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Ad Arezzo da venti anni l’Oscar… della sismologia

L’osservatorio sismologico voluto da un aretino doc Enzo Boschi

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L’acronimo che richiama al celebre premio con la statua sta in realtà a indicare l’osservatorio sismologico voluto da un aretino doc, Enzo Boschi, per anni presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Interazione stretta con il territorio per creare cultura in materia fra la popolazione

Si chiama Oscar ed è il singolare acronimo di Osservatorio Sismologico di Arezzo secondo questa logica evidenziata dalle lettere maiuscole: Osservatorio SismologiCo ARezzo. La sua sede è stata inizialmente nell’ex mattatoio davanti all’ospedale, ma poi è stata trasferita in via del Saracino, nei locali della Provincia e di seguito a Villa Severi, dove si trova attualmente e dove lo scorso 21 maggio – nel rispetto delle regole dettate dal Covid-19 – è stato celebrato il ventennale dell’attività sotto il presidio del nuovo presidente, il professor Carlo Doglioni. Di fatto, l’Osservatorio di Arezzo è uno dei 21 distaccamenti presenti in tutta Italia dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che per dodici anni – dal 1999 al 2011 – è stato presieduto proprio da un aretino, Enzo Boschi, morto nel dicembre del 2018. Laureato in Fisica, Boschi è stato un esperto in materia; a lui – come si ricorderà – si rivolgevano sempre stampa e televisioni ogni qualvolta si verificava un evento sismico per sapere la spiegazione. Ebbene, sua è stata l’idea di aprire anche ad Arezzo una sede distaccata e non si tratta certo di una scelta di natura prettamente affettiva; noto è infatti il grado di sismicità di questo territorio in un contesto italiano nel quale tuttavia terremoti e attività dei vulcani sono casi piuttosto frequenti. Nemmeno a farlo apposta, sei mesi dopo l’inaugurazione dell’osservatorio di Arezzo si verificò in Valtiberina il forte terremoto del 26 novembre 2001 con magnitudo 4.3, che creò subito “lavoro” alla struttura. Fino al 2000 circa, l’INGV aveva soltanto la sede centrale di Roma con tanto di sala di monitoraggio sismico su tutti i movimenti tellurici che si verificano in Italia; fra le “succursali”, quella di Arezzo è stata la prima a entrare in funzione ed Enzo Boschi, Paolo Berti; il capo ingegnere della Provincia di Arezzo, Giovanni Cardinali; l’onorevole Vasco Giannotti; l’allora sindaco di Arezzo, Luigi Lucherini e i principali industriali aretini avevano fondato il CPSIS, Comitato per la Promozione dello Sviluppo delle Infrastrutture di Servizio, fra i cui obiettivi vi era anche quello di portare appunto ad Arezzo una sede dell’INGV. Vi era nel gruppo anche l’ingegner Vittorio Gori, che aveva messo a disposizione della nuova sede la sua Fiat Panda 4x4, grazie alla quale era possibile trasferire la strumentazione per l’effettuazione di numerosi esperimenti, soprattutto in Valtiberina.

