Una scuola bendata
“La scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è”
E’ di pochi giorni fa la notizia di una ragazza costretta a bendarsi per sostenere un’interrogazione di latino, in una scuola del Veneto. E’ un fatto di una gravità inaudita che, purtroppo, conferma quanto da tempo, temevamo: questa scuola e molti docenti non dimostrano di essere buoni educatori e maestri. Maestri di vita, persone che si fidano e insegnano a fidarsi del prossimo. Persone che dovrebbero essere di stimolo per cambiare il mondo, per non accettare le ingiustizie che ci sono e che persistono. Ivan Illich l'aveva scritto: “La scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è”. Oggi purtroppo ne ha la riprova.
L’atto di violenza perpetrato nei confronti di quella studentessa, perché di questo si tratta, di un atto di violenza tra i più brutali che possono essere realizzati in un rapporto educativo, ci dice molte cose e ci dimostra che, così com’è, la scuola non può essere motivo d’interesse da parte delle giovani generazioni. Questa non è la scuola pensata dai greci, non può certo essere la scuola della Montessori, di Manzi, di Don Milani, di Mario Lodi. Quel gesto ha fatto diventare un’interrogazione, un interrogatorio con un imputato bendato, che deve produrre risposte preconfezionate. La valutazione è diventata un numero da assegnare, anziché un valore da riconoscere. Le conoscenze sono diventate nozioni, sempre uguali a sé stesse, dove non conta la situazione, il rapporto personale. Le conoscenze, che dovrebbero servire a sapersi meravigliare dell’esistente, a gestire sentimenti e a smascherare impostori, diventano risposte esatte a domande fatte da funzionari di uno Stato che non funziona. Per dirla con Montaigne e Morin, ad una testa ben fatta si è preferita una testa ben piena.
Una benda negli occhi di un alunno è lo schiaffo definitivo al rapporto di fiducia che dovrebbe esserci tra docente e discente. Se manca quel rapporto, il compito di costruire e recuperare tutto questo è a carico esclusivo dell’educatore. Quell’insegnante, con quel gesto, ha detto a quell’alunna, che non deve fidarsi del prossimo, che deve creare difficoltà agli altri per riuscire a gestire le proprie, che ciò che conta è la perfomance e non l’essere.
Frequentare una lezione non è soltanto ascoltare ciò che viene detto: è rapportarsi con i compagni, con i professori, vedere, guardare, colorare: la scuola è tutto ciò che non si può fare se siamo bendati. Quella benda rende la scuola un posto pericoloso, perché è luogo d’isolamento visivo, dove è vietato il farsi prossimo, è un luogo di umiliazione finalizzata ad un fine senza senso.
La ragazza era bendata, ma la scuola è rimasta cieca davanti alle necessità esistenziali delle giovani generazioni, che la considerano, sempre di più, estrema periferia del loro universo. E se questa è la scuola, non solo fanno bene a considerarla una periferia esistenziale, ma farebbero meglio a evitare di frequentare certi luoghi, dove il buio la fa da padrone e la mancanza di un volto rende tutto maschera.
Leonardo Magnani
Leonardo Magnani è nato e vive a Sansepolcro. E’ laureato in filosofia e in scienze religiose. Insegnante di professione, da anni collabora con l’Associazione Cultura della Pace e si interessa di mediazione dei conflitti e di nonviolenza.
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