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Galleria della Guinza, storia della grande incompiuta

Lo scarso peso politico e la litigiosita’ del comprensorio alla base dell’attuale situazione

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Si chiama Guinza ed è una frazione o – se preferite – una semplice località – del Comune marchigiano di Mercatello sul Metauro, distante poco più di 30 chilometri dall’Alta Valle del Tevere attraverso la statale 73 bis di Bocca Trabaria. Un piccolo nucleo che sarebbe rimasto conosciuto solo per la gente del circondario se ad esso non fosse stata legata la questione della galleria che porta il suo nome e che attualmente diventa l’incompiuta di quella che si inquadra a sua volta come la grande incompiuta, ovvero la E78, detta anche la superstrada dei “Due mari”, oppure la Grosseto-Fano. Questa arteria trasversale, inserita nella rete degli itinerari di rilevanza europea (la lettera “E” significa proprio Europa), ha una storia così lunga da arrivare a sfiorare oramai i 60 anni: diversi pezzi sono a posto, ma altri hanno a malapena una indicazione di progetto e per la parte che attraversa l’Alta Valle del Tevere, dopo tante ipotesi e diatribe sul tracciato che però non hanno portato ad alcuna conclusione, si potrebbe profilare a una E78 a due corsie proprio nel tratto che dallo svincolo della E45 di Selci Lama arriva alla galleria e prosegue da Mercatello in poi, dove peraltro anche lì (fino a Santo Stefano di Gaifa) è una strada ancora fantasma. Tempi troppo lunghi? Mancanza di soldi o che altro? Sta di fatto che in Umbria è stato intanto realizzato il cosiddetto “Quadrilatero” e che la canna della E78 finora ricavata – e di fatto sospesa nel vuoto per la mancanza di una viabilità di raccordo – potrebbe rimanere (ma diciamolo tranquillamente: rimarrà) l’unica percorribile. Una soluzione che potrebbe rivelarsi comunque sufficiente e senza dubbio più comoda per l’attraversamento della dorsale appenninica, garantendo in pochissimi minuti il salto dall’Umbria alle Marche con aggiramento del valico di Bocca Trabaria (ancora chiuso al momento per la frana del marzo 2018), che specie in inverno non è cosa da poco. L’inchiesta che dedichiamo alle vicende della Guinza fa pertanto capire quale tipo di opportunità sia stata persa dalle istituzioni del territorio a causa della loro litigiosità.

