Dracula, vampiro? Si’, ma (forse) anche vegetariano
Ipotesi accreditata ma senza certezze assolute
È passato alla storia come il vampiro più famoso. Stiamo parlando di Dracula, o del conte Dracula se preferite, personaggio immaginario risalente al XV secolo. La sua fama è tale che è divenuto persino oggetto di metafora: quando infatti, specie in politica, un individuo viene candidato per un ruolo istituzionale che crea un marcato conflitto di interessi dal punto di vista economico con le sue attività, si è soliti dire: “Sarebbe come se Dracula diventasse presidente dell’Avis!”. Ma di recente è venuta a galla una scoperta, in base alla quale il “nostro” sarebbe stato meno assetato di sangue, come da sempre è stato dipinto; in altre parole. Dracula sarebbe stato vegetariano, o comunque si sarebbe nutrito di sangue e di verdure. Il nobile rumeno Vlad III di Valacchia Hagyak noto come Vlad Tepes e con il patronimico di Draculea (ovvero “figlio del diavolo”), è colui che ha ispirato il personaggio di Dracula nel celebre romanzo di Bram Stoker, ambientato alla fine del XIX secolo.
È cronaca dello scorso mese di agosto: un articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Analytical Chemistry” ha presentato i risultati di un’analisi delle tracce di biomolecole ritrovate su tre lettere scritte proprio da Vlad Tepes. In base ai contenuti – e con le dovute cautele – non è assolutamente da escludere l’ipotesi che la sua alimentazione non comprendesse la carne, per necessità e mancanza di alternative. Il gruppo di indagine era in parte composto da ricercatori e ricercatrici del laboratorio di spettrometria di massa organica dell’Università degli Studi di Catania e ha rialimentato l’interesse per la paleoproteomica, ovvero l’analisi del complesso di proteine recuperate da resti di materiali paleontologici e beni culturali come oggetti personali, lettere autografe e altri documenti. Le tre lettere di Vlad III sono datate 1457 (la prima) e 1475 (le altre due) e l’analisi di esse ha fatto risalire e isolare miglia di peptidi, unione di due o più molecole di aminoacidi, che danno origine alle proteine. Quasi cento dei peptidi che potevano essere compatibili con una età di oltre 500 anni erano di origine umana e 2mila provenivano dall’ambiente. Ciò indurrebbe a concludere – queste le conclusioni del gruppo di ricerca – che Vlad III abbia potuto soffrire di emolacria negli ultimi anni della sua vita. Emolacria significa sangue prodotto nelle lacrime ed è probabile che il nobile abbia avuto problemi di infiammazione delle vie respiratorie e della pelle. Non vi sono comunque conclusioni sulla relazione fra queste condizioni e le caratteristiche del personaggio di Stoker. Stando ai risultati dello studio, è da supporre che le proteine antiche più importanti siano correlate a Vlad III e la lettura dei dati – analizzando le migliaia di peptidi non umani, da ricondurre a batteri, virus e funghi – ha ricostruito le condizioni ambientali della Valacchia, regione che attualmente è collocata nel sud della Romania e che nella seconda metà del XV secolo ha vissuto un clima particolarmente freddo in Europa. In Valacchia si incontravano soldati, schiavi e mercanti che provenivano da tutta Europa e dal Medio Oriente: ciò potrebbe spiegare la circolazione anche di malattie e di epidemie, oltre che di commerci e culture. È stato Gleb Zilberstein, israeliano di origini kazake inserito fra l’equipe di studio, a recuperare le tre lettere di Vlad III negli archivi della città rumena di Sibiu; due di esse erano in perfette condizioni e ciò – ha detto lo studioso al “Guardian” – ha permesso di reperire informazioni maggiori sulle condizioni ambientali, sulla salute, sullo stile di vita e sull’alimentazione del personaggio al quale appartenevano le molecole. Più avanti, al noto quotidiano inglese “Times”, sempre Zilberstein aveva rilevato con stupore l’assenza di proteine alimentari di origine animale fra i campioni analizzati; tutti i peptidi rinvenuti nei campioni e da associare all’alimentazione umana erano provenienti da frutta e verdure e da alcune tracce che riconducevano a funghi e moscerini della frutta. Conclusione di Zilberstein: Vlad III si sarebbe alimentato non di carne, ma soltanto di verdura e di frutta piuttosto matura, a causa del condizionamento generato dal clima atmosferico freddo dell’epoca e dalla scarsità di cibi molto proteici che c’era in Valacchia. «Il prototipo del vampiro potrebbe essere stato vegetariano o vegano»: così aveva detto Zilberstein e questo non per una precisa scelta di natura etica, quanto per motivi di salute o perché oggettivamente