Un tema delicato, ingombrante e invisibile: l'anoressia
La scrittura può salvarci da molti mali, da molte ombre
Buongiorno a tutti oggi voglio parlare, di un tema delicato, ingombrante e troppo invisibile.
Non ci sono parole vivaci, parole costruite, artificiali come la bellezza di chi occupa quel piccolo spazio di corpo e denti, di anima precaria, di sangue freddo nelle vene, di cibo respinto, di aghi nel cuore.
Lo voglio fare attraverso una ragazza che ho conosciuto, che ha portato dentro questo male, che ha trovato giovamento nella mia amata scrittura.
Si la scrittura può salvarci da molti mali, da molte ombre.
La scrittura ha aiutato anche lei come dice Serena, ha riempito molti buchi, la scrittura piano piano ha preso il posto della malattia, insieme ad un supporto psichiatrico, e nutrizionale.
Lei Serena Barsottelli, nel suo blog Briciole, scrive il suo racconto che voglio farvi leggere perchè davvero bellissimo!
Mi ha fatto rabbrividire e commuovere.
Lei scrive la mail così:
Quando ho iniziato a pensare di uscirne, avevo paura di sgretolarmi. Provo a spiegarmi meglio: mi identificavo con la malattia, o meglio ancora credevo nell'equazione Serena = anoressica. Guarendo, perdendo lei, avevo paura di andare in frantumi e di ritrovarmi rotta e vuota. La scrittura ha riempito quei vuoti e c'è sempre stata. Mi era sempre piaciuto scrivere, ma da quel momento scrivere per me è diventato qualcosa di diverso.
Ti posto qui un racconto che ho scritto sull'anoressia e che ho portato anche nelle scuole. Questo racconto ha vinto un secondo e un primo posto in concorsi di narrativa, è un racconto che emoziona chi lo ascolta e purtroppo emoziona molto anche me ogni volta che provo a rileggerlo ad alta voce. Non ci riesco, inizio a piangere. Per cui, se volessi citarlo, leggerlo o qualcosa di simile, ti chiederei, se non ti dispiace, di prestare la tua voce.
Io rispondo con il cuore gonfio di orgoglio e voglia di portarlo più in alto possibile come merita se posso scriverlo qui, affinchè altre famiglie altre persone possano capire quello che rappresenta vivere questa condizione.
Come la scrittura abbia fatto questo miracolo.
Lei é stata anche alla trasmissione di Magalli, "i fatti vostri", proprio per sensibilizzare le persone su questo tema tanto temuto e ripudiato.
Il racconto di Serena:
Come è nato questo testo?
Dovevo scrivere un racconto sul tema cibo. “Briciole” è arrivato come un fiume e io ho solo prestato la mia mano alla sua voce. Diversamente dal solito, non ho costruito tutto a monte, ma ho lasciato quello che avevo dentro libero di fluire fuori. Ho riletto e limato molto, soffermandomi su ogni singola parola.
“Briciole” mi ha messo in contatto con una parte profonda di me stessa e con molti lettori. Questo racconto ha ottenuto numerosi riconoscimenti.
Lo pubblico qui per farlo “girare”. Per far arrivare un messaggio di speranza a tutti coloro che stanno combattendo contro i loro demoni.
Che vi arrivi come un abbraccio o come acqua fresca. Che ristori le vostre membra e i vostri cuori. Che vi ricordi che la bellezza è ovunque.
Buona lettura.
Sono Chiara, ma puoi chiamarmi come vuoi. Il mio nome non è importante. Quella persona non esiste più. È morta molto tempo fa.
Mi è rimasta solo una cosa: il mio desiderio. Ho sempre sognato di volare. Forse un giorno ci riuscirò.
Io sono Anoressia, la Signora Dea tua.
Non avrai altra Amica fuori di me.
Non pronunciare il mio nome: rinnega. Menti.
Ricordati delle briciole.
Onora la fame. Pratica il digiuno.
Non amarti.
Non abbandonarti alle abbuffate.
Non sorridere.
Non dire che hai bisogno d’aiuto.
Non desiderare il corpo d’altri.
Non desiderare il piatto d’altri.
Hanno chiamato il mio nome. Quello che i miei hanno scelto e che io ho sempre odiato. Chiara. Trasparente. Il mio corpo e i suoi liquami mi hanno resa torbida. Ingombrante.
Il pranzo è pronto. Inutile sperare che l’arrosto sia bruciato o che tutta l’acqua per la pasta sia evaporata.
Il mio supplizio è sempre identico: sedersi, giocherellare con il cibo, fingere di aver mangiato, sentirsi pieni d’aria, alzarsi e scomparire. Non letteralmente. Solo nella mia stanza, tra quelle quattro pareti e quel soffitto rosa più simili a una cella che a una dimora. Le grate alle finestre rigano i miei sogni: neppure il cielo è azzurro da questo posto. E io sono troppo grossa per poter passare tra le inferriate e volare lontano.