IL SESTO TRAFORO PIU’ LUNGO D’ITALIA (IN TEORIA) GIA’ NELLA MENTE DI AMINTORE FANFANI

Per questione di metri, il traforo della Guinza non arriva alla lunghezza di 6 chilometri: 5960 metri è infatti la misura esatta, che teoricamente la porrebbe al sesto posto nella graduatoria delle gallerie italiane, ma questo riconoscimento sarà tale solo quando entrerà in esercizio. Collega l’Umbria dal versante del Comune di San Giustino (la località è quella di Parnacciano) con le Marche, sfondando appunto nella frazione di Guinza, a Mercatello sul Metauro. La sua caratteristica? È rigorosamente rettilinea: il punto di riferimento adoperato dai costruttori è stato infatti un raggio laser. Da 15 anni (era infatti il 2004), il tunnel è completato: il problema è che esiste soltanto la canna, proprio perché – come già ricordato – non vi è una E78 di collegamento: si dovrebbe salire da Parnacciano fino al tunnel (da sempre, si percorre una stradina tortuosa), poi uscire alla sommità dello stretto canalone del torrente Sant’Antonio, dove si trova il nucleo di Guinza, a quota 650 metri sul livello del mare e dove la strada manca totalmente. La storia di questa opera risale agli anni Ottanta, quando però nel progetto era prevista la doppia canna. Già nel dopoguerra, tuttavia, Amintore Fanfani aveva pensato una soluzione di questo tipo per i collegamenti trasversali, sempre più problematici in Italia rispetto a quelli longitudinali e negli anni Sessanta l’aveva appoggiata in pieno. Si arriva così al 1989 - trent’anni fa esatti – quando l’Anas rileva il progetto dalla Provincia di Pesaro (oggi Pesaro e Urbino) e inizia lo scavo. Tre gli stralci nei quali viene suddivisa la sua realizzazione, con stanziamento di oltre 100 miliardi di lire e con gli iniziali 35 prelevati dalla legge per la ricostruzione del Friuli, colpito dal terremoto del maggio 1976. L’anno successivo, il 1990, è quello in cui si comincia a lavorare fattivamente; primo intervento: il cosiddetto “foro pilota”. Una festa di inaugurazione accompagna il primo atto della Guinza e nel 1994 il foro è completato. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo: fallisce la Sir Spa, azienda aggiudicataria dell’appalto e allora tutto rimane bloccato per sei anni. Si riparte nel 2000, quando il cunicolo viene allargato e i costi inevitabilmente aumentano; nell’aprile del 2003, la galleria a canna unica sarebbe stata pronta, con la sola eccezione dei rivestimenti definitivi e degli impianti tecnologici, due voci comprese nel terzo e ultimo stralcio. In quella circostanza – era esattamente il 14 aprile 2003 – l’Anas annuncia l’abbattimento del diaframma e il presidente di allora, Vincenzo Pozzi, parla di una fra le gallerie più tecnologicamente avanzate d’Italia nel corso di un convegno che si tiene il 14 giugno. Intanto, la tragedia del 24 marzo 1999 dentro il tunnel del Monte Bianco (incendio di un autoarticolato, galleria trasformata in un forno e 39 persone morte) suggerisce un nuovo importante accorgimento a livello di sicurezza: la presenza di una canna parallela come via di fuga, proprio per evitare che situazioni del genere non si ripetano più.

L’AVVENTO DEL “QUADRILATERO”

C’è comunque un altro ostacolo più grande che subentra: la mancanza del necessario finanziamento, che si combina con la scelta politica chiave, quella della legge obiettivo del 2001, che assegna la priorità al ribattezzato “Quadrilatero Marche-Umbria”, un sistema viario anch’esso trasversale collocato più a sud e avente per “angoli” le città di Perugia, Ancona, Civitanova Marche e Foligno. Non a caso, oggi il “Quadrilatero” è in larghissima parte realizzato e prossimo alla conclusione, mentre alla Guinza e in Alta Umbria tutto è fermo da 15 anni. Abbandono e disinteresse verso la E78 sono così palesi che alla fine i sindaci e le pubbliche istituzioni raggiungono l’imbocco della Guinza per organizzarvi iniziative dall’intento provocatorio, vedi feste di Capodanno o “rave party”. I “Guinza day” sono diversi e per tre giorni, nel settembre del 2010, si registra anche l’occupazione da parte dei presidenti delle tre Province interessate: Matteo Ricci per quella di Pesaro e Urbino, Marco Vinicio Guasticchi per quella di Perugia e Roberto Vasai per quella di Arezzo. Più di uno i presidi organizzati da Gianluca Cirignoni, ex consigliere regionale umbro (dapprima in rappresentanza della Lega), che tanto si batte anche adesso per uno sblocco definitivo della questione. È nato nel frattempo anche il comitato intervalle “Apriamo la Guinza”, che vede assieme i cittadini di Alta Valle del Tevere umbra e toscana, Alta Valle del Metauro e Valle del Foglia e che raccoglie qualcosa come 3500 firme. La galleria resta ferma e la sua utilità si limita a quella di segheria per un boscaiolo del posto, non dimenticando che era stata ipotizzata pure la soluzione di una cantina per la stagionatura dei prosciutti.     