non vi erano alternative alimentari. La tesi dei bioarcheologici era in tal senso chiara: i nobili seguivano una dieta molto povera e la carne non si mangiava spesso. Per capire meglio i risultati di determinate analisi, occorre fare riferimento a nozioni di biologia, soffermandosi sulla proteomica, cioè la branca della biologia molecolare che studia come le diverse proteine codificate dagli specifici geni interagiscano negli organismi viventi. Come si sa, ogni proteina ha delle proprie caratteristiche determinate dalle catene di aminoacidi delle quali si compone e dalla forma che assumono; a ognuna di queste forme è associata una funzione fra le tante che svolgono le proteine negli esseri viventi. La proteomica è quella branca che studia le relazioni fra le proteine, il motivo per il quale si ripiegano e le loro funzioni. Gli spettrometri di massa servono per la selezione e lo studio le migliaia di tipi di proteine che si trovano all’interno di un campione; lo studio del complesso delle proteine espresse da un determinato organismo (proteoma) permette di comprendere i meccanismi alla base della insorgenza delle malattie e di individuare gli indizi; le proteine hanno la tendenza a degradarsi più lentamente del dna e possono mantenersi invariate per milioni di anni; un gruppo di scienziati utilizza da una ventina di anni gli strumenti della proteomica su opere d’arte e reati archeologici: studi di questo tipo hanno consentito in ultimo la raccolta di informazioni biologiche, vedi i sottilissimi strati di colla di pesce su sculture religiose del XVII secolo e denti da latte umani in fosse di resti fossili risalenti al Neolitico. Sebbene metodi e strumenti siano migliorati con il tempo, la proteomica ha ancora i suoi limiti: il primo è la conservazione dei materiali e il fatto che il legame fra proteine e minerali sia un processo complesso e non ancora studiato in forma sistematica nei contesti archeologici; il secondo è relativo alla fragilità stessa dei materiali e ai danni provocati da alcune tecniche di campionamento; il terzo punta l’indice contro l’incompletezza dei database di riferimento per individuare le proteine antiche – a volte danneggiate – nei materiali archeologici, il che può aumentare le probabilità di incorrere in falsi positivi e in falsi negativi.
Stando dunque a quanto emerso in ultimo, Vlad III avrebbe condotto una vita diversa da quanto descritto dal romanziere Stoker. Vampiro sì, ma non troppo. La trama di Dracula è imperniata sul giovane avvocato Jonathan Harker, inviato nel 1890 in Transilvania dal suo capo, Peter Hawkins, per curare l’acquisto di un’abitazione a Londra fatto da un nobile rumeno. Questo nobile altri non è che il conte Dracula. Il giovane si ritrova in un mondo caratterizzato dal potere delle superstizioni: la gente cerca di scoraggiarlo dal recarsi dal conte, del quale verrà scoperto l’oscuro segreto, ossia quello di essere un mostro che si nutre del sangue dei viventi e che ora vorrebbe fare altrettanto in Inghilterra. Nel castello girano di notte anche tre donne vampiro, una delle quali prova a mordere l’avvocato. L’azione si sposta in Inghilterra, con lo scambio di lettere fra Mina Murray, fidanzata dell’avvocato e Lucy Westenra, una cara amica. Mina, in attesa del ritorno di Jonathan, va a soggiornare a Whitby con Lucy e la sua famiglia e comincia tutta una serie di fatti strani: il sonnambulismo e gli strani comportamenti dell’amica, più il rocambolesco arrivo a Whitby di una nave il cui capitano viene ritrovato morto e legato al timone. Una serie di comportamenti anomali e di figure strane (un grosso cane inferocito, una demone che infesta la nave e Lucy che porta sul collo i segni inequivocabili lasciati dal vampiro) sono gli indizi che riconducono all’arrivo del conte Dracula in Inghilterra. Sembra che l’associazione con il sangue sia dovuta al soprannome di Tepes, l’impalatore. Uno dei modi più efferati per uccidere i suoi nemici sarebbe stato proprio il tormento del palo; avrebbe poi amato passeggiare e banchettare vicino ai cadaveri: ecco perché è nata attorno a lui la leggenda della sua sete di sangue che lo avrebbe reso colpevole agli occhi di Dio e punti con la dannazione eterna nelle vesti di creatura della notte. Ma è chiaro che l’immagine di Dracula da noi conservata resta quella classica del vampiro, come ci hanno da sempre presentato la letteratura e il cinema, anche se ora le indagini potrebbero rivelare una identità diversa di questo personaggio.
Giulia Gambacci
Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.
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