Arte e cultura: parole chiave che faticano a concretizzarsi
Anche in ambito universitario poche le risorse destinate alle facoltà umanistiche
La parola cultura o arte, è sempre nella bocca di tutti. Politici, investitori, amministratori: chiunque almeno una volta ha utilizzato queste facili parole per decretare l’importanza che questi temi hanno in un Paese come il nostro. Di fatto però, questi concetti, che espressi così risultano sempre vaghi e mai specifici, rimangono spesso nel mondo etereo delle idee. I veri interessi degli individui che detengono varie forme di potere in Italia, ammettiamolo, sono ben altri: sviluppo economico, progresso tecnico, gestione del capitale, sicurezza, diplomazia e via dicendo. Anche nelle recenti campagne elettorali i punti chiave erano questi, mentre la cultura, non sempre inserita nei vari programmi politici, è stata considerata come aspetto di poco conto e destinato più alla retorica che alla concretezza fattuale. Questa tendenza purtroppo è percepibile anche nella realtà dei fatti, si pensi ad esempio ai fondi destinati alle università: la maggior parte di questi viene distribuito alle facoltà scientifiche mentre solamente una minima parte è dedicata a quelle umanistiche; questa scarsa considerazione nei riguardi dell’ambito culturale tuttavia è riscontrabile in tanti altri ambiti e recenti statistiche sul mondo del lavoro ce ne danno la prova. Secondo i dati Eurostat, il lavoro nei settori culturali in Italia occupa solo il 3,4% del totale e questo ci posiziona solamente al diciannovesimo posto in Europa per quanto riguarda questo tipo di sviluppo. Percentuale alquanto misera visto e considerato che il patrimonio culturale, a parole di molti, rappresenta il nostro “petrolio”. La verità è che questo immenso tesoro, tramandatoci generosamente dal passato, è diventato per la società attuale un peso. E lo è diventato perché spesso viene inserito in un sistema di pensiero economico che non gli appartiene. La conoscenza dell’arte (parlo di tutte le arti non solo di quella figurativa che più mi compete) è anzitutto educazione, necessaria per appropriarsi di una giusta coscienza di noi stessi. Ma può essere anche fonte di molte idee che potrebbero rivelarsi molto proficue se sviluppate. Il patrimonio culturale non è merce di compravendita e inserirla forzatamente in questo ambito è deleterio. I nostri beni artistici dovrebbero, a parer mio, essere considerati come un alfabeto essenziale per la formazione di tutti, non quindi un prodotto commerciale.
Solo tornando ad un punto di vista più umano, meno legato alle logiche assolutistiche del mercato, l’arte e la cultura possono tornare ad esserci davvero utili.
(dipinto in copertina: Raffaellino del Colle, Purificazione della Vergine (particolare), 1535-36, Museo Civico, Sansepolcro.)
Leonardo Tredici
Interessato fin da adolescente al mondo dell’arte si iscrive dopo il diploma ad un corso di Studi Storico-Artistici presso La Sapienza di Roma, dove si laurea nel 2015 con una tesi su Raffaellino del Colle, pittore biturgense allievo di Raffaello e stretto collaboratore del Vasari. Intenzionato ad approfondire i suoi studi prosegue la carriera universitaria a Perugia dove ha concluso una laurea magistrale in Storia dell’Arte con un elaborato riguardante alcuni aspetti dell’arte grafica tra XV e XVII secolo. Ha collaborato con diversi artisti di cui ha scritto critiche e curato esposizioni, scrive saltuariamente di arte e cultura nell’Eco del Tevere e ha maturato esperienze pratiche in diversi ambiti museali.
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