Tanti gli esperti e gli ospiti giunti all’osservatorio da tutto il mondo; alcuni vi sono rimasti per poco, altri per periodi più lunghi. A Villa Severi, la sede è stata trasferita nel 2013 e vi operano cinque professionisti esperti in materia, fra i quali c’è il dottor Thomas Braun, che in occasione del ventennale dell’osservatorio ha tenuto l’intervento introduttivo, ricordando che - a causa del periodo particolare – “la pandemia non ha consentito la celebrazione del piccolo “giubileo” come di consuetudine, ma nemmeno si è voluto rinunciare al ricordo di questa importante data”. La cerimonia in presenza è stata sostituita da una conferenza virtuale, alla presenza – per la Provincia di Arezzo – della presidente Silvia Chiassai Martini e del responsabile della protezione civile, Enrico Gusmeroli. C’era poi – motivo di grande onore - il professor Carlo Doglioni, presidente dell’INGV. Interventi di un certo interesse sono stati quelli dell’ingegner Luca Gori, dirigente del settore “sismica” della Regione Toscana e dell’ingegner Marco Sacchetti, assessore all’ambiente e alla protezione civile del Comune di Arezzo. Fra i concetti evidenziati, il legame che si è costituito fra la struttura e il territorio. Un’altra singolarità è data dal fatto che all’interno dell’osservatorio operano cinque esperti che non sono originari dell’Aretino, ma che sono rimasti incantati da questa terra, creando uno stretto contatto con la popolazione. Il riicercatore Riccardo Azzara ha ricordato quelle che sono le principali funzioni dell’osservatorio ed è scontato ricordare che in testa a tutte vi è il costante monitoraggio della sismicità in ambito locale, ma uno dei punti di forza – così è stato definito – è costituito dalla trasmissione delle informazioni su quanto tratto dal territorio al territorio stesso attraverso mostre scientifiche rivolte a scuole e cittadinanza, non dimenticando il rapporto con stampa e organi di informazione per ciò che riguarda gli eventi sismici che si verificano periodicamente. “Coniughiamo la didattica con la divulgazione e l’informazione – ha detto il dottor Azzara – e facciamo progetti didattici con gli insegnanti delle scuole. Le mostre hanno una cadenza biennale alternata fra la città di Arezzo e le quattro vallate della provincia. La nostra presenza sul territorio nasce dalla intenzione che abbiamo, ossia quella di fare opera di alfabetizzazione all’interno del territorio, trasmettendo una consapevolezza della pericolosità del territorio derivante dalla conoscenza. In parallelo con la comunicazione, scorre la ricerca, cercando di legare anch’essa al territorio. Studiamo la propagazione delle onde sismiche nell’area urbana e diamo le informazioni per le aree di emergenza da inserire nei piani strutturali. Abbiamo di conseguenza installato 13 stazioni sismiche permanenti: ad Arezzo, per esempio, ne abbiamo collocata una nel palazzo della Provincia, una negli ambulacri del museo archeologico dell’anfiteatro e una nella succursale del liceo classico. Un’altra funzione importante è il contributo importante che, attraverso gli strumenti a disposizione, viene dato all’ingegneria e in particolare alla conservazione e conoscenza strutturale dei beni ambientali. Un lavoro portato avanti su tante strutture in ambito sia regionale che extraregionale. Un monitoraggio sismometrico continuo e accurato che sta durando nel tempo sul museo archeologico nazionale di Arezzo, con l’obiettivo di produrre ulteriori dati. Altro professionista molto conosciuto nell’ambito dell’osservatorio aretino è Thomas Braun, anche lui ricercatore, che completa il novero delle attività svolte da Oscar; da segnalare lo studio delle aree geotermiche sia vicine al lago di Bolsena che al monte Amiata e a Larderello, ma anche quello delle sismicità connesse alle variazioni nel livello della diga di Montedoglio, un invaso che si è riempito a partire dagli anni ’90 fino ad arrivare alla portata massima. Nel frattempo, si è verificato il forte terremoto del novembre 2001 e il bacino è soggetto a forti oscillazioni stagionali, con poca acqua in estate e molta in inverno, non dimenticando il cedimento dei tre conci della parete di sfioro nel dicembre del 2010. Il lavoro di monitoraggio dell’osservatorio – ha poi precisato Braun – è anche su scala interregionale, con nuove stazioni a sud-est di Deruta per avere indicazioni in tempo reale: ciò che interessa è il grado di sismicità dell’Appennino Centrale, ma rimanendo in tema di attività estesa fuori regione è da ricordare come nel 2012, dopo il violento terremoto di maggio a Reggio Emilia, è stata compiuta una indagine per capire se il sisma sia stato innescato o indotto dalle attività di estrazione idrocarburi.

