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Casa automobilistica deve risarcire l’acquirente se un impianto sulle emissioni è manipolato

I giudici di Lussemburgo sono stati chiamati a pronunciarsi su una causa intentata in Germania

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Gas di scarico fuori legge? Paga il costruttore, non il conducente. La Corte di giustizia dell’Ue, con sentenza, contribuisce a fare chiarezza e diritto. Le case automobilistiche sono sempre responsabili per il prodotto messo in vendita, e in caso di danno derivante da prodotto non a norma scatta il risarcimento nei confronti del proprietario della quattro ruote. 

I giudici di Lussemburgo sono stati chiamati a pronunciarsi su una causa intentata in Germania da un cittadino tedesco contro Mercedes-Benz. Il motivo è un modello messo in vendita ed equipaggiato con un impianto di manipolazione dei dati relativi alle emissioni di ossidi di azoto (NOx). In sostanza è risultato che il mezzo fosse più inquinante di quanto ufficialmente dichiarato. Una pratica non solo commercialmente sleale, ma contraria alle normative europee, per cui è imputabile il costruttore poiché il regolamento del 2007 in materia di omologazioni stabilisce «un collegamento diretto tra il costruttore di automobili e il singolo acquirente di un veicolo a motore volto a garantire a quest'ultimo che il veicolo sia conforme alla normativa pertinente dell'Unione». Se il proprietario dell’auto si trova in situazione di irregolarità in sostanza non ha né dolo né colpa, imputabili ai produttori.

La Corte dell’Ue, nell’esprimersi, stabilisce però due cose. La prima è che il risarcimento non è automatico, ma scatta solo «qualora detto impianto abbia causato un danno a tale acquirente». In secondo luogo, spetta alle competenti autorità nazionali fare chiarezza. In particolare spetta al sistema di giustizia degli Stati «svolgere le valutazioni di fatto necessarie» per stabilire se il software di programmazione in dotazione sull'automobile messa in commercio debba essere qualificato come impianto di manipolazione oppure no, ed esprimersi sulle eventuali deroghe che pure riconoscono il diritto comunitario e, soprattutto, giurisprudenza. 

A luglio scorso la Corte di giustizia dell’Unione europea, pronunciandosi in una causa contro Volkswagen e Porsche sempre per lo stesso motivo, programmi di manipolazione dei dati di gas di scarico, ha stabilito che «si potrebbe» procedere a deroghe qualora si dimostrasse la necessità per ragioni «strettamente all’esigenza di scongiurare i rischi immediati di danni o avarie al motore». Verifiche anche in questo caso di competenza di autorità e giudici nazionali. Ad ogni modo si ribadisce una volta di più il diritto del consumatore. Per pratiche commerciali e industriali non a norma che producono danno a chi compra, risponde la casa automobilistica.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
21/03/2023 20:02:58


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