La strada 258 Marecchiese, delizia ma anche incubo per la presenza delle moto

Il Passo di Viamaggio: il punto di riferimento dei motociclisti
Se chiedete informazioni in proposito ai motociclisti di Romagna e Marche (regioni nelle quali la passione per le due ruote a motore è sempre al top), vi sentirete rispondere con particolare entusiasmo sul conto della Marecchiese, quella che un tempo era la strada statale 258 e che oggi è passata provinciale su entrambi i versanti regionali, mantenendo il numero che da sempre l’accompagna. È ovvio poi che la competenza di ogni Provincia sia territoriale: per ciò che riguarda Arezzo, i chilometri sono i primi 35 di un tracciato che ne misura in totale 90 e che storicamente collega Sansepolcro con Rimini, spiaggia per eccellenza dei biturgensi. Certamente, l’avvento della E45 – pur con tutti i problemi che si trascina appresso – ha modificato le abitudini degli altotiberini più in generale: per raggiungere Rimini, Riccione e Cattolica, adesso si percorre la quattro corsie fino a Cesena, poi si imbocca la A14. Un sistema senza dubbio più veloce per raggiungere la riviera romagnola, anche se con un chilometraggio più lungo. Ma in passato, come i più attempati ricordano, esisteva solo la statale 258: salita fino al valico di Viamaggio, che con i suoi 983 metri sul livello del mare costituisce la punta più alta, poi Badia Tedalda, Ponte Presale, l’isola amministrativa di Ca’ Raffaello, metà strada esatta a Ponte Messa di Pennabilli e quindi Novafeltria, Villa Verucchio e le ultime località prima di Rimini, con immissione finale nella statale 16 Adriatica. Nel corso degli anni ’70, poi, è stata realizzata una variante che ha permesso nel tratto Novafeltria-Rimini di tagliare il centro di alcuni paesi (Torello, Pietracuta), sfruttando anche i vecchi tracciati ferroviari. In corrispondenza di Torello, la strada arriva nel punto più vicino al territorio della Repubblica di San Marino. C’è poi un’altra curiosità: fino al 15 agosto 2009, giorno in cui il passaggio è divenuto effettivo, la Marecchiese attraversava tre regioni: Toscana, Marche ed Emilia Romagna. Oggi, si salta direttamente dalla Toscana in Emilia Romagna e la stessa exclave toscana di Cà Raffaello è in territorio emiliano-romagnolo, perché a quest’ultimo – dopo il referendum del 2006, esecutivo appunto dal 2009 – appartengono tutti i Comuni dell’Alta Valmarecchia attraversati dalla 258 che un tempo facevano parte delle Marche: Pennabilli, Maiolo, Novafeltria, Talamello e San Leo. Due anche le province interessate: Arezzo e Rimini, ma per un lungo periodo sono state tre, ovvero Arezzo, Pesaro e Urbino e Forlì, poi sostituita nel 1992 da Rimini. Fino al 2009, la Romagna aveva inizio con l’ingresso nel territorio di Verucchio. Comune denominatore di questa strada, dal quale ha preso il nome, è il fiume Marecchia, che nasce dal monte Zucca, nell’Alpe della Luna vicino a Pratieghi di Badia Tedalda e arriva a sfociare a Rimini, poco sopra il porto canale, dopo 70 chilometri che scorrono per buona parte in parallelo con la strada. Il breve tratto di pianura e la foce del fiume delimitano la fine della Pianura Padana e il confine fra l’Italia settentrionale e l’Italia centrale. In seguito al decreto legislativo n. 112 del 1998, dal 2001 la gestione del tratto toscano è passata dall'Anas alla Regione Toscana, che poi ha trasferito l'infrastruttura al demanio della Provincia di Arezzo. Stesso discorso sul versante romagnolo: dopo il primo gennaio 2010, una volta effettuato il passaggio dei sette Comuni (dapprima marchigiani) all’Emilia Romagna, la gestione dell'intera tratta prima ricadente nella Provincia di Pesaro e Urbino è passata alla Provincia di Rimini.