I COSTI SOSTENUTI E LE CARENZE ANCHE A LIVELLO DI FONDI

Riassumendo: il tunnel “grezzo” c’è, anche senza la richiesta canna parallela divenuta obbligatoria dopo la sciagura nel traforo del Monte Bianco. “Per l’apertura al traffico, dobbiamo mettere gli impianti e realizzare una via di fuga – aveva detto l’ingegner Domenico Petruzzelli, responsabile della progettazione di Anas in una inchiesta video del Corriere della Sera effettuata nel maggio del 2016 – e stiamo studiando la soluzione migliore, valutando la possibilità di un sistema molto robusto di spegnimento degli incendi”. Sulla strada e sulle difficoltà sopraggiunte, l’ingegner Petruzzelli era stato chiaro: “La strada di collegamento attuale sul versante umbro deve essere adeguata con la variante. Non solo: mancano 10 chilometri da una parte per arrivare allo svincolo della E45 di Selci Lama e addirittura 30 dall’altra, quelli che separano Mercatello sul Metauro da Santo Stefano di Gaifa”. Dal momento che la tragedia nella galleria del Monte Bianco si è verificata nel 1999 e che i lavori sono ripresi nel 2000, il giornalista Sergio Rizzo ha giustamente chiesto: perché non si è pensato al cunicolo di fuga? Risposta dell’ingegner Petruzzelli: “L’idea della seconda canna è stata portata avanti, ma allo stato attuale la sua costruzione risulta molto onerosa a livello economico e anche l’analisi costi-benefici non va di certo in questa direzione”. E poi, anche da parte sua, la candida ammissione: “Nel frattempo, i soldi hanno imboccato un’altra direzione per i collegamenti trasversali. Ci si è concentrati sul discorso “Quadrilatero”, per cui il progetto della E78 è stato relegato in secondo piano. È anche vero che non siamo più nel periodo dei lavori mastodontici e per il completamento della Grosseto-Fano ci vorrebbero 4 miliardi di euro, quindi si sta cercando una soluzione più “leggera”, che non superi il miliardo e 800 milioni”. Il dato di fatto resta inconfutabile: 150 milioni di euro spesi finora per una galleria della Guinza ancora chiusa e con l’erba sempre più alta davanti. La promessa di un completamento dei lavori è stata rifatta, con scadenza tassativa il 2020 per esecutività dei progetti: speriamo che ora, alle parole, seguano veramente i fatti. Intanto, a fine novembre 2018 la Procura della Corte dei Conti delle Marche ha avviato una indagine sulla costruzione del traforo della Guinza, tendente a dare una spiegazione sulle tante risorse pubbliche che la galleria ha comportato. Risorse spese per ottenere al momento un risultato uguale a zero. Ovviamente, l’inchiesta prende in considerazione lo stato della galleria: abbandono, mancato completamento e assenza di manutenzione, con le pareti deteriorate e caratterizzate da infiltrazioni di acqua.

