Strage di Torremaggiore, il padre assassino: “Gessica si è trovata nel momento sbagliato"
"Ho preso in braccio mio figlio dopo che ho capito cosa avevo fatto”
E adesso, sulla tragedia di Torremaggiore, in provincia di Foggia, ci sono le parole scritte nere su bianco nei verbali in mano ai carabinieri. È la confessione di Taulant Malaj accusato dell'omicidio della figlia 16enne, del presunto amante della moglie Massimo De Santis, 51 anni, anche lui ucciso a coltellate, e in carcere anche per il tentato omicidio della moglie.
La mattanza durata mezz’ora
Dopo aver ucciso il presunto amante della moglie, lungo le scale del condominio di Torremaggiore l’uomo è tornato a casa, è entrato in camera da letto dove c'era la moglie e «l'ho colpita», ma «è entrata Jessica la quale voleva proteggere la mamma. Allora io ho colpito anche Jessica e l'ho uccisa: manco mi ero reso conto che fosse lei. Jessica purtroppo si è trovata nel momento sbagliato. Le volevo bene». L’uomo spiega così una mattanza senza senso e durata mezz'ora, dopo di che il 45enne panettiere di origine albanese ha realizzato un video per immortalare quanto fatto, immagini subito acquisite dai carabinieri.
Il piccolo sopravvissuto alla strage
Leonardo, 5 anni, era in casa e «quando mi sono reso conto di cosa avevo fatto l'ho preso in braccio». È un altro dei dei passaggi del verbale di Malaj. Il bambino di 5 anni, figlio della coppia, affidato agli zii paterni Sul davanzale della finestra ci sono delle scarpe da ginnastica da bambino bianche, rosse e blu. Sul balcone alcuni giocattoli sparpagliati, come sul pavimento della cucina. È in questa casa modesta ma pulita e decorosa che Leonardo, 5 anni, ha trovato ospitalità dopo che sua sorella Gessica è stata uccisa e sua madre Tefta è scampata per miracolo alle coltellate del marito Taulant Malaj. Mentre la sua mamma – che non ha alcun parente in Italia – è ricoverata in prognosi riservata all’ospedale di Foggia, Leonardo è a casa degli zii paterni a Torremaggiore.
È un bel bimbo, capelli chiari, sguardo dolce e curioso
Mentre parliamo con la zia, anche lei albanese come il marito, fratello di Taulant, va in un’altra stanza. E così Rabusche Muskaj, che nel nostro Paese si fa chiamare Rossella, 40 anni, inizia a rievocare il dramma vissuto dal nipotino quella maledetta notte. «Quando i carabinieri ce lo hanno affidato era ancora sotto choc. “Gessica non c’è più, Gessica non c’è più” diceva tra le lacrime. Ma poi non ha più parlato di quello che ha sentito quella notte. Lui si era nascosto dietro il divano per la paura, almeno così ci hanno spiegato i carabinieri che lo hanno trovato rannicchiato lì. Ma noi non parliamo di quello che è successo».
Non chiede dov’è la sua mamma?
«Gli abbiamo detto che tornerà a stare con lei appena uscirà dall’ospedale. E lui non fa altre domande. Qui con noi è tranquillo. Poi penserà a tutto mia cognata. Io e mio marito Qemal non abbiamo figli e quindi siamo molto legati ai nipoti. Sia a Leonardo che a Gessica». Basta pronunciare questo nome e gli occhi di Rossella si riempiono di lacrime. «Non posso credere che non c’è più. Gessica era il mio cuore, era la mia luce». Si passa una mano sul viso per asciugare le lacrime e riprende a parlare di Leonardo. «Oggi (ieri per chi legge, ndr) non l’ho portato all’asilo. Aspetto qualche giorno. Stamattina l’ho portato al mercato e gli ho comprato dei giocattoli. Io da 8 anni faccio le pulizie a casa di una famiglia che ha capito tutto. Mi hanno detto “stai tranquilla a casa con tuo nipotino finché non torna sua madre a prenderlo”. E così sto facendo. Passiamo il tempo a giocare, ogni tanto guarda i cartoni animati e aspettiamo che il tempo passa».
La zia Rossella sconvolta dall’accaduto
Rossella è una donna molto gentile e garbata e a tratti si sforza anche di sorridere. Ma è evidente che anche lei è rimasta sconvolta da quello che è accaduto. E non potrebbe essere altrimenti. Sconvolta e impaurita. Come la notte dell’omicidio. «Taulant ha telefonato a mio marito urlando “li ho ammazzati tutti, li ho ammazzati”, allora noi ci siamo precipitati a casa sua. Ma le devo confessare la verità: non siamo entrati subito. Avevamo paura che faceva del male anche a noi e abbiamo aspettato l’arrivo dell’ambulanza e dei carabinieri. Solo dopo siamo entrati a casa sua. Eravamo terrorizzati».