VIAMAGGIO, OVVERO “VIA MAIOR”… PURE PER I CENTAURI
Più dei dettagli tecnici, per la Marecchiese parlano le causali storiche. Intanto, il Passo di Viamaggio unisce la valle del Marecchia con quella del Tevere. Il valico era conosciuto e frequentato fin dall'antichità: in questa zona, l'Appennino era attraversato da mulattiere dirette a Sansepolcro e a Pieve Santo Stefano, ancora oggi in parte rintracciabili. Nel periodo romano, per Viamaggio transitava l'importante via di comunicazione chiamata “Ariminensis”, cioè la Arezzo-Rimini, ovvero quella che favoriva gli scambi commerciali fra Toscana e Romagna; non solo: artisti, scultori e pittori raggiungevano attraverso questa strada i propri committenti, sia che fossero signori di rocche e fortificazioni mirabili o ricchi prelati, custodi di monasteri, pronti a contendersi gli artisti del tempo e le loro opere, alcune delle quali sono tutt’oggi testimonianza viva. A confermare la presenza dei traffici che proliferavano in zona rimangono in particolare i ruderi di alcuni ponti che attraversavano il Tevere e che si trovano nelle località di Pozzale, Formole, La Consuma e Sigliano, tutte comprese fra Sansepolcro e Pieve Santo Stefano; per Sigliano passava la “Ariminensis”, ovvero la direttrice che univa Arezzo con Rimini valicando l’Appennino al Passo di Viamaggio, che deriva il proprio nome da “Via maior”, ossia via maggiore o – se preferite – strada principale. Strada che un tempo era “trafficata” da carri, cavalli e asini e che oggi è ovviamente occupata da auto, ma soprattutto nei fine settimana che vanno dalla primavera all’autunno a sfrecciare sono le potenti moto dei tanti centauri che amano dilettarsi nel percorrere questi tracciati. E da quando le abitudini degli automobilisti sono state cambiate dal completamento della E45 (era il 1996), la Marecchiese del fine settimana è più che mai una strada per moto. Di questo parliamo nello speciale del nostro periodico, con tutte le implicazioni – spesso anche tragiche – legate all’affascinante passione per le due ruote a motore. Il tratto più delicato in tal senso – in base alle statistiche sugli incidenti – è quello compreso da Sansepolcro a Ponte Presale di Sestino; per meglio dirla, mettiamoci tutti i 35 chilometri di tratto toscano, che sono quelli centrali per un semplice motivo: essendovi a metà strada il valico di Viamaggio, in entrambe le direzioni dapprima si sale e poi si scende. È normale, quindi, che la presenza dei rilievi con lo scollinamento in quota sia più attraente, ma anche più insidiosa. Seguendo il percorso in moto dal mare all’entroterra, l’ingresso in territorio toscano avviene dopo aver superato l’abitato di Molino di Bascio (prima località oggi della Romagna e, in precedenza, delle Marche per chi proviene dalla Valtiberina) e fino a Ponte Presale c’è un’alternanza di curve non molto strette ma nemmeno scevre da brutte sorprese, poi si sale dal lungo viadotto di 400 metri fino a Badia Tedalda; la strada presenta due tornanti stretti e uno largo, prima del lungo rettilineo che conduce in paese. Badia Tedalda si trova a quota 717 metri sul livello del mare e per arrivare ai 983 del valico di Viamaggio bisogna salire di oltre 250 metri di altitudine, spalmati in poco meno di dieci chilometri di strada (pendenza media del 3,4%) con la