Tra lutto e ricordo
100 anni fa si concludeva la prima guerra mondiale
100 anni fa si concludeva uno dei più efferati conflitti che l’umanità ricordi: la prima guerra mondiale. E’ stato per l’Italia uno spartiacque decisivo che ha contribuito a creare le istanze della dittatura ventennale che sarebbe sorta proprio a seguito dell’insoddisfazione degli esiti di quella devastante guerra. Insomma, una carneficina iniziata e voluta dalla propaganda e finita nel sangue del nazionalismo e di una tanatopolitica che si realizzò, in seguito, in un’Europa disgregata e piena di confini.
L’Italia entrò in guerra sfruttando un accordo segreto tra il ministro Sidney Sonnino e il suo alter ego britannico, nonostante il voto contrario del Parlamento italiano che vide 480 deputati su 508 presenti votare contro l’entrata in guerra. L’Italia entrò in guerra nonostante l’Austria avesse promesso, in cambio della non belligeranza, più territori di quelli conquistati con la sanguinosa guerra. L’Italia entrò in guerra causando 651.000 morti militari e quasi altrettanti civili, in tutto 1289000 morti per una guerra evitabile, molti più degli abitanti dei territori conquistati. L’Italia entrò in guerra nonostante l’appello forte e deciso che Papa Benedetto XV lanciò il 1° novembre 1915: “un’inutile strage che disonora l’Europa”. Questo l’inascoltato grido del papa più dimenticato, forse volutamente, del ventesimo secolo. L’Italia entrò in guerra spendendo 90 miliardi di lire dell’epoca, una cifra astronomica che tanto gravò sulle dissestate casse dello Stato.
Per entrare in guerra fu necessaria un’incredibile opera di propaganda per cercare di far cambiare idea ad un popolo che in guerra proprio non voleva andare. L’Ilva dispensò aiuti economici a giornali italiani per portare avanti l’idea della necessità del conflitto armato. Le commesse molto dubbie che fecero realizzare guadagni enormi ad aziende come l’Ansaldo, arrivando a far pagare allo Stato alcune commesse il 400% in più del reale valore, furono talmente evidenti che a conflitto concluso si istituì una commissione parlamentare per indagare e fare chiarezza. La commissione fu soppressa poi dal fascismo appena salito al potere.
E’ per tutto questo che a un secolo dalla fine della prima guerra mondiale il ricordo di una vittoria è sopraffatto dall’inutilità di quelle morti, così da far diventare una commemorazione un giorno di lutto e di riflessione critica. Bene ha fatto il Presidente Sergio Mattarella a rendere omaggio a tutti i caduti, nel suo viaggio a Trieste facendo portare in piazza le bandiere dei 15 paesi ex nemici: la bandiera italiana accanto alla bandiera austriaca, tedesca e così via, cosa da rendere risibile la polemica che ha interessato il nostro comune nei giorni passati. Il Presidente ha spiegato il senso di questa commemorazione: “Lo facciamo con orgoglio legittimo e con passione, senza trascurare la sofferenza e il dolore che hanno segnato quella pagina di storia. Lo facciamo in autentico spirito di amicizia e di collaborazione con i popoli e i governi di quei Paesi i cui eserciti combatterono, con eguale valore e sacrificio, accanto o contro il nostro. Saluto i loro rappresentanti che sono qui con noi, oggi, in Piazza Unità ed esprimo riconoscenza per la loro significativa presenza. Celebrare insieme la fine della guerra e onorare congiuntamente i caduti – tutti i caduti – significa ribadire con forza, tutti insieme, che alla strada della guerra si preferisce sviluppare amicizia e collaborazione. Che hanno trovato la più alta espressione nella storica scelta di condividere il futuro nell’Unione europea.
E’ così che possiamo comprendere la lezione della storia, cancellando il concetto di nemico e affidandoci a quel concetto di Europa unita che, superando confini e rivalità interne, permette e ha permesso una stabile pace che dura dal 1945. Il sovranismo e la guerra sono errori del passato che una coscienza critica deve saper superare, convinti, come scriveva Benjamin Constant, che “le feste per la vittoria, sono danze sulle bare”.
Leonardo Magnani
Leonardo Magnani è nato e vive a Sansepolcro. E’ laureato in filosofia e in scienze religiose. Insegnante di professione, da anni collabora con l’Associazione Cultura della Pace e si interessa di mediazione dei conflitti e di nonviolenza.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
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