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Andrea Alberti: from Monterchi to San Francisco per i microchip del futuro

Un ingegnere aereospaziale che dalla Valtiberina é arrivato alla grande America

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Andrea Alberti é una delle eccellenze che dalla Valtiberina ha trovato la sua dimensione in America, come direttore di Saturno Notizie é per me un piacere intervistare dei miei coetanei che "che l'hanno fatta"

Dalla piccola Valtiberina alla grande America: al centro un lungo percorso di studio, quali sono state le principali tappe?

“Il percorso è cominciato nelle colline della Valtiberina, tra Monterchi, Caprese Michelangelo, Sansepolcro e Anghiari. I primi anni della mia formazione sono stati plasmati da questi paesi e dalle persone che li abitano, oltre che soprattutto dalla mia famiglia, senza la quale tutte le cose positive che sono riuscito a realizzare finora non sarebbero state possibili. Mi ritengo fortunato di essere nato e cresciuto in un contesto dove la semplicità e il rispetto per le tradizioni sono valori fondamentali. Anche il percorso di studi è partito dalla Valtiberina, con le scuole a Monterchi e Sansepolcro. Penso di avere avuto degli ottimi insegnanti, che hanno saputo ispirarmi e che sono stati in grado di trasmettermi la passione per l'apprendimento. Fondamentali sono state anche le amicizie maturate in quegli anni tra i banchi di scuola e i campi di calcio. Ancora oggi i miei amici più cari sono tra le persone conosciute allora. Il tragitto è continuato con gli studi universitari a Pisa, dove mi sono specializzato in ingegneria aerospaziale. Anche in quegli anni ritengo di essere stato fortunato grazie all'insegnamento di alto livello dei professori da cui ho imparato il mestiere ed ai preziosi legami con nuovi amici. La terza tappa del percorso mi ha portato negli Stati Uniti, dove ho conseguito un dottorato in ingegneria aerospaziale. La fortuna mi ha sorriso pure lì, in quanto ho avuto modo di affinare gli strumenti utilizzati nel mio lavoro, di fare nuove amicizie e, soprattutto, di conoscere mia moglie, che con amore e con il suo esempio mi sostiene e mi ispira ogni giorno. La strada che dalla Valtiberina mi ha portato all'America è ancora lunga, e non vedo l'ora di continuare a percorrerla costruendola”.

Perché la scelta è ricaduta su ‘ingegneria aerospaziale’?

“Sin da piccolo ho sempre affermato di voler diventare un ‘inventore’. Mi divertivo a giocare con le LEGO e insieme a mio fratello costruivamo navicelle spaziali da spedire tra castelli medievali e isole dei pirati. Appuntamento fisso in famiglia era la puntata settimanale di ‘Superquark’, un programma televisivo a cui sono molto affezionato. La rubrica che mi appassionava di più era quella sullo spazio. Sono sempre stato catturato dall'immensità delle galassie e dalla possibilità di trovare altre forme di vita fuori dalla terra. Inoltre, mi affascinano molto le tecnologie che hanno migliorato la nostra comprensione di ciò che è misterioso e che hanno portato alla realizzazione di innovazioni con un forte impatto sociale. Fin da bambino ero incantato dallo Space Shuttle, un miracolo della tecnica, uno dei macchinari più complessi creati dall'umanità, capace di sviluppare una potenza di oltre trenta milioni di cavalli per portare astronauti nello spazio. Questi sono gli ingredienti che mi hanno spinto a diventare un ingegnere aerospaziale, e grazie a tale formazione ho avuto il privilegio di maturare esperienze lavorative presso l'agenzia spaziale europea (ESA), Los Alamos National Laboratory e NASA. Ricordo con piacere l'anno trascorso a Parigi presso ESA, dove ho lavorato alla mia tesi, in quanto ha rappresentato il primo ingresso nel mondo del lavoro. Mi occupai del sistema propulsivo di un veicolo sperimentale per il rientro atmosferico chiamato ‘Intermediate eXperimental Vehicle’. Ovviamente il mio ruolo fu di dimensione modesta, ma nonostante questo conservo nella memoria le emozioni del Febbraio 2015, quando il lancio nello spazio ed il rientro nell'atmosfera terrestre si conclusero con un successo totale!”.

