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Roberto Saviano a processo per diffamazione ai danni di Salvini:

“Fiero di essere imputato”. Lo scrittore in aula alla prima udienza del procedimento

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Roberto Saviano all’attacco di Matteo Salvini. Anche se è lo scrittore napoletano a presentarsi da imputato alla prima udienza del processo nato dalla querela per diffamazione dell’allora ministro dell’Interno, oggi vicepremier e ministro delle Infrastrutture. Nel 2018, in un post sui social, Saviano aveva definito Salvini il «ministro della mala vita», citando una definizione che Gaetano Salvemini riservò a Giovanni Giolitti, «perché utilizzava il Sud Italia come bacino di voti, dimenticandolo una volta vinte le elezioni», spiega l’autore di Gomorra, prendendo la parola nell’aula del tribunale di Roma per una dichiarazione spontanea. «Peraltro, la differente caratura politica e intellettuale tra i due (Giolitti e Salvini, ndr) è evidente», ironizza. Poi l’accusa diretta al vicepremier leghista: «L’Italia è l’unico caso in cui il potere esecutivo chiede al potere giudiziario di fermare il dissenso – spiega - L’unico obiettivo di questa denuncia è quello di intimidirmi e spingermi a lasciare l’Italia, come molti in rete hanno auspicato che facessi dopo l’esito delle ultime elezioni». Nel suo intervento, Saviano ha ribadito il senso delle sue critiche nei confronti del leader della Lega, della sua abitudine a «creare bersagli, come ha fatto con i disperati che scappano dalle guerre o con me, proponendo di togliermi la scorta».

Il 1 giugno tocca a Salvini

Salvini non era presente in aula, ma potrebbe partecipare alla prossima udienza, fissata per il prossimo 1 giugno, quando il giudice ha previsto l’esame della parte offesa. «Non sono sicuro che verrà davvero, ma ci spero – dice con una smorfia Saviano, al termine dell’udienza – magari tra 4 mesi gli farà comodo questo palcoscenico e ci incontreremo». Intanto, sono state ammesse entrambe le liste dei testimoni di accusa e difesa, in quella presentata dall’avvocato di Salvini c’è anche l’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, all’epoca dei fatti capo di gabinetto al Viminale. Tra l’altro, Saviano rivela un dettaglio «a mio avviso molto grave», cioè che «la denuncia mi è arrivata su carta intestata del Viminale, come a dire che, se critichi il ministro, poi te la devi vedere con il ministero». A giugno (il 27), oltre al secondo round con Salvini, per lo scrittore è prevista anche un’altra udienza del processo in cui è imputato per diffamazione ai danni della premier Giorgia Meloni: lei e lo stesso Salvini erano stati definiti “bastardi” da Saviano, durante un’intervista a “Piazzapulita” su La7, in relazione alle loro presunte responsabilità sulle morti in mare dei migranti e, in generale, alle politiche migratorie del centrodestra. Per questa vicenda Salvini, che inizialmente non aveva presentato querela, ha tentato invano di costituirsi parte civile, senza che ce ne fossero più i presupposti. Al tribunale civile, poi, Saviano deve difendersi dalla querela fatta dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, di cui aveva aspramente criticato la nomina alla direzione del Tg2.

Al termine dell’udienza, lo scrittore commenta anche le rivelazioni del deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, che ha reso pubblici i colloqui in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e alcuni esponenti della criminalità organizzata («uno è il casalese Di Maio, del clan Bidognetti, che io conosco bene»). «Donzelli ha sbagliato a strumentalizzare in quel modo – dice - ma ci ha aiutato involontariamente a capire che le mafie cercano di sfruttare le debolezze del sistema giudiziario, come questa errata carcerazione al 41bis di Cospito, per trarne vantaggio».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
01/02/2023 20:03:16


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