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Assemblea aziendale generale dei lavoratori della filiera tabacchicola dell’Alta Valle del Tevere

Preoccupazione per il futuro di 300 lavoratori

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La filiera tabacchicola dell’Alto Tevere conta un’incidenza occupazionale di circa 2500 unità. Le recenti dichiarazioni di JTI di spostare, dalla prossima campagna produttiva, la lavorazione del tabacco greggio presso lo stabilimento di Bastia Umbra desta forti preoccupazioni, non solo ai circa 300 dipendenti assunti direttamente dal TTI, ma a tutta la filiera la quale, per un evidente effetto domino, entrerebbe in crisi nella sua interezza. Tutti i lavoratori di questa filiera si sono sempre distinti per le loro capacità professionali negli ultimi 10 anni, senza ricevere mai una contestazione e raggiungendo dei livelli di sostenibilità ambientale e sociale altissimi, tant’è che siamo stati definiti come la “vetrina nel mondo” della multinazionale. Come risultato ad oggi rischiamo di essere liquidati senza una reale e valida motivazione se non quella meramente economica, dimostrando che in realtà la tanto decantata qualità italiana, così come i temi ambientali, si scontrano, di fatto, con il mero guadagno che la multinazionale, evidentemente insegue. Tra l’altro non comprendiamo neanche come si possa parlare di costi eccessivi laddove ogni costo di trasformazione e di struttura è sempre stato condiviso ed approvato dalla multinazionale stessa , circostanza questa ben nota anche a noi lavoratori e non solo, anche i costi di ritiro del tabacco greggio, ci risultano essere sempre stati concordati con il cliente. Detto ciò, oltre alla reale impossibilità di un riassorbimento occupazionale del nostro territorio diventa veramente inaccettabile anche la circostanza che in queste settimane la realtà sia stata completamente distorta, arrivando addirittura a propagandare questa scelta irresponsabile come una grande impresa diretta a salvare la filiera tabacchicola umbra e ad incrementarne e stabilizzarne l’occupazione. L’unico dato di fatto è che con la cooperativa agricola di trasformazione “TTI”, dal 2011, noi lavoratori , con il contributo anche di una importante percentuale di manodopera femminile, abbiamo sempre lavorato da novembre a giugno in stabilimento e da giugno ad ottobre in campagna o presso i centri di cura, con la garanzia, così, di poter percepire uno stipendio tutto l’anno, utile per la sopravvivenza e la dignità nostra e delle nostre famiglie. Se chiude la trasformazione salta tutta l’organizzazione, verranno a mancare oltre 60.000 giornate di lavoro. A noi lavoratori sembrano assurde ed incoerenti certe decisioni che vanno esattamente nella direzione opposta rispetto a quella di incrementare il lavoro e ridurre le forme di assistenza. Per questo motivo siamo veramente preoccupati per il nostro futuro lavorativo, confidiamo, pertanto, nell’intervento immediato delle Istituzioni, che sollecitiamo con forza, affinché le stesse si faccino carico di tale situazione e trovino una soluzione per mantenere il processo produttivo nel TTI e di conseguenza preservare tutti i posti di lavoro.

Redazione
© Riproduzione riservata
13/01/2022 17:44:19


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