presenza di una trentina di curve e di almeno altre quattro che hanno la caratteristica di tornante. In un paio di punti critici, la carreggiata è stata “smussata” per agevolare la visuale e quindi diminuire il grado di pericolosità; subito dopo Badia Tedalda, c’è la galleria Poggio dei Prati e poi di seguito, attraverso le località Svolta del Podere e Viamaggio, si arriva in cima al valico salendo quasi costantemente; soltanto in due punti la strada accenna a una leggera discesa. Adesso, saliamo sempre verso Viamaggio ma partendo da Sansepolcro, capolinea della strada Marecchiese o comunque luogo in cui è posizionato il virtuale cippo del chilometro zero. Rispetto a qualche decennio fa, adesso c’è la bretella che unisce la Senese Aretina con la Marecchiese e dalla rotatoria della zona industriale Fiumicello si parte per arrivare in cima all’Alpe, come ancora comunemente qualche biturgense è solito dire, con riferimento alla catena dell’Alpe della Luna. Dai 330 metri di Sansepolcro si arriva ai 983 del valico: in 17 chilometri, il dislivello è di 650 metri; primi tre chilometri in costante ascesa fino a Cignano, poi strada che spiana e in un piccolo tratto persino scende; giunti ad Aboca (settimo chilometro), comincia l’impennata verso Viamaggio con la strada che ora sale sempre, in maniera più o meno marcata: il bivio per Brancialino, poi quello per Castelnuovo e il territorio comunale di Pieve Santo Stefano fino alla cima, laddove a destra si prosegue lungo la 258 in direzione di Badia Tedalda (e nei giorni con l’orizzonte chiaro si possono ammirare Sasso di Simone e Simoncello), mentre a sinistra si scende verso Pieve Santo Stefano percorrendo la provinciale Sestinese con deviazione a destra per Valdazze. Le curve sono una sessantina, i tornanti nell’ordine di 7-8 e possiamo inserire anche tre punti più rettilinei. Cosa si può notare e ammirare nei 27 chilometri che separano Sansepolcro da Badia Tedalda? Intanto, un boschetto con una zona di sosta attrezzata; in località Svolta del Podere, dove si gira per Pratieghi, Caprile e Fresciano ma anche per le sorgenti del Tevere e del Marecchia, c’è un rinomato ristorante. Poco prima del valico, sul versante sempre di Badia, specchia un laghetto di pesca sportiva. Da Sansepolcro in su, c’è un posto di ristoro ad Aboca, poi nulla fino alla Svolta del Podere, perché il bar ristorante ubicato in cima al valico è chiuso da almeno un paio di anni. Da ammirare, oltre al verde del paesaggio appenninico, vi sono la sagoma della diga di Montedoglio, visibile dall’alto soprattutto a chi scende verso Sansepolcro e i bovini bianchi di razza chianina al pascolo. Il tempo di mettere il naso in territorio romagnolo che si rientra immediatamente in Toscana per la presenza dell’isola amministrativa di Ca’ Raffaello e il ritorno definitivo in Romagna avviene a pochissimi chilometri da Ponte Messa; la strada ha già iniziato a spianare in direzione del mare, anche se mantiene un certo grado di pericolosità per il suo andamento tortuoso. Dopo Novafeltria e soprattutto in prossimità di Verucchio diventa più scorrevole, grazie alle varianti realizzate che aggirano alcuni paesi, seppure non tutti. Il grado di pericolosità rimane comunque alto, tanto nei tratti di pianura quanto in quelli di montagna, oggetto della nostra inchiesta.
