Ecco le varianti del coronavirus SARS-COV-2
I “mutanti” possono dare al virus una maggiore trasmissibilità
Una ricerca in corso presso la Fondazione Oswaldo Cruz, in Brasile, ha evidenziato che la nuova variante di coronavirus trovata nei pazienti giapponesi avrebbe avuto origine nello Stato brasiliano di Amazonas. Le mutazioni riscontrate nel virus hanno creato quello che si configura come un nuovo ceppo brasiliano. Secondo gli scienziati, le mutazioni trovate potrebbero significare che questo nuovo ceppo ha una maggiore potenza di trasmissione, poiché due importanti mutazioni sono state descritte simultaneamente nella proteina Spike, che lega il virus alle cellule ed è collegata alla capacità di trasmissione del SARS-CoV-2. I dati mostrano che la linea B.1.1.28, che è la più frequente in Amazonas, ha subito mutazioni.
Le altre varianti
Oltre alla variante brasiliana, dopo il febbraio 2020, quando sono stati segnalati i primi casi di Sars-CoV-2 fuori dall'Asia, i genomi virali isolati presentavano mutazioni puntiformi diverse. In particolare, già a giugno erano state identificate tre mutazioni nei ceppi europei e altre tre diverse mutazioni in quelli del Nord America. In ottobre in Italia erano state riconosciute cinque varianti di SARS-CoV-2, identificate con le sigle 19A, 19B, 20A, 20B e 20C, presenti in tutto il territorio nazionale. La maggior parte delle mutazioni non ha importanza dal punto di vista clinico ed epidemiologico, ma alcune mutazioni sembrano influenzarne la facilità di diffusione.
Variante Sudafrica
A metà dicembre – spiega tg24.sky.it - le autorità del Sudafrica hanno annunciato la scoperta di una nuova variante, che si è diffusa rapidamente nel Paese e si segnalano casi anche all’estero. Si tratta della 501Y.V2, che secondo i primi studi ha un’alta carica virale e una maggiore trasmissibilità rispetto al virus base. Non ci sono prove che dia sintomi peggiori o una mortalità superiore è un’ulteriore mutazione del virus sudafricano, la E484K. Questa mutazione potrebbe aiutare il virus "ad aggirare la protezione immunitaria conferita da una precedente infezione o da una vaccinazione", ha spiegato il professor Balloux dell'University College London. Ancora non è possibile però stabilire che questo basti a rendere la variante sudafricana resistente agli attuali vaccini.
Variante Usa
Alcuni giorni fa - si legge sempre su tg24.sky.it - la Casa Bianca che ha avvertito della possibilità di una "variante americana" del coronavirus, ritenuta più contagiosa del normale. L’accelerazione del numero di casi negli Stati Uniti suggerirebbe, riporta l’emittente, che "potrebbe esserci una variante Usa che si è evoluta negli States, oltre alla variante del Regno Unito che si sta già diffondendo e può essere il 50% più trasmissibile”. Ma il 9 gennaio, il New York Times, citando alcune fonti dell’amministrazione Usa, ha bollato le informazioni su una possibile nuova “variante Usa” come false e basate su speculazioni di Deborah Birx, uno dei volti più noti della task force contro il virus della Casa Bianca. Di recente Birx avrebbe presentato dei grafici relativi al balzo dei casi negli Usa, suggerendo ai membri della task force che una più trasmissibile variante originata negli Stati Uniti avrebbe potuto spiegare il balzo così come accaduto in Gb.
Variante Europa
Finora la variante più nota è quella dovuta alla mutazione D614G, emersa in Europa già tra fine gennaio 2020 e marzo 2020. A giugno è diventata prevalente in tutto il mondo, con una trasmissione più veloce rispetto al virus originario di Wuhan. Gli studi hanno dimostrato che la mutazione ha aumentato l’infettività ma non effetti peggiori sull’uomo.
Variante spagnola
A giugno è comparsa un’altra variante, la “20A.EU1”, che si è sviluppata nel Nordest della Spagna, diffondendosi in modo rapido nel resto dell’Europa, anche grazie agli spostamenti estivi meno controllati dopo la prima ondata. Al momento, secondo le stime, questa mutazione sarebbe la più diffusa in Italia.
La mutazione dei visoni
Va citata la mutazione “Y453F” segnalata dalle autorità danesi tra agosto e settembre. Nello Jutland settentrionale, una variante SARS-CoV-2 che si è diffusa tra i visoni d'allevamento si è poi ri-trasmessa all’uomo. La variante, denominata variante "Cluster 5", presenta una combinazione di mutazioni non osservate in precedenza. A causa di studi preliminari, si teme che questa variante possa portare a una ridotta neutralizzazione del virus negli esseri umani, che potrebbe potenzialmente ridurre l'estensione e la durata della protezione immunitaria a seguito di infezione naturale o vaccinazione. Ad oggi, le autorità danesi hanno identificato solo pochi casi tra gli umani della variante. Ma il ceppo negli animali ha portato all’abbattimento di quasi 20 milioni di visoni.
Il parere del virologo
Fabrizio Pergliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano sostiene che di “varianti ne sono state individuate già una dozzina. Quindi ce lo aspettavamo che prima o poi una avrebbe iniziato a circolare. Le differenze? E’ come l’altro ma più aggressivo”. Pregliasco spiega che le “varianti fanno parte dell’adattamento del virus all’ospite. Questo ceppo ci è riuscito, è molto furbo, diciamo così. Ha trovato un meccanismo di aggressione più efficace. Non si diffonde più velocemente quindi, ma è più aggressivo, ha una contagiosità maggiore e quindi una capacità diffusiva maggiore ed è questo quello che preoccupa, ma non stupisce. La capacità infettante è la stessa”.
Ma a questo punto è necessario preoccuparsi dell’efficacia dei vaccini che si stanno distribuendo anche in Italia? Dalle osservazioni non c’è evidenza che il vaccino sia inefficace, una variazione sulla proteina spike non è in genere sufficiente per modificare l’efficacia. Sono in corso studi per verificare i possibili effetti sull’immunità vaccinale.
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