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Il 17 giugno di 50 anni fa l'indimenticabile 4-3 dell'Italia sulla Germania

Il pareggio tedesco al 92', le emozioni dei supplementari e la firma di Rivera sulla storia

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In Italia era la notte del 17 giugno 1970, perché con il fuso orario era necessaria la classica levataccia, ma nessuno si è certo pentito di averla fatta. Quell’Italia-Germania 4-3 di Messico ’70 è conosciuta anche da chi ancora non era nato. Sono passati 50 anni esatti da quella notte indimenticabile, che per la prima volta introdusse i caroselli di auto lungo le strade con le bandiere tricolori al vento per festeggiare le vittorie della Nazionale Italiana: avremmo fatto così anche nel 1982, nel 1990 fino alla semifinale e poi nel 2006, ma quella notte resta speciale; la tv mostrava il giorno dopo persino i malati dell’ospedale che esultavano dal letto, perché quell’eroico trionfo si trasformò in una ondata di entusiasmo generale. Personalmente, mi trovavo al mare a Riccione e proprio davanti a una pensione che lavorava quasi esclusivamente con turisti tedeschi, che alla fine – visibilmente delusi – schiumavano di rabbia come la tanta birra che si erano bevuti davanti al piccolo schermo, mentre l’Italia cullava il sogno di quel terzo mondiale che andò poi meritatamente al Brasile di Pelè, squadra fortissima che tuttavia arrivò a quella finale non certo con gli stessi 120 tiratissimi minuti sulle gambe. Rivedere Italia-Germania dell’Azteca (c’erano più 100mila spettatori) non stanca mai; anche l’ennesima replica che ci fa oramai ricordare a memoria tutti i passaggi e i movimenti dei giocatori è sempre emozionante, come fu la dinamica di quella sfida: Boninsegna che va in rete di sinistro dopo 8 minuti, Rivera che avvicenda Mazzola a inizio ripresa in quella staffetta “politica” quanto si voglia ma tecnicamente assurda – perché mi risulta difficile capire come facciano due fuoriclasse a non giocare insieme – e poi tanta sofferenza, perché i tedeschi sfiorano più volte il pareggio. Quando sembra fatta, al 92’, ecco la zampata di Karl Heinz Schnellinger: proprio lui, che nel Milan ha sempre messo la museruola agli attaccanti avversari (e chi scrive è un milanista), adesso si trasforma in incredibile bomber. Lui, il tedesco del Milan, che forse per un attimo si fa odiare dai suoi stessi tifosi: la palla servitagli da Overath gonfia la rete e quel gol diventa di fatto decisivo per consacrarla come "la partita del secolo", perché ai supplementari succede di tutto. Succede intanto che Muller approfitta come un falco dell’indecisione fra Albertosi e Poletti e per la nostra Nazionale, che appariva un po’ in affanno, sembra l’inizio della fine sul vantaggio degli avversari. Sarà invece il viatico della grande impresa: un altro difensore abituato a non far segnare gli altri, Tarcisio Burgnich, piazza il sinistraccio del 2-2 sulla punizione di Rivera respinta malamente da un tedesco e di lì a poco ecco il capolavoro di Gigi Riva, che riceve, dribbla, si porta avanti il pallone bevendosi il “mastino” Vogts e con il suo mancino piazza il diagonale del 3-2. Roba da mandare in visibilio! Le emozioni vere debbono però ancora arrivare nel secondo tempo supplementare: angolo dalla destra, colpo di testa, pizzicata di Muller e frittata di Rivera che non copre lo spicchio di porta all’angolo, beccandosi tutti gli strali di Albertosi che già non lo voleva sul palo. Ma sarà proprio il regista del Milan, un minuto più tardi (viene da chiedersi: quanto sarà durato quel difficile minuto nella mente di Gianni Rivera?), a rimediare con gli interessi, grazie anche all'eccezionale lavoro di Boninsegna sulla fascia sinistra con assist rasoterra. Il replay da dietro la porta esalta quella stoccata di Rivera, come se avesse calciato – fintando - un rigore con palla in movimento, perché Maier si tuffa sulla sua sinistra, ma la sfera lo supera sulla destra. La storia è stata scritta e immortalata dall’abbraccio fra Riva e Rivera, che in 60 secondi e poco più è passato dalle stalle alle stelle: l’Italia va in finale e da quel giorno inizia un lungo e particolare capitolo, perché gli azzurri diventano la “bestia nera” dei tedeschi nelle partite che contano. Come dimostrano il 3-1 nella finale mondiale di Madrid dell’82, il 2-0 nella semifinale – sempre mondiale – di Dortmund del 2006 e il 2-1 nella semifinale degli Europei 2012, con doppietta di Balotelli. Nella peggiore delle ipotesi, l’Italia ha strappato il pareggio. I titoli vinti dalla Germania, che pure sono stati tanti, non sono mai "passati" per l’Italia. Un sortilegio che i “panzer” sfateranno 46 anni dopo, agli Europei 2016, eliminando l’Italia di Conte nei quarti ai calci di rigore, ma all’archivio quella partita figurerà comunque terminata in parità. Italia e Germania: l’estro della prima contro lo stile della seconda, che è rimasta sempre il modello di riferimento e l'esempio numero uno – come serietà, applicazione e carattere - anche quando l’abbiamo battuta. Superarla è allora bello proprio per questo motivo, a livello tanto individuale quanto di squadra e non vale quindi soltanto per il calcio: anche se vi giocassimo a bocce, sarebbe la stessa cosa. Perché una vittoria contro i tedeschi – diciamolo francamente – assume sempre un sapore particolare e Italia-Germania sarà sempre per noi la "sfida delle sfide".

Claudio Roselli  

Nella foto: l'abbraccio fra Gigi Riva e Gianni Rivera dopo il gol del 4-3

Redazione
© Riproduzione riservata
16/06/2020 21:55:15


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