Opinionisti Marco Cestelli

“Ai tempi del folklore la gente moriva di fame”

Ci sembra sempre meglio il passato quando il mondo che ci circonda ha fatto di tutto per cambiarlo

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“Accade allora che, in una successione di spasmi commemorativi, ci si commuove periodicamente di tutto per non occuparsi stabilmente di nulla”.

Mi domando perché continuo a farmi domande quando non sono attrezzato per darmi delle risposte, perdonatemi dunque se condivido con voi delle riflessioni sul nostro presente.
Il mondo cambia molto velocemente e questo ci crea ansia e incertezza, ognuno sente sulla pelle il proprio benessere o malessere e rimanda continuamente alla mente i tempi migliori, quando si stava meglio; forse cerchiamo delle ancore di certezze per diluire la paura per un presente o per un futuro. Ci sembra sempre meglio il passato quando il mondo che ci circonda ha fatto di tutto per cambiarlo. Fin da quando studiavo, a scuola, i classici latini ho notato che ogni generazione vede con pietoso disgusto l’incapacità delle generazioni successive, la loro insipienza e inadeguatezza alla vita. È un classico, una costante dei tempi: io sono un “boomer”, ricordo che il maestro delle elementari descriveva con “pietoso disgusto” la pochezza e insipienza dei Beatles; oppure ricordo come la mia generazione fosse bollata di frivolezza poiché non avevamo vissuto la guerra (la seconda mondiale) e le privazioni che ad essa si riferivano. Probabilmente riguarda una particolare distorsione della memoria: la tendenza delle persone a rimuovere dai ricordi gli elementi negativi più facilmente di quelli positivi. E questo spiegherebbe in un certa misura un approccio tendenzialmente indulgente e nostalgico verso il passato. Eppure in 4^ elementare morì un mio compagno di scuola perché si era ucciso con la pistola del babbo che doveva servire per ammazzare il maiale (ma non c’era Facebook, si chiamava Alfredo Martini). Un altro mancava di un mignolo perché, per gioco o per scommessa, giocava con i compagni con un’accetta, e che dire di quello che passò con aereo sotto il ponte sul Tevere (ma non c’era Tik Tok)? E tutti gli anni passati con le notizie dei telegiornali su “gambizzati”, uccisi, attentati, stragi? Era un continuo.

Oggi ci si commuove per un vecchio politico che ha trascorso 30 anni nel nostro immaginario collettivo, morto ultra ottantenne, oppure vecchi cantanti e attori, testimoni di un tempo “migliore”; come se la morte o la malattia colpissero solo noi comuni mortali. Ci si commuove per la mamma orsa Jj4 che sembra aver ucciso un uomo, e con dispendio enorme di risorse pubbliche è stata ospitata in un centro apposito di 3000 mq, per poi essere spostata verso foreste dell’est. Oppure per l’albero che viene abbattuto perché malato, oppure per la ripavimentazione della piazza che non sarebbe conforme alle tradizioni (ovvero ai ricordi, per meglio dire). L’elenco sarebbe lungo ma la comune origine di tutto questo è che siamo vecchi, in un paese per vecchi, che preferiscono il ripetersi infinito delle cose conosciute anziché sperare o augurarsi il meglio. Se nell’antichità avessero ragionato così saremmo messi molto peggio, invece abbiamo progredito, e ancora progredito sotto ogni punto di vista. In tutto tranne in una cosa: il valore della cultura individuale e la fiducia nelle capacità maggiore del prossimo titolato.

Beati gli antichi che non avevano antichità; un mio carissimo amico, Omero Roti, insofferente a Madonne e Messeri del Palio diceva che “Ai tempi del folklore la gente moriva di fame”. 

Siamo nella “società signorile di massa”, siamo benestanti e non vogliamo crederlo, abbiamo deficit strutturali in peggioramento e non vogliamo ascoltare le ragioni che lo hanno causato. Poiché l’unico parametro che ci rimane sono i soldi: “non ci si salva se non da soli, magari attaccandosi, nel deserto dei valori, a quell’unico generatore simbolico di tutti i valori che nella nostra cultura si chiama denaro.”

Marco Cestelli
© Riproduzione riservata
19/06/2023 09:12:57

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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