Di cosa si occupa in questo momento Andrea Alberti?

“Da qualche anno mi occupo di ricerca e sviluppo dei microchip del futuro, che rappresentano una delle tecnologie più sofisticate costruite dall'essere umano in quanto hanno raggiunto dimensioni così minute che per misurare le tolleranze bisogna considerare fenomeni quantistici. La prima metà di questo decennio ha evidenziato l'importanza strategica della filiera dei semiconduttori. Infatti, la pandemia e la conseguente interruzione dei trasporti intercontinentali hanno provocato una crisi globale a causa della scarsità di microchip, il cui deficit ha portato ad un'impennata dell'inflazione che ha messo in difficoltà le economie di tutto il mondo. O ancora, le recenti innovazioni nel campo dell'intelligenza artificiale generativa hanno introdotto al grande pubblico le potenzialità dei modelli di apprendimento automatico più sofisticati. Per queste ragioni, negli ultimi anni sono stati approvati in tutto il mondo diversi ‘Chips Act’ che rappresentano investimenti combinati a dodici cifre. Attualmente il mercato dei semiconduttori ha già raggiunto un valore comparabile al prodotto interno lordo dell'intera Svizzera e si stima che il suo valore possa arrivare a mille miliardi di dollari entro il prossimo decennio. Tali ingenti investimenti rendono la ricerca in questo settore particolarmente stimolante e gli sviluppi futuri nel campo della tecnologia dei semiconduttori avranno un impatto sociale profondo e trasformativo”.

Il futuro secondo lei è solamente nella tecnologia, nell’innovazione e nella continua ricerca?

“Tecnologia, innovazione e ricerca costituiscono solo una parte di ciò che definirà il nostro futuro. Qualsiasi comunità, che al suo nucleo non è composta da altro se non da esseri umani, è animata da diverse pulsioni e sentimenti. Innovazione e ricerca non scaldano i cuori, ma informano la qualità della vita. Affidarsi esclusivamente alla tecnologia ci espone al rischio di perdere la nostra umanità, ma trascurare innovazione e ricerca ci espone al declino. Questo vale tanto a livello globale quanto nei piccoli Comuni. Stiamo attraversando un periodo di profondi cambiamenti dovuti al declino demografico, al surriscaldamento globale, alle sfide alla gerarchia dell'ordine globale, alla sicurezza alimentare e idrica, alle disuguaglianze sociali, e così via. La soluzione di tali problemi deve necessariamente partire dall'innovazione. Non è realistico aspettarsi, ad esempio, di affrontare il surriscaldamento globale costringendo le persone a regredire a standard di vita di cento anni fa. Se troveremo una soluzione al surriscaldamento globale, sarà grazie a nuove tecnologie che al momento non sono disponibili. Similmente, il problema dello spopolamento dei nostri borghi medievali, a mio parere, non può essere risolto con semplici operazioni cosmetiche di manutenzione ordinaria per trasformarli in ‘campane di vetro’ per turisti, ma richiederà l'adozione di politiche coraggiose di lungo termine incentrate su tecnologie ed infrastrutture moderne. Tutto questo potrebbe attirare start-up ad alto contenuto tecnologico, generando posti di lavoro qualificati, oppure potrebbe incrementare la produttività delle piccole e medie imprese locali, rendendole più competitive e profittevoli sia per i proprietari che per i dipendenti. Alcuni esempi per la Valtiberina includono l'allocazione di finanziamenti per estendere la copertura della fibra ottica, o dell'internet satellitare dove il cablaggio non è possibile, a tutto il territorio invece che solo ad alcuni centri storici. Diffondere l'accesso ad Internet veloce a tutta la vallata potrebbe attirare chi lavora da remoto, oppure potrebbe incentivare giovani neolaureati ad aprire la loro start-up in un centro storico o nelle colline di Piero. Inoltre, si potrebbe valorizzare la vallata promuovendola come uno snodo ferroviario dell'Appennino centrale, con i benefici di trasferire il trasporto merci su rotaia e migliorare la mobilità della popolazione. Un ramo ferroviario nella zona industriale di Sansepolcro potrebbe facilitare le esportazioni e ridurre i costi di approvvigionamento. Questo avrebbe anche l'effetto collaterale positivo di diminuire il traffico su strada, contribuendo a ridurre l'inquinamento. La Valtiberina potrebbe connettersi tramite ferrovia a Roma, a Firenze e al porto di Trieste. Oppure, si potrebbe realizzare una centrale idroelettrica di ultima generazione con la diga di Montedoglio, la cui gestione abbasserebbe i costi energetici per gli abitanti della vallata”.