Ma aveva mai dato segni di violenza in passato?
«No, mai. Noi non potevamo sospettare niente e anche sulla sua gelosia non sappiamo niente. Dicono tante cose, ma solo tra moglie e marito sanno cosa c’era. Solo tra loro due sanno la verità. Io e mio marito siamo distrutti per quello che Taulant ha fatto. Non è giusto». Leonardo riappare all’improvviso e si stringe accanto alla zia. La notte dell’omicidio alcuni sanitari, mentre i carabinieri bloccavano Taulant, hanno momentaneamente affidato il piccolo aI vicini di casa. Poi, in assenza di familiari della madre, è stato stabilito di farlo stare con gli zii paterni. «Mia cognata Tefta sa di poter contare su di noi – conclude Rossella –. Mio marito è andato a trovarla in ospedale. Io sto qui a casa con Leonardo. Speriamo solo che il tempo passa». La consecutio temporum non gira, ma le parole colgono perfettamente il segno. E chissà quanto tempo occorrerà affinché Leonardo possa superare l’incubo in cui gli orchi delle fiabe esistono per davvero e possono addirittura avere il volto di tuo padre.
Le immagini dell’orrore
«Il video accanto ai cadaveri l'ho fatto così, non c'era un motivo particolare. Dopo averli uccisi ho chiamato mio fratello al quale ho raccontato quello che avevo fatto. Lui non è venuto subito, ha avuto paura, è arrivato dopo l'ambulanza». Taulant Malaj, panettiere albanese di 45 anni, è sotto choc quando al pubblico ministero che lo interroga poche ore dopo i fatti confessa il duplice omicidio.
Il killer al pm: mia moglie con lui sulla Maserati
Parla anche del tentato omicidio della moglie Tefta, di 39, che continua ad accusare di aver avuto per oltre un anno una relazione sentimentale con Massimo, che abitava nel loro stesso condominio, a Torremaggiore, nel Foggiano. «I due si erano conosciuti dopo un incidente stradale – spiega –, da allora avevano cominciato a parlare e a frequentarsi. Mangiavano anche assieme. Questi incontri li ho registrati con il mio cellulare». «Un giorno – aggiunge – Massimo con la sua Maserati ha portato in giro mia moglie». Poi la notte del delitto, dopo aver sorpreso la moglie a chattare con Massimo, ha deciso di mettere a punto quella che doveva essere una strage. Tutti particolari che la Procura sta verificando attraverso l'analisi dei telefoni cellulari sequestrati alle vittime e al presunto assassino.
Le testimonianze: un lavoratore esemplare
Un ruolo importante arriverà anche dai testimoni. Il fratello di De Santis, Gianluca, ha già smentito ogni legame sentimentale e di frequentazione tra i due. Al momento – riferiscono gli inquirenti – il tradimento «non si può né escludere né confermare», così come «non ci sono elementi per poter dire che l'uomo volesse uccidere il figlio di 5 anni», che si era nascosto dietro al divano, «o che l'abbia voluto risparmiare» prendendolo addirittura in braccio dopo la mancata strage. Il movente è comunque importante per poter comprendere l'esatta dinamica dei fatti e la personalità dell'indagato del quale tutti parlano bene, a cominciare dai colleghi del panificio “Latartara” che lo descrivono come un dipendente serio, preciso e instancabile. Insomma, un lavoratore esemplare che non ha mai parlato dei problemi che aveva con la moglie, con la quale era sposato da 17 anni.
Le indagini e l’autopsia sui corpi
Un contributo alle indagini arriverà domattina dall'udienza di convalida del fermo di Malaj. Questi potrà rispondere alle domande del gip e delle parti e spiegare meglio quello che è successo la notte tra il 6 e il 7 maggio scorso nell'androne del palazzo. Tefta è ancora ricoverata in prognosi riservata: le sue condizioni di salute non permettono l'ascolto da parte degli inquirenti. Il colloquio con i magistrati avverrà non prima di venerdì. Intanto per giovedì mattina è in programma l'autopsia sui corpi delle due vittime. L'arma del delitto, un coltello da cucina, è stata trovata nell'auto di Malaj che – a detta dello stesso indagato – aveva intenzione di fuggire per sottrarsi all'arresto, oppure – come ipotizza qualcuno – di porre fine alla sua vita.
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