Opinionisti Andrea Franceschetti

La potenza della narrazione muove (e scala) le montagne

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Qualche giorno ad Aosta.

Io, mia moglie, le mie bimbe, suocera, suocero (festeggiavamo la sua pensione dopo decenni di turni in fornace), cognata (professionista del volley: io non lavoro, insegno... lei non lavora, gioca...).

"Ad Aosta / per amare le mie bimbe senza sosta...".

"Ad Aosta, sotto l'Arco di Augusto, / ho baciato mia moglie: Dio, che gusto!"

Domenica 16 luglio, cascate di Lillaz (frazione di Cogne) e tour des cascades: da quota 1611 fino ai 1761 metri del potente candore del terzo salto.

Lunedì 17, di mattina (per scaldarsi un po') a Introd, in su e in giù lungo il Parco degli animali delle Alpi; nel pomeriggio, direzione Morgex, Colle San Carlo, Hotel Genzianella (come guardiano stagionale mi aspettavo di imbattermi, da un momento all'altro, in Jack Nicholson...): dai 1971 ai 2063 d'altitudine, fino a specchiarsi nel Lago d'Arpy, nella Valdigne.

Martedì 18, da Aosta a Pila (1814 m) in cabinovia, poi a piedi fino ai 2330 del Laghetto di Chamolé (a fine giornata, il chilometraggio segnato dal display touch del cinturino al polso segnava 14,8 Km percorsi). 

Mercoledì, da La Joux a La Thuile: 1605 alla partenza, primo salto cascate ai 1700, terzo e ultimo salto ai 2100, pranzo alla seconda cascata e discesa sotto la pioggia battente (altra giornatina da 15 Km).

Non ci metto il tour fra il Teatro romano, l'Arco di Augusto (quello sotto il quale a baciarsi c'è più gusto), la Porta Praetoria dell'Augusta Praetoria Salassorum (per gli amici 'Aosta'). Non ci metto il Castello di Fénis. Non ci metto Chatillon e Saint-Vincent o le nubi, che ci salivano contro da sotto invece di scenderci addosso, ai 1800 metri di Porliod, sopra Lignan.

15 righe di sfoggio orgoglioso di migliaia passi per ribadire che ne sono stati capaci i 17 anni totali delle mie due bimbe, anche grazie alla potenza millenaria e inesauribile del racconto, dell'azione tutta umana della narrazione.

Sì, perché nei momenti in cui non ne potevano più (talvolta per giustificata stanchezza, talaltra per legittima noia), esaurita la mia personale e poco fertile vena fantastica (racconti animati da elfi, folletti, uomini docilmente lupi,... alla comparsa dei quali mia moglie rideva per non piangere), ho attinto dal bacino dell'Epica classica: fra Giunone, Venere e Minerva, in mezzo ad Agamennone e Menelao, mettendo il dito fra Paride ed Elena, con un poco di Achille e con molto di Ulisse, io non avvertivo il benché minimo affanno respiratorio nel raccontar salendo ("senza lasciar l'andar, perch'io dicessi", parafrasando il nostro 'più narratore' di tutti) e le mie bimbe, come per magia, saltavano radici, varcavano macigni, guadavano torrenti, nel chiedere di più, nel guardare e finalmente vedere verde, nel sentire le avventure narrate dalle continue folate di silenzio del bosco e della storia.

Potenza della narrazione.

Millenaria.

Inesauribile.

Capace di muovere (e scalare) le montagne.

Redazione
© Riproduzione riservata
24/07/2017 09:00:08

Andrea Franceschetti

Nato a Pieve Santo Stefano è un giornalista e scrittore, oltre che insegnante presso il Liceo “Città di Piero” di Sansepolcro. Fra gli altri, ha pubblicato il saggio Grammatica e Canzoni - Preziosismi, licenze poetiche e strafalcioni nella musica leggera (in lingua) italiana (2013) e i romanzi Bianco (2014), Io ne amo solo tre (2015) e Il maestro (2017).


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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