PAESAGGIO E RITMO ADRENALINICI, MA SENZA PIU’ IL RISTORANTE IN CIMA AL VALICO
Riportiamo frasi e sensazioni trovate scritte sui siti che trattano di viaggi in moto e di itinerari particolari. Così particolari che… “Il cuore di ogni motociclista porta inciso una strada”, si legge. Che può essere un valico di montagna, un sentiero off-road, un tratto di crinale o anche una via che fa scattare sensazioni e ricordi al solo pensiero. E la strada incisa, alla quale si riferisce il gruppo in questione, è appunto quella del passo di Viamaggio. Si arriva spediti e si parcheggia la moto in bella vista; dopo aver ammirato boschi, pascoli e bellezze naturali, è il momento di farsi uno spuntino e di decidere se girare per il monte Fumaiolo o se arrivare in cima a Viamaggio, dove si erge la mole dell’Alpe della Luna. Il resto è riportato integralmente: “Inizia la discesa che si apre sul bellissimo lago artificiale di Montedoglio, formato dalle acque imbrigliate del Tevere. Curve e tornanti, velocissimi, moto impazzite, adrenalina a mille. Si apre il gas, non si pensa più a nulla se non a entrare in sintonia col ritmo della guida. Inutile parlare al pilota, inutile pensare per il passeggero che serra le ginocchia e si prepara ad assecondare le pieghe della moto. Tutto è perfetto, anche l’aria che si respira, quassù tra la valle superiore del Tevere e quella del Marecchia”. E dopo aver parlato della discesa verso Sansepolcro, soffermandosi sulla bellezza della città biturgense, descrivono la parte conclusiva dell’escursione: “Si rientra, il passo ci aspetta per il ritorno verso casa. Gas a martello, strizzi i freni, scali la marcia e di nuovo giù in piega. Il passo (ovvero Viamaggio n.d.a.) è la perfetta congiunzione tra le esigenze e i desideri del motociclista e la bellezza del paesaggio. Se la Romagna è nota come terra di motori, lo dobbiamo anche a queste antiche vie che, attraversate oggi dalle due ruote, mantengono intatto il loro fascino romantico e spirituale. Qui il motociclista, qualunque moto stia guidando, è felice. Se passate di qui, visitando la Romagna, sappiate che prima di voi Valentino Rossi, Marco Simoncelli, Mattia Pasini, così come i loro babbi, e a suo tempo, il grande Renzo Pasolini sono passati di qui. Non dobbiamo nemmeno chiedere… lo sappiamo!!! Ogni amante della moto, nato e cresciuto tra la Romagna, le Marche e la valle Tiberina, è passato di qui. Per le ragazze che hanno avuto un morosino pilota è stato il battesimo del fuoco. La strada non è un biliardo, ma è bella e le curve, prive di secchi tornanti, sembrano fatte apposta per appoggiare il fianco della gomma. Dopo il ponte sul Presale, il vero e proprio tratto comincia dopo la galleria di Badia Tedalda per arrivare poi alla Svolta del Podere e, in una decina di chilometri, a Viamaggio”. Ma non è ancora finita. Quando queste frasi sono state scritte nel sito, c’era ancora il bar ristorante in attività sul valico di Viamaggio e questo particolare – stando al tenore delle affermazioni – esercita un suo peso, anche per il gusto della finocchiona gustata con il pane e “regina” dello spuntino. Sentite: “Siamo arrivati al passo e possiamo concederci la meritata pausa prima di scendere verso Sansepolcro. Oltre al bar, decine sono i motociclisti che, senza farsi vedere l’un l’altro, si controllano l’usura delle gomme, impegnandosi in racconti mirabolanti sulle proprie (sedicenti) capacità di guida. La discesa è ora spettacolare. E’ l’azzurro - e non più il verde del bosco - a traguardare la vista che, dall’alto, scende sul blu del lago artificiale di Montedoglio circondato da monti, foreste e campi coltivati”. Insomma, i centauri apprezzano la 258 non soltanto per le caratteristiche “tecniche” di un percorso fatto principalmente di curve e tornanti che li costringono a piegarsi con la moto, ma anche per il panorama che si scorge dalle varie serpentine di un asfalto non proprio impeccabile e spesso causa (con i suoi avvallamenti) di incidenti anche dalle conseguenze tragiche. Magari, se tutto ciò continua a essere un beneficio per manico e occhi dell’appassionato della moto, da un paio di anni la Marecchiese impedisce ai centauri di rifarsi anche la bocca, perché il grande punto di riferimento, chiamato “Ristorante l’Imperatore”, è chiuso. Edificio su un lato, parcheggio di rimpetto e di domenica occupato in esclusiva da una moltitudine di moto: la classica immagine del valico appenninico che troviamo per esempio a Bocca Serriola, dove all’altezza dello scollinamento c’è un altro locale ad hoc per rifocillarsi. Certamente, il “Ristorante l’Imperatore” aveva qualcosa in più: poteva andare bene per il panino e la bevuta rinfrescante in estate, ma era uno straordinario luogo di cucina tipica, con primi piatti a base di funghi (prugnoli) e secondi di carne chianina. Nel sito, i motociclisti lo osannavano per le tante bontà, anche sfiziose, che sapeva preparare. Un ristorante frequentato nei fine settimana anche dalla gente del vicinato che voleva concedersi una domenica di lusso a tavola. Ora, tutto è tristemente chiuso e i gestori hanno aperto un locale nella vicina Valdazze, che dista quattro chilometri dal passo. D’accordo, la cucina è sempre la stessa, ma il luogo è cambiato e poco conta che si trovi vicino a quello del valico; un conto è l’ubicazione lungo la strada, un altro è fuori dal suo asse. La realtà di oggi è che il ristorante noto ai motociclisti ha chiuso i battenti e che, per lo spuntino in quota, il posto più vicino è alla Svolta del Podere. Vi sarà chi ha intenzione di riaprire l’esercizio, anche soltanto per panini e bibite? I centauri ci sperano, gli altotiberini… pure, perché un valico senza un posto di ristoro diventa un luogo penalizzante.