Prima, però, ricordiamo l’esperienza nel mondo NASA: come è avvenuto l’ingresso e qual è stato il suo impegno?

“L'esperienza alla NASA è stata straordinaria. Ho sempre nutrito grande interesse per l'esplorazione spaziale, affascinato in particolare dallo Space Shuttle, che nel 2011 ho visto da vicino insieme ad alcuni amici del Lions Club di Sansepolcro grazie all'invito dell'astronauta Roberto Vittori. Nel 2014 mi sono trasferito in America per un dottorato, ed il gruppo di ricerca del mio advisor ha una lunga storia di collaborazione con la NASA. Negli USA è abbastanza comune che ricercatori universitari stabiliscano contatti diretti con centri di ricerca, specialmente se facilitati dal proprio advisor. Per questo motivo, durante una conferenza decisi di avvicinare alcuni manager della NASA per condividere i risultati di un mio lavoro e propormi per un progetto di ricerca per l'estate successiva. Fortunatamente tutto procedette come sperato e poco dopo mi trovavo nella "Entry Systems and Technology Division" della NASA per lavorare al "Mars Sample Return". Si tratta di una missione che dovrebbe portare sul nostro pianeta alcuni campioni di rocce marziane per analizzarne la geologia e cercare tracce di forme di vita. Ovviamente il mio contributo al progetto è stato molto limitato, ma sono orgoglioso di essermi occupato della ottimizzazione di una nuova tecnologia per agevolare l'entrata della navicella spaziale nell'atmosfera di Marte”.

Ci può descrivere una sua giornata tipo oltre oceano?

“Le giornate lavorative tipo si dividono in due categorie, dal momento che posso lavorare da casa oppure andare in ufficio. Non abbiamo controlli severi, poiché ciò che viene valutato a fine anno sono i risultati conseguiti ed il rendimento. Di solito vado in ufficio quando ho riunioni o devo presentare i risultati del mio lavoro. La sede dell'azienda, che si chiama Lam Research, è in Silicon Valley, a sud della Baia di San Francisco. Il campus è molto bello, con ristoranti, palestra e spazi ricreativi. Posso lavorare anche da casa, in quanto mi servono soltanto un portatile e una connessione Internet veloce per accedere ad un supercomputer. Vivendo nel centro di San Francisco, quando lavoro da casa mi piace concedermi delle lunghe pause pranzo e passeggiare tra i grattacieli. In entrambi i casi il lavoro consiste nello studiare articoli scientifici e interagire con colleghi nel classico brainstorming in stile americano. Dopodiché proviamo a tradurre in modelli numerici nuove idee che, se funzionanti, possono essere trasformate in prototipi, sperimentate in laboratorio e, nel caso migliore, brevettate”.

Le manca la sua terra di origine e soprattutto come riesce a mantenere i legami non solo con la famiglia, ma anche con gli amici?

