Rubrica Lettere alla Redazione
Lettera aperta: Badia del Vento, il giorno in cui la transizione ecologica ha perso l’anima

Manlio Benzi: il Pd si dimostra incapace persino di governare con coerenza uno stesso monte
Mercoledì 9 luglio è stato definitivamente approvato dalla Regione Toscana il progetto di impianto eolico “Badia del Vento”, nel comune di Badia Tedalda (AR). L’impianto, costituito da sette pale alte 180 metri, correrà lungo il crinale che separa la Toscana dall’Emilia-Romagna, regione che ne subirà le maggiori e più gravi conseguenze in termini paesaggistici, naturalistici, geologici e storici. Siamo nel cuore dell’Alta Val Marecchia, nello splendido territorio del Montefeltro. Al progetto si sono sempre dichiarate contrarie tutte le Soprintendenze coinvolte, la Regione Marche, la Regione Emilia-Romagna e i loro comuni, che ora sembrano intenzionati a presentare ricorso al TAR. L’iniziativa rischia di diventare la testa di ponte per decine di progetti eolici nella stessa area di confine (oltre sessanta mega-pale), che nel loro complesso ricalcano e amplificano il vecchio progetto “Poggio Tre Vescovi”, già discusso a lungo e bocciato nel 2017 dal governo nazionale per manifesta incompatibilità rispetto alle caratteristiche del territorio. Finisce così un’odissea durata anni, fatta di discussioni, valutazioni, prese di posizione. Sono intervenuto a più riprese sull’argomento, denunciando il pericolo di uno stravolgimento irreversibile di un territorio di inestimabile valore. Non tornerò su quei punti, già evidenziati con forza da me e da tantissimi altri che si sono battuti con passione, competenza e assoluta gratuità per la difesa di quei valori. Voglio qui, pur con pochissime speranze di essere ascoltato, rivolgere un preoccupato appello a chi dell’ecologia ha fatto un manifesto politico: al Partito Democratico, in particolare, all’interno del quale si sta consumando tutta questa partita tra le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna. Da questa vicenda ne escono certamente sconfitte le associazioni che si sono impegnate a distinguere ecologia da speculazione, le giovani generazioni che cresceranno in un territorio sempre più impoverito di natura, storia e cultura, e quegli amministratori — come il sindaco di Casteldelci (RN) — che con coraggio cercavano di coniugare tutela ambientale e rilancio economico. Ma soprattutto, e paradossalmente, la vera sconfitta è la cosiddetta “transizione ecologica”.
Poteva essere l’occasione giusta per ribaltare il paradigma: fare economia con passo lento e onesto, con al centro il bene pubblico da lasciare in eredità. È stato invece l’ennesimo trionfo di una politica arrogante e cialtrona. Per giustificare ogni coraggioso si ai progetti proposti , racconteranno, con voce sempre più artefatta e retorica, del cambiamento climatico, della calura che ci attanaglia, del tempo che non c’è più, evitando però di sottolineare che i morti, gli sfollati e le vittime di una natura ferita dall’avidità umana (cosa che nessuno nega!) sono prima di tutto vittime di una politica malata. Una politica che, per impotenza, convenienza o ignoranza, si volta dall’altra parte, mentre dietro le speculazioni rimangono solo macerie. Il miraggio della transizione ecologica è finito nell’arroganza con cui la politica ha umiliato anni di lavoro di chi ha raccolto dati scientifici, redatto rapporti, avanzato osservazioni. È finito nel silenzio imposto alle istituzioni e alle Soprintendenze contrarie. È finito in un confronto fittizio, dove nulla è cambiato davvero relativamente a un progetto che dovrebbe portare su un crinale oggi raggiungibile solo con una mulattiera, funestata da frane, plinti in pezzi indivisibili , giudicati inadatti al trasporto persino da Autostrade per l’Italia. È finito nella decisione del presidente della Regione Toscana di abdicare al proprio ruolo, lasciando tutto il fronte pubblico sulle spalle del sindaco di Badia Tedalda, che da anni attende il fiume di denaro promesso dall’impianto eolico, con cui ha annunciato ogni genere di iniziativa: piscine, restauri, case da regalare, strade e musei. Tutto questo, però, fuori dalla cornice della legislazione vigente, confondendo — forse deliberatamente — le risorse pubbliche con quelle dei privati proprietari dei terreni.
È semplicemente grottesco che, in un mondo che si sta armando fino ai denti, questa politica, aggrappata alle tabelle di una balbettante Europa — usate come foglie di fico per coprire la castrazione del più elementare buon senso — pretenda ancora di essere credibile nel ruolo di salvezza del pianeta. Sarebbe auspicabile che, nell’area progressista ed ecologista — e più specificamente nelle fila del PD, che si dimostra incapace persino di governare con coerenza uno stesso monte, una stessa valle, uno stesso fiume — si apra finalmente una riflessione seria. Una riflessione libera dagli slogan e dall’asservimento alle lobby, per ripensare davvero cosa sia oggi, e soprattutto domani, una politica ecologica orientata al bene comune. È un auspicio, certo. Ma ancora di più una necessità, se si vuole fermare l’emorragia di milioni di cittadini che hanno visto volare via l’anima del loro riferimento politico.
Manlio Benzi
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