LA SOLUZIONE ALTOTIBERINA DELLE DUE CORSIE E DELLA CANNA UNICA

Più tentativi di riprendere in mano la questione, anche da parte dei governi nazionali che si sono succeduti a Palazzo Chigi: ci aveva provato nel 2009 lo scomparso Altero Matteoli, che allora ricopriva la carica di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il quale aveva parlato di ripresa dei lavori in tempi brevi, ma anche questo è stato alla fine un tentativo andato a vuoto. Solo in ultimo la questione è stata ripresa di petto: nel 2018, Anas si è concentrata in modo esclusivo sul tratto tra Parnacciano e Mercatello sul Metauro; il progetto definitivo prevedeva l’apertura della galleria della Guinza e della restante parte dell’infrastruttura già realizzata in territorio marchigiano a unica carreggiata, con doppio senso di marcia e con immissione temporanea del traffico nella viabilità ordinaria, lungo la strada comunale passante per Mercatello, via Ca’ Lillina. Il progetto è passato al vaglio del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nello scorso novembre, con una chiara indicazione: quella di riprendere la vecchia progettazione a due carreggiate, che quindi prevede la realizzazione della seconda canna della galleria della Guinza. Da parte di Anas, vi sarebbero stati 310 milioni di euro a disposizione. Tuttavia, nel maggio del 2018 - quindi sei mesi prima dell’incontro romano - l’ingegner Raffaele Celia, capo compartimento Anas di Toscana, Umbria e Marche, aveva tenuto un’audizione davanti alla seconda commissione del consiglio regionale dell’Umbria, evidenziando la decisione di trasformare quel tratto della “Due mari”  in una normale strada a due corsie. “Il traforo della Guinza – aveva spiegato l’ingegner Celia – è stato terminato in un periodo nel quale le normative europee sulla sicurezza erano diverse; oggi, invece, per avere il doppio senso di marcia occorrono dotazioni di ventilazione e monitoraggio, cartellonistica e vie di fuga. L’apertura sarà quindi parziale, forse per i veicoli leggeri oppure a fasce orarie e con transito a senso alternato fra veicoli leggeri e pesanti; sono disponibili 60 milioni di euro e il bando per l’affidamento dei lavori verrà pubblicato entro l’anno in corso (2018 n.d.a.), poi per l’ok al traffico si dovranno attendere due anni. Bisognerà valutare, al completamento della Perugia–Ancona – ha aggiunto il capo compartimento Anas -  se il traffico effettivo sulla Guinza dovesse giustificare un intervento di adeguamento che permettesse il doppio senso di marcia. Il collegamento fra la Guinza e Selci Lama, fino all’intersezione con la E45, dispone già di 100 milioni di euro, dopo l’abbandono del progetto delle 4 corsie su tutto l’itinerario. Nel giro di pochi anni – ha concluso Celia - l’obiettivo è quello di aprire al traffico il collegamento con la Orte-Ravenna. L’antropizzazione della zona e la natura del terreno consiglierebbero di adeguare la strada provinciale che già esiste”. Anno stabilito per l’apertura: il 2021. E passiamo alle fresche novità, datate 2019: lo scorso 2 marzo, nel corso dell’incontro politico tenutosi a Sansepolcro e indetto dal Partito Democratico della Valtiberina, l’assessore regionale toscano alle infrastrutture e alla mobilità, Vincenzo Ceccarelli, è entrato nell’argomento E78 adoperando il termine di “scelta definitiva” del tracciato che dovrà attraversare l’Alta Valle del Tevere fino al traforo della Guinza, rientrante nel piano pluriennale 2016-2020 dell’Anas . Pertanto, da Le Ville la strada si snoderà lungo la valle del Sovara con uno sviluppo pedemontano a ridosso della collina di Citerna (niente galleria, quindi) e con prosecuzione verso lo svincolo della E45 di Selci Lama, peraltro già predisposto per il sottostante passaggio della Grosseto-Fano; da qui in poi, riduzione dell’arteria da quattro a due corsie. Anche in questo caso, la rinuncia alle quattro corsie aveva alimentato non poche polemiche, dal momento che si sarebbe dovuto ripiegare sulla sistemazione della provinciale n. 200 per trasformarla in strada extraurbana secondaria di tipo C2/C1 (C1 significa a traffico sostenuto, mentre C2 a traffico limitato) a due corsie di marcia larga fra i 9,5 e i 10,5 metri, con piccoli centri (Renzetti è uno di questi) che verrebbero bypassati a monte attraverso le gallerie. Alla resa dei conti, dunque, in Alta Valle del Tevere avremo una “Due mari” che entra da Le Ville a quattro corsie, arriva a intersecarsi con la Orte-Ravenna e poi prosegue verso la Guinza a due sole corsie, come se insomma fosse una vecchia statale  Una soluzione ritenuta logica, oltre che meno costosa e di compromesso, perché intanto salva Guinza e continuità della E78 e perché poi sarà comunque in grado di reggere i flussi di traffico lungo l’asse di una superstrada che in questo tratto vivrà in primis di traffico locale, o comunque di traffico non sostenuto. Questa la previsione di fondo. Perché insomma prevedere quattro corsie quando allo scopo ne servono due?

