Settore auto europeo nel caos: crolla l'utile di Volkswagen
Il colosso tedesco intende chiudere tre stabilimenti e licenziare migliaia di lavoratori
Notizie molto preoccupanti (anche per l'Italia) arrivano dalla Germania. Volkswagen ha chiuso il terzo trimestre dell'anno con ricavi per 78,5 miliardi di euro, in flessione dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, e un utile in calo del 63,7%, a 1,58 miliardi di euro. L'utile operativo scende del 41,7% a 2,85 miliardi, ben al di sotto dei 3,89 miliardi attesi dagli analisti, impattato da 2,2 miliardi di euro di costi di ristrutturazione, mentre il margine operativo si è ridotto al 3,6%, il livello più basso in oltre 4 anni. Dati che certificano la crisi profonda del colosso automobilistico tedesco che per risalire la china è intenzionato a varare misure senza precedenti: la chiusura di almeno 3 fabbriche per contenere i costi e il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro.
LA FINE DI UN MODELLO, SINDACATI SULLE BARRICATE
"È una profonda pugnalata al cuore dei lavoratori” ha sentenziato il potente sindacato IG Metall che ha contestato e respinto i piani di chiusura degli impianti. "Questi piani aggressivi e inaccettabili del consiglio di amministrazione rappresentano una rottura con tutto ciò che abbiamo sperimentato in azienda negli ultimi decenni" ha affermato il responsabile distrettuale dell'IG Metall, Thorsten Gröger.
LA MOSSA DISPERATA DELLA UE: UFFICIALI I DAZI CONTRO LE AUTO ELETTRICHE CINESI
Nel frattempo la Germania deve incassare anche un altro duro colpo: il varo da parte della UE dei dazi sulle auto elettriche cinesi, misura duramente contestata da Berlino in quanto mette a rischio l’esport tedesco, compreso quello di Volkswagen. La notizia arrivata da Bruxelles era attesa da settimane e ora è stata messa nero su bianco. Per la maggioranza dei 27 paesi dell’Unione il profondo rosso dell'automotive europeo ha almeno un colpevole: Pechino. A nulla sono valsi i 'nein' di Berlino e le crepe mostrate dai Ventisette che all'inizio del mese avevano rimesso nelle mani dell'esecutivo di Ursula von der Leyen l'onere di punire il Dragone per i maxi-sussidi sleali elargiti alla sua industria per inondare il mercato continentale di e-car a basso prezzo.
APERTA GUERRA COMMERCIALE EUROPA-CINA
La decisione dell'Ue - pur lasciando spiragli per un accordo futuro - apre a tutti gli effetti una guerra commerciale che allarma le ammiraglie tedesche fortemente radicate sul territorio cinese e trova invece il favore di Parigi, sostenitrice di una mossa vista come "cruciale per proteggere gli interessi" dell'Europa a una settimana dall'incognita Donald Trump oltreoceano. La ghigliottina scatterà a tutti gli effetti il 31 ottobre, nel tentativo ultimo di difendere un'industria europea - e i suoi circa 14 milioni di posti di lavoro - sempre più in difficoltà davanti al dumping cinese e a una transizione all'elettrico ancora lontana.
I MODELLI CINESI COLPITI DAI DAZI
Nel dettaglio, i nuovi dazi Ue si attestano al 7,8% per le Tesla prodotte a Shanghai, al 17% per Byd, al 18,8% per Geely e al 35,3% per Saic. Per gli altri gruppi che hanno collaborato all'indagine antitrust la mano di Bruxelles sarà più clemente, con un 20,7% di sovrattasse rispetto al 35,3% valido per tutte le aziende invece reticenti. Complessivamente, sommando l'obolo del 10% già in vigore, le tariffe raggiungeranno quota 45%.
ATTESA PER LA RAPPRESAGLIA CINESE, TREMANO GLI ALTRI SETTORI
Ora si attende la prevedibile rappresaglia di Pechino dagli effetti nefasti: le contromisure commerciali del Dragone sui distillati hanno già colpito i produttori di cognac e brandy francesi, mentre le indagini pendenti su formaggi e carne di maiale rischiano di compromettere l'intero comparto agroalimentare europeo. Minacce che si aggiungono alla possibile ritorsione sui veicoli di grossa cilindrata made in Europe che tanto spaventano Berlino.
LA DOMANDA SENZA RISPOSTE
Di fronte a tutto questo "caos" una domanda sta sorgendo spontanea in milioni di cittadini europei: il bando deciso dall'Unione Europa alla produzione e vendita di veicoli con motori a combustione interna (dunque benzina e diesel) a partire dal 2035 è davvero una misura ragionevole? Non sarebbe forse il caso di spostare più in là nel tempo il divieto? La crisi del settore auto che rischia di travolgere l'intera economia europea dovrebbe spingere Bruxelles quantomeno a riflettere sulla decisione presa, perché se l'idea è quella di contrastare la Cina con i dazi, allora la cura potrebbe essere peggiore della malattia: il Vecchio Continente potrebbe perdere la guerra commerciale con Pechino e le conseguenze da pagare potrebbero essere ancora più devastanti.
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