“Sì mi manca molto, ma sono felice anche qui. Uno dei principi a cui mi ispiro da sempre è "non puoi sapere dove vai, se non sai da dove vieni". So benissimo da dove vengo e ne sono orgoglioso. Per chi vive lontano dalla propria terra d'origine credo che dopo un po' l'orizzonte diventi il mondo, e quando, andando nel mondo, l'orizzonte si allarga, diventa fondamentale sapere chi si è, portando con sé i propri valori, permettendo agli altri di riconoscerci. Avere un forte senso di appartenenza significa vivere non solo i luoghi, ma anche la storia di una comunità. Appartengo fortemente alla mia terra d'origine, torno spesso e mi impegno a restare connesso con famiglia e amici. Il focolare familiare è sicuramente insostituibile e a volte la distanza è particolarmente dura. Ma oggi con l'aiuto della tecnologia non è difficile viaggiare e mantenersi in contatto con le persone care. Grazie a internet è facile anche tenersi informati su quanto accade in Valtiberina; mi piace seguire regolarmente gli aggiornamenti tramite Teletruria, oppure Saturno Notizie e a volte mi è capitato di conoscere qualche notizia prima dei miei genitori e di informarli per telefono!”.

Lei è uno di quelli. I grandi ‘cervelli’ italiani che emigrano oltre confine: può esserci una soluzione per invertire questa tendenza?

“È un tema che mi sta particolarmente a cuore. Chi mi conosce sa che sono un inguaribile ottimista. Questo non significa che io ignori la gravità di certe situazioni, ma credo che ogni problema possa trovare una soluzione. L'esodo di italiani che lasciano il Belpaese in cerca di un futuro migliore non è un fatto inedito. È già accaduto alla fine del 1800 e tra le due guerre mondiali. La storia non si ripete mai in modo identico e ci sono molte differenze. Ad esempio, allora la demografia italiana era molto vivace, mentre oggi il tasso di natalità è ai minimi storici (più basso di quello registrato durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale). Oppure, oggi la percentuale di italiani con alto livello di istruzione che emigrano è superiore rispetto al passato, tuttavia è importante ricordare che molti scienziati italiani si trasferirono negli USA per contribuire al progresso tecnologico americano durante il secondo conflitto mondiale. La loro partecipazione è ampiamente riconosciuta, come ho constatato durante l'esperienza al Los Alamos National Laboratory (sede del Progetto Manhattan durante la guerra). Con questo voglio dire che nonostante l'emigrazione e le distruzioni della guerra il miracolo economico italiano degli anni '60 ha gettato le basi per un periodo di benessere che è durato quarant'anni. Il nostro Paese si distingue ancora oggi come un forte esportatore, vanta una manifattura d'eccellenza, un sistema educativo di qualità, la più alta concentrazione di siti patrimonio dell'umanità, venticinque secoli di cultura, una biodiversità unica, moda e cibo che fanno invidia al mondo, uno stile di vita ed una qualità che tutti desiderano, oltre a paesaggi e opere d'arte che attirano milioni di turisti. E la lista potrebbe proseguire. Non vi è alcun motivo per cui un altro miracolo economico non possa realizzarsi. Serve la volontà politica di effettuare investimenti lungimiranti in settori strategici quali l'approvvigionamento energetico (dato che non abbiamo materie prime), nuove tecnologie (essenziali per guidare il progresso ed aumentare la ricchezza della popolazione), educazione (per sviluppare competenze che informeranno l'innovazione), infrastrutture (per migliorare i collegamenti interni e sfruttare la posizione al centro del Mediterraneo), solo per citarne alcuni”.

Che consiglio darebbe ad un giovane, prossimo ad approdare ad un percorso universitario, che persevera un particolare sogno?

“Nella vita ci vogliono coraggio, curiosità e voglia di fare. Durante un percorso universitario è importante valutare le opportunità future (prospettive di carriera, competenze più richieste), concentrarsi sullo sviluppo di capacità trasversali (pensiero critico, gestione del tempo) e mantenere un buon equilibrio tra studio e vita sociale”.

Quindi lo possiamo dire che il sogno americano esiste davvero?

“Chi ha talento e voglia di fare trova opportunità per realizzare i propri sogni. Negli Stati Uniti queste occasioni sono più frequenti, ma in ogni Paese libero e democratico chi si impegna e non si arrende può raggiungere il successo”.

Le piacerebbe, un giorno, poter tornare in Italia a fare ricerca?

“Mai porre limiti alla provvidenza! Non puoi sapere quali eventi ti riporteranno a casa”.

Davide Gambacci

Notizia tratta dal periodico l'Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
06/06/2024 12:16:36


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