LO SCARSO PESO POLITICO E LA LITIGIOSITA’ DEL COMPRENSORIO ALLA BASE DELL’ATTUALE SITUAZIONE

Arriveremo a vedere la E78 finita? È la battuta (ma mica poi tanto!) che spesso gira fra chi ha superato la cinquantina, visti i tempi biblici di questa strada di grande comunicazione, ideata per unire il Tirreno con l’Adriatico. E se le corsie sono per un tratto due, pazienza! Immaginate il risparmio di tempo nel recarsi verso l’Adriatico, con una galleria di 6 chilometri che risolve almeno tre quarti d’ora di serpentine sulla strada di Bocca Trabaria. Ciò significa che il mare sarebbe assai più vicino (perché la distanza si calcola in tempi e non in chilometri), ma una viabilità più comoda potrebbe avviare rapporti economici fra aziende che al momento sono più lontane. In altre parole, creare opportunità. Il problema è che la vicenda della “Due mari” ha messo sostanzialmente a nudo lo scarso peso politico di un intero comprensorio - quello dell’Alta Valle del Tevere tosco-umbra, senza confini – che paga la posizione geografica marginale rispetto al contesto delle due regioni di appartenenza, la limitatezza demografica (che diventa di conseguenza un handicap anche a livello di bacino elettorale) e anche una forma di negligenza – e di sostanziale ingenuità – nel comportamento che ha prodotto non soltanto 15 anni di immobilismo, ma che ha offerto sul classico piatto d’argento - a chi è stato il manovratore della situazione - la giustificazione legittima di una decisione forse già presa sul piano politico. Che il “Quadrilatero” potesse essere più appetibile per i politici umbri era in fondo prevedibile: dal lago Trasimeno fino a Ponte San Giovanni, con breve ingresso nella E45 e uscita in direzione di Valfabbrica, ma anche da Perugia a Foligno con deviazione per Macerata e Civitanova, il territorio regionale è attraversato assai di più – e oltretutto passa dai centri nevralgici dell’Umbria – per cui i circa 13 chilometri di fugace E78 che toccano un piccolo pezzo di parte nord stretta fra Toscana e Marche avrebbero significato ben poco. Vi era, comunque sia, un vantaggio: quello temporale, ovvero il fatto che i lavori della Guinza fossero comunque iniziati prima. Semmai, il problema era un altro: come arrivare alla Guinza da Le Ville di Monterchi. Ed è su questi chilometri di strada che l’Alta Valle del Tevere – diciamolo francamente – ha fatto il clamoroso autogol: anni e anni di diatribe e litigi fra amministrazioni comunali, che da una parte sostenevano l’importanza strategica della E78, dall’altra però avanzavano tutti le giuste ragioni secondo le quali non avrebbe dovuto passare per il loro territorio. Erano i primi anni 2000 quando i sindaci di Citerna e di Monterchi cominciarono ad alzare i toni: il primo, Claudio Serini, era contrario alla quattro corsie lungo la valle del Sovara e al tunnel sotto la collina del paese; il secondo, Gabriele Severi, sosteneva che la Valcerfone era a rischio per la legge Sarno. E giù con la costituzione di comitati da una parte e dall’altra. Stessa musica sul versante successivo, divenuto una sorta di “braccio di ferro” fra San Giustino e Città di Castello, con protagonisti l’allora primo cittadino sangiustinese, Daniela Frullani e i due che si avvicendarono a Città di Castello, Adolfo Orsini fino al 2001 e Fernanda Cecchini da quel momento in poi. Anche in questo caso, superstrada sopra o sotto Cerbara, sopra o sotto Selci Lama, con prese di posizione a volte così decise che alla fine, con un intento provocatorio ma non troppo, il sindaco di Sansepolcro, Dario Casini, uscì con una dichiarazione: “Se San Giustino e Città di Castello non trovassero un accordo, sono pronto a far transitare la E78 in territorio biturgense, a costo di farla coincidere fino a Selci Lama con la E45”. A quel punto, il buon Orsini si risentì: “La E78 sarà una superstrada e non una circonvallazione”, ebbe a dire. Ma intanto, non si arrivava a una soluzione; incontri, convegni e dibattiti a ripetizione, con un’unica morale della favola: che alla fine ognuno non si scardinava dalla posizione assunta. Anzi, la sensazione a un certo punto percepita fu quella di un sostanziale temporeggiamento da parte dei sindaci