La sinistra ha vinto, per cui muore
La loro base di voto tradizionale si é volatilizzata
Occuparsi di sinistra, soprattutto per chi di sinistra non è, è un esercizio intellettuale complesso che forse è tanto più utile per capire un po’ del nostro tempo e aiutare il dibattito nazionale e sociale del momento attuale.
La sinistra ha vinto: ovvero molte delle battaglie più importanti della sinistra sono state condotte e vinte attraverso i decenni, dalle 8 ore di lavoro, le 40 settimanali, le ferie pagate, la maternità pagata, la sanità per tutti, i diritti del lavoro, il diritto di sciopero, di manifestazione, legittimazione paritaria femminile, divorzio, aborto, consultori, ecc., insomma quello che noi definiamo welfare è stato, in larga misura, raggiunto. Quindi la sinistra ha vinto queste battaglie, c’è da domandarsi come hanno fatto gli altri stati occidentali a raggiungere gli stessi risultati senza la “nostra” sinistra, ma tant’è. Ma la sinistra ha perso per molti degli stessi motivi: in questa continua marcia verso i diritti ha forse esagerato, soprattutto quando li ha pretesi uguali per tutti mentre, all’ombra dei risultati raggiunti, si sono consumate vere e proprie involuzioni meritocratiche nella scuola e nelle università, nei servizi pubblici, tra i dipendenti, nella Cassa Integrazione, nel settore delle pensioni. Un tempo i vecchi comunisti, quelli col baffo staliniano per intendersi, sapevano benissimo che le cose “vanno fatte per bene, ci deve sempre essere una logica di correttezza, di etica condivisa, senza la quale il diritto diventa abuso”.
Detto questo, cosa significa oggi essere di sinistra? A mio modo di vedere è un sentimento anzi una sensibilità, una tendenza generale a vedere i bisogni sociali dei “minori” da porre davanti alle pur legittime esigenze dell’individuo, una somma di valori in un continuo percorso di progresso sociale che tende, inevitabilmente, a stravolgere sensibilità comuni e consolidate. Per la mentalità di sinistra bisogna progressivamente comprendere e riabilitare tutto e tutti: i palestinesi verso gli ebrei, i poveri di tutto il mondo, gli immigrati musulmani difesi dalla nostra cultura cristiana così pervasiva con crocifissi e presepi, i manifestanti per le libertà sociali contro stati dispotici (ma non proprio tutti tutti), ecc.
Il problema principale della sinistra consiste in un fattore drammaticamente incontrovertibile: tutta la loro base di voto tradizionale, gli operai e gli agricoltori, memori e vittime di decenni di rivendicazioni contro gli sfruttatori, si sono volatilizzati così come i “padroni delle ferriere”. La globalizzazione ha tolto la base contrattuale dei diritti e delle lotte sindacali: se una produzione è troppo costosa qui, in Italia, semplicemente si sposta in un altro paese dove quelle lotte e quelle conquiste sociali non sono arrivate. Mentre un tempo si pensava che il “sol dell’avvenire” avrebbe comunque brillato alto nel cielo per tutti, adesso si fa i conti con un dato scientificamente obiettivo: la ricchezza per essere distribuita va prima creata; oggi la stessa ricchezza viene creata altrove oppure attraverso movimenti finanziari e speculativi. Un tempo con un podere ci si “campava”, con alcune proprietà si viveva di rendita: oggi non è più così, il livellamento sociale ha fatto si che i “capitalisti” che pagano le tasse debbano rimpinguare le casse pubbliche, ormai esangui, per garantire la spesa sociale. Rimangono i servizi, i dipendenti pubblici, i pensionati, la scuola, gli intellettuali, gli ambientalisti, gli LGBTQ, i diversamente qualcosa, i pacifisti (ma fino ad un certo punto), quelli contro, quelli per, e soprattutto “l’antifascismo militante” (opera meritorio, si intende, ma un po’ datata e usurata).
Dopo decenni di antagonismo antiborghese, antireligioso, antisistema, anti NATO, anti Europa, insomma anti DC e accoliti, la sinistra si scopre asse portante del sistema stesso, anzi è proprio la garante del sistema nazionale e internazionale, ben rimpinguata di ex DC. Oggi la sinistra si presenta come una galassia in cui si contiene tutto, dai nostalgici ai liberali, marxisti leninisti moderati, liberisti e antagonisti, cattolici e progressisti, dall’eskimo al capo firmato, dai centri sociali ai circoli intellettuali, dalle “sardine” alle banche, dalla curia romana ai preti di frontiera, dagli ambientalisti estremisti ai grandi manager di stato: tutto si tiene pur che ci sia un nemico da combattere dal “padrone” ai “borghesi”, da Berlusconi ai fascisti, populisti e sovranisti in salsa rosa o verde, ecc.
La sinistra oggi è un cumulo di intenzioni superato a destra da forze moderate alle quali non vuole associarsi, e a sinistra sinistra da una forza movimentista che si vuol mangiare viva la molle, ma pingue, rendita storica del 15/20% della sinistra “classica”.
Ma quando si tratta di trovare personalità di rilievo, ben presentabili, di levatura (standing) elevata si ricorre sempre a sinistra, sempre dalla stessa vituperata area catto-progressista, moderata e con un senso ragionevole dello stato. Perché alla fine sono gli ultimi ad avere un senso delle istituzioni e dei rapporti internazionali, competenze riconosciute e spendibili per la nazione. Fateci caso, gira che ti rigira è sempre da lì che viene la maggior parte degli uomini di Stato, sempre da lì si pescano le personalità più spendibili. Perché? Per un semplice ma tenace motivo: quello che ci caratterizza come Occidente, quel cumulo di diritti e di progresso sociale, quelle sensibilità diffuse, quel dibattito talvolta becero e piazzaiolo, molto di ciò che ci rende “avanti” tra le nazioni del mondo, quel tasso indelebile (se pur declinante) di democrazia diffusa è proprio la sinistra e la sua storia dei decenni passati. Oggi l’Occidente è tale anche grazie alla stratificazione, ormai interiorizzata, di molte istanze di sinistra, moderata e contrastata da principi etici universali e centristi ma indubbiamente a loro dobbiamo molto. Se lo sapessero …
(Non sono mai stato di sinistra)
Marco Cestelli
MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.
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