Riassumendo, l’attività prettamente tecnica dell’Osservatorio Sismologico di Arezzo riguarda lo studio della microsismicità dell’Appennino, la distribuzione e l’origine degli sciami sismici e lo studio delle amplificazioni locali in aree urbane, più lo studio degli eventi sismici passati attraverso l’analisi dei sismogrammi storici. Per rendere l’idea in maniera più chiara, prendiamo uno dei primi esempi, relativo al terremoto del 26 novembre 2001, l’ultimo di una certa potenza in zona (ricordiamo la magnitudo 4.3), che ha attivato una sequenza sismica ubicata a circa sei chilometri a nord di Sansepolcro. La presenza delle diverse stazioni delle reti locali permanenti e temporanee ha fatto sì che venissero registrate le quasi 150 repliche verificatisi dopo l’evento principale; le informazioni ricavate hanno insomma permesso di avere un quadro esatto sulla crisi sismica apertasi nel comprensorio e su epicentri e ipocentri, concentrandosi soprattutto sulla Faglia Alto Tiberina, quella che interessa il comprensorio, sui suoi movimenti e sulla potenza dei terremoti che può generare. Proprio l’incontro con gli esperti dell’Osservatorio Sismologico di Arezzo, nei giorni successivi al sisma del novembre 2001, era stato importante per creare un minimo di cultura fra la popolazione stessa. Braun aveva evidenziato come, non essendovi la possibilità di prevedere i terremoti, vi era comunque il sistema delle sequenze storiche per tentare di darne quantomeno una spiegazione, ragion per cui se dopo un evento principale si verificano determinate repliche vi sono ragionevoli motivi per affermare che lo sciame o la crisi sismica in atto seguano un’evoluzione più o meno regolare. In quel caso, la preannunciata regolarità sottolineata da Braun ebbe traduzione all’atto pratico. Concludendo, l’operazione che ha portato all’insediamento dell’osservatorio ad Arezzo ha dimostrato fin da subito la propria opportunità, perché nello spirito degli ideatori c’era e c’è tuttora la volontà di “educare” un intero territorio alla convivenza con un fenomeno della sismicità del quale occorre prendere atto. I dati raccolti non sono quindi più il solo materiale di lavoro per gli esperti, ma informazioni che servano alla popolazione per farsi un’idea della situazione e per mettere a fuoco le caratteristiche tettoniche del luogo nel quale vive. Il rapporto fra Oscar e l’intera provincia di Arezzo deve pertanto essere funzionale a questo scopo: creare una precisa cultura anche fra coloro che non hanno padronanza della materia e che magari, anche temendo il terremoto, possono cominciare a considerarlo meno spauracchio di quanto per loro lo era stato fino a quel momento.

Le principali tematiche scientifiche sviluppate all’OSCAR 

·   lo studio della microsismicità dell'Appennino centro-settentrionale tramite l'uso di dati prodotti da array sismici, distribuzioni di sensori sismometrici disposti secondo geometrie e spaziature particolarmente idonee per la localizzazione di piccoli eventi sismici. (Thomas Braun)

·   il monitoraggio di aree nelle quali la presenza di attività antropiche che interferiscono con i processi geologici naturali (estrazione o immissione di fluidi, trivellazioni, attività di cava, ecc.), possono produrre terremoti di origine artificiale (sismicità indotta). (Thomas Braun)

·   l'individuazione tramite metodi geologici di Faglie Attive e Capaci (FAC), strutture geologiche in grado di produrre terremoti (Marco Caciagli, Carlo Alberto Brunori e Stefano Urbini)

·   l'analisi di sismogrammi storici, set di dati prodotti nel passato su supporti analogici (carta, lastre fotografiche, ecc.) che vengono trasformati in segnali numerici tramite digitalizzazione, in modo da essere analizzati con tecniche di analisi che si applicano a dati registrati da stazioni sismiche moderne. (Marco Caciagli)

·   il contributo della sismologia all'ingegneria sismica attraverso il monitoraggio sismometrico di strutture edificate per l'identificazione dei parametri modali e la valutazione dello stato di salute (State of Health Monitoring, SHM). Il metodo di analisi particolarmente utile nel caso di edifici di interesse storico-monumentale ed applicato a Beni Culturali. (Riccardo Azzara)

·   lo studio delle amplificazioni locali, l'individuazione delle condizioni legate alla geologia di superficie che possono produrre effetti di incremento dello scuotimento del suolo prodotto da un terremoto (effetti di sito) in particolare in ambito urbano. (Riccardo Azzara)

·   Recentemente, si sono aggiunte tematiche di geofisica di esplorazione, grazie all'apporto di un ricercatore proveniente dal settore della Geofisica Ambientale (Stefano Urbini): lo studio delle caratteristiche geologiche e geofisiche del sottosuolo attraverso metodi di indagine non invasiva quali il georadar, la geoelettrica, il rilevo tramite l'uso di droni.

·   attività di didattica e divulgazione scientifica, vengono regolarmente svolti incontri e corsi nelle scuole di ogni ordine e grado della città e della Provincia, seminari, conferenze e mostre divulgative rivolte anche alla cittadinanza. (Riccardo Azzara e Marco Caciagli)

·   L'Osservatorio è attivo in ambito accademico: numerosi sono gli accordi di collaborazione scientifica con le Università, con particolare attenzione a quelle presenti sul territorio regionale (Firenze, Pisa, Siena). Tali rapporti collaborativi si concretizzano nella realizzazione di corsi e seminari e in attività di tutoraggio per tesi di laurea di primo livello o magistrali e per tirocini curricolari. (Riccardo Azzara e Thomas Braun)

 

 

Redazione
© Riproduzione riservata
23/08/2021 09:17:58


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