per fare in modo che la “patata bollente” passasse nelle mani dei successori. Alla guida della Regione dell’Umbria, in quel periodo, c’era Maria Rita Lorenzetti, che pure aveva un rapporto buono con l’Alta Valle del Tevere e che anche per la E78 fece più di un tentativo di conciliazione fra le parti, ma – essendo di Foligno – non avrebbe potuto voltare la spalle al progetto del “Quadrilatero”. È allora plausibile dedurre che le scaramucce sul tracciato in Alta Valle del Tevere possano aver alla fine convinto gli amministratori e le forze politiche della Regione a orientarsi verso un’altra scelta e un’altra zona, dove le comunità locali erano tutte d’accordo e che quindi, se anche avessero avuto in mente il disegno politico di favorire il “Quadrilatero” rispetto alla Grosseto-Fano, questa situazione avrebbe comunque avallato il loro operato. Della serie: se in Alta Valle del Tevere i tempi si allungano perché le amministrazioni non si trovano d’accordo, noi non possiamo star lì più di tanto a sperare che facciano pace e a congelare altri progetti. Optare per il “Quadrilatero”, al di là del fatto che rientrasse più o meno nei loro obiettivi, era divenuto quindi scontato, logico e tutto sommato anche giusto. Ecco la grande occasione persa per l’Alta Valle del Tevere. E non è nemmeno il caso di imprecare o di fare vittimismo, perché se l’è andata a cercare in tutte le maniere. Il prosieguo è stata la riprova: da 15 anni, la E78 esiste all’atto pratico solo a livello di chiacchiere e anche i concorsi di idee su scala europea hanno finito solo con il comportare altri costi per la collettività. Poi ci si lamenta perché il comprensorio non viene tenuto nella giusta considerazione, quasi come se fosse una terra di perseguitati. Ora il tracciato sembra essere stato scelto una volta per tutte: come al solito, ci sarà chi non è favorevole. E quindi? Una soluzione dovrà pur esserci. Ricordiamo che, per i rifiuti, esistono le discariche e che nessuno ovviamente le vuole accanto a casa, per cui si cerca di individuare un sito il meno impattante possibile, però un luogo fisico di smaltimento deve per forza esservi. Stesso discorso per una strada: deve penalizzare il meno possibile la qualità dell’aria e l’inquinamento acustico, ma da qualche parte deve pur sempre passare. Ed è strano il cambio di atteggiamento e di mentalità che ha pervaso dall’oggi al domani chi vedeva nella realizzazione della E78 una fra le fonti principali del futuro sviluppo della zona, in quanto avrebbe contribuito a rivolvere il problema dell’isolamento. E allora, fino a un certo punto gli ipotetici sindaci di questo o quel Comune si sarebbero “azzannati” per avere uno svincolo della strada nel proprio territorio, ossia per l’obiettivo diametralmente contrario. Tutto ciò sarebbe stato considerato un grande risultato politico. Poi sono comparsi all’orizzonte gli ambientalisti, che avranno avuto i loro punti di ragione (non lo neghiamo!), ma che sono riusciti a far cambiare totalmente opinione, al punto tale da trasformare il grande risultato politico in grande sconfitta. E allora – questo il nuovo concetto prevalente - la superstrada va bene, purchè attraversi il territorio del vicino, perché nel mio ci sono problemi, oppure perché quella legge o quel decreto dicono che la mia zona ricade in un determinato contesto e allora non si può fare nulla. Insomma, a dar retta alle varie affermazioni, l’Alta Valle del Tevere sarebbe così bella (e siamo d’accordo) fino diventare intoccabile. Lasciamo ai lettori ogni conclusione: c’è una galleria costata fior di quattrini che è ferma dal 2004; c’è una statale di Bocca Trabaria ancora chiusa per frana e comunque più volte soggetta, in questi ultimi anni, a smottamenti; c’è una E45 della quale è inutile stare a ripercorrere le ultime vicende e c’è una ferrovia che marcia verso i due anni di stop. Se l’asfalto non deve intaccare l’integrità della valle, va bene; l’importante è poi non lamentarsi per una emarginazione che continuerà a essere consequenziale.                    

Notizia tratta dal periodico Eco del Tevere
© Riproduzione riservata
07/05/2019 09:09:09


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