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I Dem si stringono intorno a Kamala Harris, strategica la scelta del vice

Le armi per battere Trump

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Un primo elemento balza agli occhi. Se Kamala Harris verrà confermata candidata dei Dem per la corsa alla Casa Bianca, lo scontro sarà tra una procuratrice con un curriculum da cacciatrice di malfattori contro un uomo, Donald Trump, che ha passato buona parte degli ultimi anni a difendersi dalle accuse di crimini contro gli Stati Uniti. Tre i procedimenti ancora in corso a suo carico, dopo il non luogo a procedere per vizi procedurali nel caso della custodia impropria di documenti riservati, con tanto di perquisizione nella sua villa di Mar-a-Lago, in Florida. E non c'è dubbio che queste circostanze faranno salire i toni della campagna elettorale che Harris - la cui candidatura appare ormai assodata - metterà sul piatto della campagna elettorale.

Alla convention di Boston di agosto i giochi dovranno essere già fatti. Ma quello che l'attuale vice di Joe Biden aggiungerà è tutto il suo background politico di esponente di moderata, con le sue battaglie antirazziali e a favore degli omosessuali, ma anche sostenitrice del valore dell'immigrazione (almeno da ultimo, allineandosi a Biden) e sostenitrice dei diritti delle donne in tema procreativo. Lei che in qualche modo incarna il sogno americano di chi, partendo da basi popolari, poi ce l'ha fatta. Madre di origine indiana e padre giamaicano, Harris rappresenta proprio quell'America che sogna e realizza l'american dream. Un'etichetta che la mette in posizione antitetica rispetto a Trump, che invece costruisce muri ai confini, esalta il suprematismo bianco e ammicca agli antiabortisti. 

Harris troppo moderata per i Dem

Harris però si posiziona decisamente in posizione più moderata rispetto a Biden che invece metteva d'accordo centristi e sinistra tra i Democratici. Le parole di Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata progressista, che più si è opposta al passo indietro di Biden richiamavano ai rischi dun cambio in corsa cosìrepentino. La deputata aveva affermato solo due giorni fa che gran parte degli sforzi per spingere Biden fuori dalla corsa provengono dalla "classe dei donatori" e dalle "élite" che non permetterebbero "una facile transizione" verso Harris, anche se non ha espresso la sua opinione sulla vicepresidente o su altre alternative. Ma dietro, secondo gli analisti, c'è il timore che Harris non entusiasmi gli elettori più di sinistra. Non è un caso che Bernie Sanders, storico esponente socialista democratico ha fatto il suo endorsment verso Biden - "che ha servito il nostro Paese con onore e dignità" essendo stato "il presidente americano più pro classe operaia", ha scritto il senatore del Vermont - sull'attuale vice non si è espresso.

La partita del vice

Del resto guardando al curriculum politico, la campagna elettorale di Harris del 2020 fu un disastro e i primi due anni del mandato da vice presidente sono caduti nel totale anonimato. All'elezione si parlò addirittura di un possibile passaggio di consegne tra l'anziano Biden e la sua vice, ma poi non se ne fece nulla. E questo ha un significato. 

La partita va allargata e si giocherà anche sul nome del vice che dovrà compensare le "carenze" a sinistra di Harris. Per il ticket si fanno almeno sei nomi, ovvero quelli dei governatori dei grandi Stati in bilico. Tra questi si parla di Josh Shapiro, 51 anni, già indicato come primo futuro presidente degli Stati Uniti ebreo, che indote porta una forte popolarità come governatore della della Pennsylvania, oppure Gretchen Whitmer, due volte governatrice del Michigan, nota nel Midwest per essere una tosta e per aver adottato misure molto restrittive contro l'avanzare del Covid, cosa che le costò un tentativo di rapimento da parte di un gruppo di estrema destra che la voleva porcessare per la sua stretta antivirus. Altro nome è quello di Gavin Newsom, governatore della California, che insieme alla collega del Michigan si è affrettato a precisare che non intende sfidare Harris per la nomination.

Il o la vice su cui ricadrà la scelta di Harris, avrà quindi la funzione di completare e integrare le carenze della futura candidata Dem, sia per allargare la fascia di elettorato - attualmente concentrata sulle donne, minoranze etniche, giovani - anche alla classe operaia e agli strati più bassi della società. I finanziatori per il momento sembra stiano rispondendo all'appello dello stesso Biden che ha dato l'endorsment alla sua vice contestualmente all'annuncio del passo indietro: 46 milioni di dollari raggiunti nell'arco di poche ore. Anche grazie all'appoggio di democratici di spicco come Bill e Hilary Clinton, Elizabeth Warren e Pramila Jayapal. 

Cosa dicono i sondaggi

I sondaggi sembrano dare conforto a metà alla scelta dell'ex procuratrice, attorney general della California, senatrice e prima donna nera di origini asiatiche candidata per la presidenza degli stati Uniti e infine vice presidente. Partendo dal presupposto che non essendo ancora iniziata la sua campagna elettorale, negli States tutti si chiedono se Harris può vincere contro Trump. Il primo a porsi la domanda è stato Biden che, indicandola, si è dato una risposta affermativa. Il Public Policy Polling, istituto di sondaggi molto ascoltato dai Dem, Harris con uno dei due governatori Shapiro o Withmer, potrebbe conquistare i due swing state (stati in bilico), Pennsylvania e Michigan, determinanti nella corsa verso la Casa Bianca. E il tema più a favore della vice è l'aborto. 

I sondaggi condotti subito dopo il disastroso confronto tv di Biden contro Trump, citati dal Sole 24 Ore, mostravano un avanzare del tycoon su Biden e che Harris otteneva gli stessi risultati del presidente. Un rilevamento di YouGov condotto tra il 13 e il 16 luglio, rilevava che Biden perderebbe con Trump 41% a 43%, riservando a Harris una performance inferiore di due punti, mentre per un altro condotto dalla Cnn Harris sarebbe dietro Trump di due punti, Biden di 6. 

Il partito si stringe intorno a Harris

Un'altra indagine condotta da AP-NORC del Center for Public Affairs Research ha messo in rilievo come circa 6 democratici su 10 credono che Kamala Harris farebbe un buon lavoro come presidente, mentre 2 democratici su 10 non credono che lo farebbe. Due su 10 affermano invece di non saperne abbastanza. Per Politico tutto è ancora da scrivere, mentre il partito si è stretto intorno a Kamala Harris e, "tirando un sospiro di sollievo", ora, "per la prima volta in quasi un mese (dal dibattito in tv ndr), i democratici stanno entrando in una settimana senza alcuna disperazione assoluta riguardo alle loro prospettive elettorali".

Notizia tratta da tiscali.it
© Riproduzione riservata
22/07/2024 17:46:03


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