C’era una volta la nostalgia del migrante ed emigrante
A San Piero i nostri emigranti in Svizzera diedero impulso all’edilizia
Siamo alla fine del mese di novembre, il mese in cui un tempo da noi mezzadri cambiavano podere o migravano da noi nell’Appennino verso la pianura. Ricordo un articolo che uscì sull’Espresso negli anni sessanta in cui frequentavo il classico a Forlì parlava di esodo biblico dell’Appennino forlivese e questi ricordi me li ha risvegliati una poesia di una bella ragazza alla quale avevo fatto scuola per farle superare l’esame della conoscenza della nostra lingua e della quale non potevo non leggere negli occhi la malinconia. Che le creava il ricordo della sua terra. I suoi occhi mi ricordavano le parole di una mia compagna delle elementari migrata verso la Romagna come si diceva da noi nel ricordo di quando eravamo Toscana. La stessa malinconia ho ritrovato quando realizzai il primo gemellaggio con la Lorena in Francia, terra ricca di famiglie di emigranti italiani della prima generazione cioè degli inizi del 1900 e soprattutto del mio Comune. Nel primo viaggio fatto in quella realtà, il primo incontrai fu un giovane che in dialetto ci disse “ me so ed Bagne”. Le sorprese non erano finite. Ricordo il giovane Fossati, emigrato lì dal Piemonte. Il suo bis nonno già emigrato in quella regione aveva combattuto nelle truppe di Napoleone III, nel 1859 nella seconda guerra di indipendenza e conservava ancora la medaglia al valore che l’imperatore gli aveva dato. Mai allora avrei immaginato di scoprire che il sindaco di quel piccolo paese aveva i genitori nativi di san Donato di Santagata Feltria. E nemmeno che visitando la stazione di Metz avrei trovato il ricordo delle sorelle di mia nonna, contadine, emigrate in Alsazia e Lorena sempre in Francia, come zappatrici per la costruzione della ferrovia che avrebbe unito Basilea con la Germania di cui dopo la sconfitta di Napoleone III la città di Metz aveva presa a far parte. La stessa nostalgia ho incontrato ogni volta che ho visitato il cantone san Gallo o quello dell’Argau, o altrove se con mia figlia piccola, quando viaggiando, attraverso la Svizzera, con l’auto targata: “FO”, allora capivo di incontrare persone che avevamo avuto rapporti con emigranti romagnoli che poi le avevano invogliate a passare le ferie sulla riviera romagnola. Tutto mi riporta a ricordare racconti che poi ho ritrovato quando ho fatto una ricerca sull’emigrante nel mio comune ma aprirei un capitolo di un libro. Credo che basti dire che a San Piero i nostri emigranti in Svizzera diedero impulso all’edilizia acquistando appartamenti in case in costruzione nell’attesa di un rientro se ci fosse stato l’occasione di una occupazione sicura anche se con una paga inferiore
Valter Rossi
Romagnolo doc, ex insegnante al liceo scientifico Augusto Righi di Cesena, nato a Bagno di Romagna e laureato in lettere moderne all’Università di Firenze e in sociologia ad Urbino. Nel 1982 ha usufruito di una borsa di studio dell’Unione Europea, sulla Geografia Economica svoltosi a Berlino in Germania. In collaborazione con l’ANED ha curato la testimonianza sul passaggio del fronte in Romagna e sulla vita dei militari nei campi di concentramento. Assessore dal 1980 al 1985 a Urbanistica e Cultura del Comune di Bagno di Romagna e vice Presidente delle ex Comunità Montana Cesenate. Autore di diversi libri, ha pubblicato: La Memoria e la Speranza, Generazione Superstite, Donne Schizzate e storia di San Silvestro in Fontechiusi. La sua ultima opera: Taccuini di Viaggio.. redazione@saturnonotizie.it
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