Caldera dei Campi Flegrei: “è un Supervulcano, il vero pericolo e cosa accadrebbe se esplodesse”
Non bisogna dimenticare che in quella zona vivono un milione e mezzo di persone
La Caldera dei Campi Flegrei (campi ardenti dal greco) è tornata a far paura col manifestarsi di fenomeni di bradisismo e scosse sismiche. Se il cosiddetto Supervulcano esplodesse, stando alle previsioni degli esperti, potrebbero formarsi nuvole infuocate destinate a calare verso il mare, e la cenere potrebbe ricadere su Napoli e anche molto più lontano con molte vittime e grandi distruzioni. E in quella zona, non va dimenticato, vivono circa un milione e mezzo di persone. Ma qual è la situazione, quale il rischio, cosa si dovrebbe fare e come si dovrebbe attuare il previsto piano di evacuazione? Ne abbiamo parlato con Mario Tozzi, noto volto televisivo, geologo e divulgatore scientifico che non ha bisogno di presentazioni.
Dottor Tozzi, cosa c’è sotto quella Caldera ampia circa 450 Km quadrati che si estende dall’isola di Procida a gran parte della città di Napoli?
“Ci sono una serie di vulcani, 29 o 30, raccolti dentro una sorta di pentolone con una camera magmatica la cui superfice si trova a circa 5mila metri sotto il suolo. Quando la camera magmatica spinge verso l’alto si producono fenomeni come quello del bradisismo (periodico abbassamento o innalzamento del livello del suolo, ndr) e dei movimenti sismici”.
Perché se ne ha tanta paura, perché si parla di pericolosissimo supervulcano e cosa significherebbe una eruzione improvvisa di questa caldera?
“Lo chiamiamo così perché rischia di avere un valore di esplosività intorno a 8 sulla scala VEI (Volcanic Explosivity Index), e i vulcani con tali caratteristiche vengono chiamati supervulcani a prescindere dalle dimensioni. In genere tuttavia si tratta di grossi apparati vulcanici come quello particolarmente famoso di yellowstone. La sua pericolosità invece sta non tanto nel fatto che possa eruttare domani, non tanto nel fatto che esprima un’attività piena anche oggi, quanto nel numero di persone potenzialmente esposte a rischio, con tutti i beni, le strutture e il patrimonio boschivo che vi sono presenti. E’ questo a fare la differenza. Il rischio vulcanico lì è molto alto, non tanto per la possibilità che l’esplosione possa essere tremenda, quanto per la possibilità di mettere a rischio la vita di centinaia di migliaia di cittadini”.
In questo ultimo periodo le cronache parlano di evidenti segnali di risveglio, di movimenti del suolo, scosse e fenomeni sismici. A suo avviso questo significa che è imminente un'eruzione della caldera?
“E’ difficile dirlo. I segnali possono essere legati alla spinta dei gas, dei fluidi, cosa rapportabile quindi alla normale attività vulcanica. Oppure può essere il magma che spinge. In questo caso significa effettivamente che potrebbe esserci una eruzione. Ma attualmente non lo possiamo sapere. Al momento non c’è la certezza. Non possiamo neppure sapere se, nel caso, sarà una eruzione devastante come quella di 15mila anni fa (successiva a quella in più fasi dell'ignimbrite campana di 39 mila anni fa) che generò lo strato del tufo giallo napoletano con cui è stata costruita in gran parte la città di Napoli. Un evento veramente micidiale”.
A suo avviso si sta facendo tutto quanto si dovrebbe per gestire i rischi?
“Gli enti preposti hanno fatto perfettamente il loro lavoro, hanno predisposto un piano e preparato il materiale per le esercitazioni. Alle esercitazioni però occorre partecipare. Non devono andarci solo poche persone. Per far funzionare il piano di evacuazione è necessario infatti fare delle prove. Inoltre le persone dovrebbero abituarsi all’idea di lasciare tutto a casa se dovesse scattare l’allarme, a portarsi via solo una valigia, a non prendere l’auto privata per imboccare l’autostrada ma ad arrivare a piedi nei luoghi indicati per essere trasferiti con i mezzi preposti nei centri di accoglienza. Senza le adeguate prove il piano difficilmente potrà funzionare”.
Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi (Ansa)
A questo proposito, sono nate discussioni riguardo al piano di evacuazione. Molti, e tra questi degli esperti, fanno notare che il piano prevede almeno 72 ore di anticipo rispetto all’evento. Ma non potrebbe accadere che l’evento sia più veloce e quindi ci si trovi impreparati? Una ipotesi preoccupante, soprattutto se volgiamo il pensiero al numero di persone che abitano in quella zona e alle possibili conseguenze.
“Il piano di evacuazione va al di là delle 72 ore. Inoltre le 72 ore sono il tempo minimo previsto, quindi è un tempo sufficiente. Ripeto, l’importante è provare e riprovare a metterlo in pratica. Fare delle simulazioni affinché, nel caso, possa funzionare tutto per il meglio”.
Ma perché si è edificato sopra una caldera vulcanica, perché in Italia si costruisce spesso dove la natura dice di no?
“Ci sono ragioni paesaggistiche, di clima, di fertilità dei suoli, di bellezza del posto. Chi non vorrebbe vivere nei Campi Flegrei? E’ un luogo meraviglioso. Poi, nessuno ha fatto rispettare le regole e le eruzioni non ci sono state. Solo una volta si è verificata un'eruzione, se parliamo dei tempi storici: mi riferisco a quella del Monte Nuovo del 1538. E quando le eruzioni non ci sono si scorda il vulcano e si finisce col lasciare ampia libertà di iniziativa ai privati che vogliono più case. Si tollerano gli abusi e si tollerano case costruite in maniera sbagliata”.
Cosa è mancato?
“Ci sarebbe voluta una diversa gestione del suolo. E piani per incentivare le persone a scegliere di andare a vivere, pian piano, da altre parti. Si sarebbe dovuto delocalizzare, invece si è finito col favorire la concentrazione, e questo è stato il vero errore”.
Ma la parola speculazione ci sta in questo discorso?
“Certamente, però teniamo conto che in uno di quei crateri c’è un ospedale, in un altro c’è un ippodromo, poi c’è la parte militare. Insomma, ci siamo scordati che lì c’è un vulcano, ma prima o poi – purtroppo - il vulcano ce lo ricorderà”.
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