiorita. Dovrebbe essere la normalità e allora mi domando: se per raggiungere ciò che dovrebbe essere normalità abbiamo dovuto vivere un periodo del genere, vuol dire che a regime normale qualcosa non funziona, in un sistema nel quale la logica dell’economia prevale su qualsiasi altra ragione”.
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