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Oltre il muro: fuga verso la libertà a bordo di una Bmw Isetta

Bmw Group celebra l'iconica “bubble car” con un film che racconta una fuga verso Berlino Ovest

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Un film per raccontare il desiderio di libertà, l’ingegnosità e l’abilità che ha consentito a due uomini di salvare delle vite sfruttando una macchina nota soprattutto per le sue dimensioni ridotte: la Bmw Isetta.

A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, Bmw Group ha deciso di raccontare la storia del 79enne Klaus-Günter Jacobi, guida del Museo del Muro Friedrichstrasse, e del suo amico Manfred Koster,che 55 anni fa sfruttarono la Isetta per superare la frontiera e fuggire verso la libertà. Il lungometraggio s’intitola “The Small Escape”, ed è stato presentato in anteprima il primo ottobre come spot televisivo su YouTube e sugli altri canali social del gruppo Bmw.

La storia di Jacobi e di Koster è iniziata nel 1964, 9 anni dopo l’uscita della prima Bmw Isetta. La famiglia Jacobi aveva già lasciato Berlino Est nel 1958, tre anni prima della costruzione del muro, ma quando il suo vecchio amico Manfred Koster gli chiese di aiutarlo a fuggire dalla Ddr, Klaus-Günter pensò a un piano molto coraggioso: la sua Isetta sarebbe stata l’auto della fuga, pur misurando solamente 2,30 metri di lunghezza e 1,40 metri di larghezza. La speranza era che proprio le dimensioni della piccola “bubble car” non avrebbero insospettito i soldati di frontiera, e così Jacobi si mise al lavoro per modificarla e nascondere al suo interno l’amico, in modo da aiutarlo a fuggire da Berlino Est per raggiungere Berlino Ovest.

Le difficoltà erano evidenti, tenuto conto del fatto che la Isetta è già molto stretta per due persone sui sedili posteriori. Jacobi, forte della sua esperienza da meccanico, ricavò un nascondiglio dietro il sedile, accanto al motore, lavorando all’auto nel suo ex laboratorio a Berlino Reinickendorf. Ritagliò un'apertura nel rivestimento dietro il sedile, rimuovendo la ruota di scorta e il filtro dell'aria, sostituì il serbatoio da 13 litri con un contenitore da 2 litri e fece così spazio al passeggero nascosto.

Il 23 maggio 1964, poco prima della chiusura del valico di frontiera a mezzanotte, la Bmw Isetta trasformata di Klaus-Günter Jacobi passò sotto la sbarra aperta, superando la frontiera. Enorme la gioia dei due amici quando si abbracciarono ormai al sicuro, e se quella fu la prima volta che la Isetta venne utilizzata per una fuga, non fu l’ultima: altri otto cittadini della Rdt riuscirono a fuggire a Ovest negli anni seguenti, proprio all'interno di questa Isetta trasformata.

Oggi la macchina è esposta nel Museo del Muro di Berlino, con Jacobi a fare da guida e raccontare la sua avventura nei particolari, ma la storia è raccontata anche in “The Small Escape”, che diventerà un'installazione permanente della mostra sugli spettacolari tentativi di fuga.

La storia della Isetta

La Isetta è stata una delle più popolari automobili del dopoguerra. Ideata e realizzata per la prima volta dall’imprenditore italiano Renzo Rivolta, titolare della Iso Spa (con cui produceva scooter e motociclette), fu progettata da due giovani ingegneri aeronautici e divenne di fatto la prima “citycar” della storia: dimensioni ridottissime, alimentata da un motore da motocicletta, poteva ospitare massimo due persone e viaggiava a una velocità massima di 75 km/h.

In Italia, la Iso Isetta non ebbe un grande successo: presentata al Salone di Torino del 1953, colpì per il design e l’idea, ma il prezzo poco competitivo - in linea con quello di auto più grandi - non aiutò le vendite. Bmw, però, ne rimase folgorata, e nel 1954 l’azienda tedesca chiese a Rivolta di poterla produrre su licenza.

Nel 1955 debuttò quindi la Bmw Isetta 250, in tutto e per tutto simile all’Isetta italiana, eccezion fatta per il motore più potente e la presenza del riscaldamento. Fu un successo, e per i successivi 5 anni Bmw continuò a produrla in diversi colori e anche in versione più grande. Nel 1961 le vendite, ormai calate, spinsero l’azienda a cessare la produzione, ma nel frattempo l’Isetta non era diventata soltanto un’icona, ma anche un simbolo di libertà, grazie all’idea di un giovane meccanico berlinese.

Notizia e Foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
08/10/2019 10:28:27


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