G8 di Genova, la Corte di Strasburgo: inammissibili i ricorsi dei poliziotti “della Diaz”

La decisione a 20 anni esatti dai fatti del G8
I ricorsi presentati da alcuni poliziotti condannati per l'irruzione della polizia nella scuola Diaz, durante il G8 del 2001 di Genova sono "inammissibili". Lo ha deciso la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, riunita il 24 giugno, a venti anni esatti dai fatti del G8. Non è ammissibile il ricorso presentato da Massimo Nucera, l'agente scelto del Nucleo speciale del VII Reparto Mobile di Roma che dichiarò di aver ricevuto una coltellata durante l'irruzione nella scuola Diaz, e Maurizio Panzieri, l'ex Ispettore capo dello stesso Nucleo speciale che siglò il verbale su quello che i giudici ritennero fosse un finto accoltellamento. Entrambi sono stati condannati a 3 anni e 5 mesi di cui tre condonati. Inammissibili anche i ricorsi presentati da Angelo Cenni, uno dei sette capisquadra del VII Nucleo del Reparto Mobile di Roma e da due suoi colleghi, capisquadra anch'essi. Nel ricorso presentato dal legale di Nucera a Panzieri si sottolinea che «l'esame condotto dalla Cassazione non è stato effettivo ed equo, poiché la stessa non ha realmente preso in considerazione, confutandole, le ragioni di doglianza esposte dai ricorrenti». Fra le doglianze, anche quella di aver «modificato la Corte di Appello fino a stravolgerle completamente» le dichiarazioni rese in interrogatorio da Nucera sulla dinamica dei fatti «per poi giungere alla conclusione che tale dinamica, così come falsamente ricostruita dalla Corte ed attribuita allo stesso imputato, non apparirebbe credibile», e «nel non aver minimamente tenuto in conto le risultanze della perizia e dell'esame del perito». Infine, «nell'aver la Corte d'Appello affermato apoditticamente che la simulazione dell'aggressione ben poteva essere avvenuta ponendo giubbotto e corpetto su un tavolo, senza necessità che fossero indossati, quando la perizia esclude categoricamente tale evenienza, dando atto che la stessa non è posta in discussione neppure dai consulenti del pm e delle parti civili, affermazione effettuata dalla Corte di Appello senza disporre una nuova perizia e senza neppure contestare gli esiti di quella agli atti» ma «sostituendo il proprio immotivato e arbitrario giudizio a quello opposto espresso in termini di certezza dal perito».
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