Sminuzza il cibo. Rendi le pietanze briciole. Impugna la forchetta e fingi di afferrarle. Porta alla bocca il niente e assapora la tua fame.
Sei più forte quando digiuni.
Paola ha detto che sto per morire. Poco male, le ho risposto. Tutti vogliamo morire. E tutti ci uccidiamo. Io voglio solo liberare questa anima da questo corpo: tornare finalmente a volare. Da dove veniamo, prima di nascere, tutti abbiamo le ali. Ogni notte sogno di tornare. Di tornare al mio pianeta, come il Piccolo Principe. Il mio corpo è pesante. Il mio pianeta è lontano. Le mie ossa sono troppe, e nessuno scheletro sarà troppo leggero.
Le mie ossa sono le mie spine. L’anoressia i petali della mia rosa. Ho coltivato la mia rosa, giorno dopo giorno, finché non è sbocciata. Le sue radici hanno sradicato le mattonelle del pavimento. Le sue foglie mi hanno stretta in un abbraccio, e reso impenetrabile il mio cuore.
Mi sento sola, a volte. Quando restano solo le briciole dei ricordi a tenermi compagnia. Oggi, chiusa in bagno, ho pianto. Dopo anni. Nessuno mi ha sentita: le voci della televisione hanno coperto ogni altro suono.
Non voglio morire!, ho gridato, ma la voce è rimasta strozzata a metà palato. C’erano le briciole del pranzo a bloccarla. Avevano fatto tappo e mi costringevano al silenzio. Ho cercato di vomitare quel blocco: il rosso dello smalto si è confuso con il sangue.
Spingi. Spingi più forte. Sputa anche il cuore.
Quando sono uscita dalla stanza, mi sono gettata sul letto. Le pareti si muovevano anche se io, ormai, non vedevo più niente.
Morire fa schifo, mi sono detta.
Non sono ancora pronta.
Fuori dalla finestra un merlo ha iniziato a cantare: il suo fischio era melodioso, più dei singhiozzi, più delle lacrime. Mi sono alzata e sono andata in cucina, per raccogliere un po’ di briciole. E quando sono stata fuori, in giardino, ho scoperto che il sole ancora bruciava, e che gli uccelli saltellavano lenti nel prato.
Ho sparso le briciole e ho aspettato che il merlo si avvicinasse. Ho osservato la cura con cui afferrava un pezzo di mollica. Con un leggero colpo di collo l’ha inghiottito, intero, senza masticarlo. Si è fermato di fronte a me e ha cantato. Ho pensato fosse un ringraziamento, e gli ho sorriso. Ho sorriso a un merlo.
Tu sei niente. Ci sono solo io. Io, l’unica dea. Io, l’unica amica. Senza di me tu sei niente.
A cena ho raccolto le briciole. Non ho mangiato niente, ma ho messo tutto in un fazzoletto. Ho vegliato la notte in attesa del canto del merlo. Quando è arrivato, c’era già luce e il buio era quasi ricordo. Ho aperto la porta della camera, attraversato a piedi nudi il corridoio. Tutto era avvolto nel sonno. Tranne io. Tranne il merlo.
Fuori, si è avvicinato ai miei piedi e ha mangiato le briciole.
Ti disintegrerai. Quando mi lascerai, ti romperai in mille frantumi. Non sei che un vetro troppo sottile. Sei materia informe. Solo io posso plasmarti. Io sono il tuo demiurgo.
Ho assaggiato del cibo. L’istinto di vomitare è stato fortissimo. Le briciole si sono accumulate in fondo allo stomaco e non sono più uscite. Le mie gambe sembravano pesantissime.
Ho portato gli avanzi sotto l’ulivo in giardino. Volevo scappare nella mia stanza, nascondermi sotto le coperte e piangere la mia ingordigia. Il merlo si è affacciato, e a saltelli si è fermato davanti a me. Ho afferrato qualche briciola e ho aperto il palmo. Si è posato, delicato e maestoso: ha cantato e mangiato insieme a me. Ha aperto le ali ed è volato sull’albero. Da lì, penso, il cielo sia davvero azzurro.Oggi tornerò. E anche domani. Per condividere le nostre briciole. E il sogno di volare.
Grazie Serena.
La scrittura terapeutica può alleviare molto il dolore, può portarci ad esprimere quello che non osiamo dire a parole.
Seguitemi sul blog maraeblog.com e su Instagram, dove metterò, una serie di video sulla scrittura come terapia.
Mara Ercolanoni
MARA ERCOLANONI: Nata a Castel del Piano, un piccolo paese nella provincia di Perugia è innamorata della cittadina di Sansepolcro, dove vive con la sua famiglia da ormai 15 anni. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo romanzo: "Alla ricerca della Felicità" che racchiude il suo percorso introspettivo e la sua strada verso un’idea di felicità. Ama scrivere da quando aveva 10 anni e crede nella scrittura come forma di terapia. Ha collaborato con la casa editrice Pagine per una raccolta di poesie e con la Onlus la Voce del Cuore con altri percorsi.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
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