L’INVASIONE DEI CENTAURI NEI WEEK-END ESTIVI, LE CRITICITA’ DELLA STRADA E LE TRAGEDIE AVVENUTE
La vecchia strada per il mare che percorrevano i biturgensi rimane oggi uno dei tracciati preferiti dai centauri, oltre che il collegamento diretto per chi, da Badia Tedalda e da Sestino, deve scendere verso Sansepolcro e il fondovalle. Nemmeno il pullman estivo da Sansepolcro a Rimini e Riccione (corsa giornaliera in andata e ritorno) vi transita più e allora la provinciale 258 è stata relegata a strada riservata principalmente al traffico locale – semmai, può tornare comoda per chi si deve recare a San Marino – che però cambia pelle il sabato e la domenica nel semestre aprile-ottobre, quando le moto la prendono d’assalto. D’altronde, la provenienza dei centauri è suddivisa fra due zone limitrofe (Romagna da una parte, Marche dall’altra, in particolare il Pesarese) che sono le patrie per eccellenza dei motori e dei grandi appassionati dei motori a due ruote. Per chi, dalla riviera, vuole sfruttare le belle e calde giornate cercando la frescura delle zone interne, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta, con tre valichi a disposizione in andata e ritorno: Viamaggio, Bocca Trabaria e Bocca Serriola. Per chi si vuole ulteriormente addentrare, ci sono anche lo Spino, Verghereto e i Mandrioli. Chi viene da quelle parti, ma vale anche per i motociclisti di casa nostra in senso contrario, ha la possibilità di costruirsi il circuito che vuole con un chilometraggio abbastanza lungo ma non troppo, che permette anche le soste. Quanto basta per gestire al meglio i tempi di una giornata dedicata al relax con rientro a una giusta ora. Esempio: chi sta a Pesaro si mette in marcia verso Bocca Trabaria e poi torna per Viamaggio (oppure per Bocca Serriola) e viceversa. Una processione continua lungo questi tracciati, con gruppi di amici spesso numerosi, singoli o in coppia e accelerate che si odono molto bene. C’è chi si gode con calma e prudenza la gita festiva in sella alla propria moto e chi invece si fa prendere la mano fino a sfidare i limiti, piegandosi con la moto e tagliando a volte la strada, oppure ostruendo l’opposta corsia di marcia. Se un’automobilista, nelle giornate festive d’estate, percorre le stesse strade con lo stesso scopo di relax (magari la vettura è una cabriolet), deve comunque prestare molta attenzione perché all’uscita di una curva può imbattersi in una moto. E deve avere molto occhio anche nelle manovre di svolta, perché basta un attimo di distrazione per provocare una collisione. Vale tanto per il motociclista quanto per l’automobilista meno disciplinato – perché esistono entrambe le categorie – anche se spesso chi sta al volante ha confidato la propria paura di percorrere le strade di montagna in estate proprio per la presenza delle moto. Mettiamoci per giunta, in qualche frangente, anche le condizioni approssimative del fondo stradale: buche, avvallamenti, sconnessioni e un grado di manutenzione non proprio eccellente. Il quadro è dunque disegnato e non passa estate, da anni e anni, che non si verifichino incidenti mortali o con conseguenze permanenti, senza contare chi si procurato traumi e fratture di vario genere. Se andiamo a vedere le statistiche, siamo nell’ordine di uno-due morti a stagione, senza contare chi è rimasto gravemente ferito. Scivolate in curva, impatti contro il guard-rail e contro le auto e a volte fra le stesse moto: la velocità elevata resta la causa principale, quando non subentra la disattenzione. Anche le vittime sono romagnole e marchigiane nella stragrande maggioranza dei casi; vittime che avranno conosciuto la strada come le loro tasche, ma questo non basta per sventare l’irreparabile. Autovelox e pattuglie dei Carabinieri Forestali stanno facendo azione di prevenzione e repressione (spesso hanno tolto una messe di punti dalle patenti), ma il sistema più efficace è quello di tenere una condotta prudente, che diventa una forma di rispetto per gli altri ma anche per sé stessi. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo e la moto difficilmente perdona, anche se…
LE CORSE CLANDESTINE, LE PATTUGLIE E LE MACCHINETTE A SCOPO DETERRENTE
Quella delle corse clandestine appare purtroppo come una brutta moda destinata a non scomparire, nonostante qualcuno – anche sulle rampe di Viamaggio – abbia riportato conseguenze di una certa serietà. Un atteggiamento sciagurato e criminale, perché può succedere che a rimetterci la pelle sia chi, da estraneo al giro, ha avuto la sfortuna di farsi trovare sul posto sbagliato nel momento sbagliato. Con quale coscienza si può pensare di gareggiare in una normale strada aperta al traffico, sapendo che tutto questo potrebbe trasformarsi in un’autentica roulette russa? Eppure, la cronaca ha riportato casi del genere in più distinti momenti, che hanno avuto per protagonisti anche centauri locali. L’ultima volta è stata cinque anni fa, quando gli agenti dell’allora Corpo Forestale dello Stato si erano piazzati sui balconi di alcune abitazioni per filmarli. Ebbene, per sette motociclisti in età compresa fra i 30 e i 50 anni è scattato immediato il ritiro della patente; peraltro – scusate, ma ci sembra indice anche di poca intelligenza – questa gara era stata organizzata su Facebook, con indicazione dell’ora del ritrovo e del percorso in cui le moto si sarebbero sfidate. Per i forestali è stato un invito a nozze: quando i motociclisti hanno dato inizio alla competizione, per sicurezza gli agenti hanno fatto rallentare il traffico, "accogliendo" i centauri per poi inseguirli con una sorta di “safety car”. Alla fine, il gruppetto è stato fermato, pagando la bravata con il ritiro della patente. Lo ripetiamo: l’intensificazione dei controlli a scopo preventivo e deterrente, con pattuglie e macchinette piazzate nel fine settimana, può esercitare un proprio benefico effetto, se non altro perché un rapido passaparola metterebbe in guardia i motociclisti. Se dunque serio è il rischio di vedersi ritirata la patente, chi transita lungo questa strada ha modo di regolarsi di conseguenza. Ma è noto che la settimana non sia fatta soltanto di week-end e che pattuglie e apparecchi non possano stazionare “h24” sullo stesso posto, per cui – se le condizioni lo consentono – il brivido della velocità torna a contagiare chi vuole approfittare della situazione. Siamo d’accordo sulla sicurezza e sullo stato di manutenzione delle strade, che deve essere adeguato, ma l’appello è rivolto in primis alla coscienza di chi va in moto, una passione stupenda che non può rischiare di finire in tragedia per un sorpasso azzardato, per un pezzo di strada tagliato o per una piegatura troppo audace. Prima ancora che per il timore delle salate contravvenzioni e dei ritiri della patente, sarebbe opportuno pensare alla propria incolumità e a quella delle altre persone che potrebbero essere coinvolte. È proprio impossibile godersi la gita senza esagerare, come andare in discoteca senza ubriacarsi?
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