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Centri urbani sempre più a rischio “desertificazione”: ad Arezzo in 12 anni perse 322 attività

Solo i ristoranti continuano a conoscere un periodo di crescita

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Che il commercio nei centri storici stia soffrendo é sotto gli occhi di tutti. Confcommercio ha presentato un’analisi sull’evoluzione delle attività commerciali, dell’alloggio e della ristorazione nelle città italiane negli ultimi 12 anni. Ad Arezzo si passa dalle 699 imprese di commercio al dettaglio nel centro storico del 2012 alle 499 del giugno 2024 (-29%). Fuori dal centro storico nello stesso periodo, passano da 628 a 506 (-19%). In particolare, per il commercio al dettaglio, per quanto riguarda i prodotti alimentari, bevande, ad Arezzo nel centro storico le imprese scendono dalle 68 del 2012 alle 45 del giugno 2024 (-34%), mentre fuori dal centro storico si passa da 64 a 60 (-6%). Il commercio al dettaglio ambulante, in 12 anni, passa da 75 a 36 imprese nel centro storico (-39%) e da 117 a 85 in periferia (-32%). Per quanto riguarda gli alberghi, bar, ristoranti, nel centro storico, dai 266 del 2012 ai 270 del giugno 2024 (+4%), mentre fuori dal centro dai 268 ai 315 (+47%). I servizi di alloggio nel centro storico dai 28 del 2012 ai 42 del giugno del 2024 (+14%); in periferia, nello stesso periodo, questi salgono dai 40 ai 63 (+23%). In dettaglio, i bar nel centro storico in 12 anni passano da 120 a 81 (-39%) mentre fuori dal centro storico da 110 a 95 (-15%). Fei aggiunge: “Da notare che la maggior parte delle imprese le abbiamo perdute dopo il 2019, negli anni della pandemia, che ha portato a galla tante fragilità e ha accelerato la chiusura delle aziende meno strutturate. A risentire di più della crisi sono stati i negozi di abbigliamento e calzature, quelli di articoli per la casa, i negozi di giocattoli, le librerie, cartolibrerie, edicole, ma anche i negozi di prodotti alimentari e i banchi del mercato ambulante. Il segno meno c’è anche per i bar, che negli anni Duemila avevano visto un boom: forse ne sono stati aperti troppi, non sempre da persone preparate per fare questo mestiere che in apparenza sembra facile e remunerativo, ma in realtà richiede molti sacrifici e competenze specifiche”. “Oggi – prosegue Fei – funzionano meglio i bar che si sono specializzati e alla vendita di caffè e colazioni hanno affiancato le proposte di pranzi, merende e aperitivi oppure una pasticceria ricercata. Gli altri fanno più fatica, visti anche i costi di gestione in aumento. I ristoranti invece continuano a conoscere un periodo di crescita, come dimostrano alcune recenti aperture in città. Segno che i consumi fuori casa sono in aumento, vuoi per motivi di lavoro vuoi per abitudini diverse di vita, che ci spingono a pranzare o cenare fuori anche nel tempo libero. Nel turismo c’è un segno più anche per le imprese ricettive extralberghiere, come b&b, residence o affittacamere professionali. L’indagine di Confcommercio sulla demografia d’impresa – conclude Catiuscia Fei – serve a mettere in guardia sugli effetti della desertificazione commerciale: un fenomeno complesso, che ha molte ragioni, ma che va governato se non vogliamo vivere in città fantasma. Possiamo fare qualcosa anche come privati cittadini, per esempio scegliendo di fare acquisti nei negozi di vicinato anziché sul web. Anche così si fa vivere la città”.

 

Notizia tratta dal corrierediarezzo.it
© Riproduzione riservata
28/03/2025 07:04:05


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