Vestiti colorati contro il buio della cultura talebana: la campagna social delle donne afgane
In tante hanno condiviso con l'hashtag #DoNotTouchMyClothes
Non tuniche e veli neri che coprono dalla testa ai piedi, ma vestiti colorati e ricamati in modo vivace creativo: è l'immagine delle donne afgane alternativa a quella imposta dai Talebani promossa in queste ore dalla campagna social #DoNotTouchMyClothes (Non toccate i miei vestiti).
In tante hanno condiviso foto dei propri abiti, evocando la ricca tradizione sartoriale del loro Paese, tra colori accesi, perle e disegni, mostrati al mondo anche attraverso l'hashtag #AfghanistanCulture. A lanciare la campagna è stata la storica afgano-americana Bahar Jalali, trasferitasi negli Stati Uniti da bambina, prima dell'ascesa al potere dei sedicenti studenti coranici nella seconda metà degli anni Novanta. La scintilla è scattata dopo la diffusione delle immagini di una manifestazione a Kabul a sostegno dei mullah, in cui circa 300 afgane apparivano coperte quasi integralmente con hijab neri. Forti sono inoltre i timori di un ritorno di fatto all'obbligatorietà del burqa, imposto durante il primo Emirato islamico.
"Noi indossiamo morbidi veli di chiffon che lasciano parzialmente scoperti i capelli. E chiunque conosca la storia e la cultura dell'Afghanistan sa che i vestiti indossati da quelle donne non sono mai stati visti in Afghanistan" prima dei Talebani, ha spiegato Jalali, che nel 2009 era ritornata per alcuni anni nel suo Paese d'origine, dove ha ottenuto la prima cattedra di studi di genere all'Università americana di Kabul.
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