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50 anni di Tratos per l’ingegner Albano Bragagni

Una realtà economica a livello mondiale che oggi conta 500 dipendenti

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Di fatto è un’istituzione per quello che riguarda il mondo dell’imprenditoria della Valtiberina, seppure la sua valenza va ben oltre i confini nazionali. Albano Bragagni, presidente di Tratos Cavi Spa, è uno fra i principali imprenditori della zona; colui che ha conferito una dimensione internazionale alla Tratos di Pieve Santo Stefano nel settore dei cavi e delle fibre ottiche. Una realtà che oggi conta 500 dipendenti, dei quali oltre la metà impiegati e Pieve e il resto negli altri due stabilimenti, uno in Sicilia vicino a Catania e l’altro in Inghilterra a Knwosley oltre a Spagna e Germania. A soli 23 anni, Albano Bragagni ha preso in consegna l’azienda, dopo l’improvvisa morte del suocero Egidio Capaccini fondatore di Tratos e assieme alla moglie Marta si è reso artefice di uno straordinario percorso che ha fatto dell’azienda una leader in assoluto nel suo settore. A metà degli anni ’60, infatti, insieme ad altri soci Capaccini aveva fondato la compagnia di trafilatura di fili in rame, che poi si sarebbe trasformata in azienda produttrice di cavi elettrici per uso generale e a tecnologia semplice. Una missione importante sulla quale l’ingegner Bragagni, insieme alla moglie Marta, ha sempre creduto. Con l’aiuto economico di alcune banche, Bragagni riuscì ad acquistare il totale delle quote societarie e Tratos ben presto si è trasformata in una multinazionale esportando in tutto il mondo. In parallelo, ha ricoperto per 29 anni il ruolo di sindaco del Comune pievano e per due mandati anche quello di presidente dell’Associazione Industriali della Provincia di Arezzo. Cordialità e semplicità sono gli altri punti di forza di Albano: imprenditore di successo, ma al tempo stesso persona alla mano che vuole tanto bene alla sua Pieve Santo Stefano. Bragagni, o meglio l’ingegner Albano, è attualmente presidente del gruppo Tratos Cavi Spa seppure in azienda hanno un ruolo attivo anche i figli: Elisabetta che è l’amministratore delegato oltre ad occuparsi della parte commerciale in Italia mentre Ennio, laureato in giurisprudenza, che – oltre ad essere vicepresidente del gruppo – si occupa degli acquisti e dell’organizzazione più in generale. Ruolo chiave è anche quello di Maurizio Bragagni, nipote di Albano, il quale è Ceo di Tratos Ltb. Il 2024, meglio ancora il mese di luglio, coincidete per l’ingegner Albano Bragagni anche con il 50° anno ai vertici del gruppo Tratos Cavi Spa di Pieve Santo Stefano.  

·        Come inizia l’avventura di Albano Bragagni nel mondo Tratos?

“Nel 1974, improvvisamente, morì d’infarto mio suocero Egidio Capaccini. A quel punto qualcuno doveva prendere in mano l’azienda e tra me, mia moglie e mia suocera è stato deciso che fossi io quella persona”.

·        Quando l’ha presa in mano, che realtà era Tratos?

“Molto semplice, per darvi un’idea vi dico qualche numero. Tratos nel 1974 fatturò una cifra come 3 miliardi e 400milioni di lire con una 50ina di dipendenti. Soprattutto mia moglie aveva dei soci di minoranza che avevano il 49% del capitale, ma qualificato, quindi per tante decisioni necessitava comunque il 60%. Questa la situazione. Facevamo cavi abbastanza semplici e siamo andati avanti così: nel 1975 ci fu poi quel periodo difficile che, qualcuno vivo all’ora sicuramente se la ricorderà, a seguito della crisi petrolifera ci fu un calo del mercato spaventoso; ricordo, infatti, che come fatturato scendemmo a circa 2 miliardi di lire. Poi ci siamo ripresi e siamo andati avanti”.

·        Mentre oggi a distanza di mezzo secolo dal suo ingresso?

“Oggi Tratos, se parliamo con i dati 2023 ma possiamo prendere in considerazione anche quelli 2024, avremo un consolidato che sfiorerà i 300 milioni di euro con oltre 500 dipendenti dislocati tra Italia negli stabilimenti di Pieve Santo Stefano e Catania, Inghilterra, Spagna e Germania”.

·        In questi 50 anni quali sono stati i punti principali di sviluppo?

“Soprattutto il 1979 quando riuscimmo, attraverso un’operazione di leveraged molto azzardata che organizzai con l’aiuto di mia moglie e di mia suocera che ebbero – mi sembra incredibile ancora oggi – infinita fiducia in me, riuscimmo a liquidare gli altri soci con l’aiuto dell’allora Cassa di Risparmio di Città di Castello e con quella di Firenze, con un po’ di apporto anche della Banca Popolare dell’Etruria e Banca Toscana; faccio caso che sono tutte banche locali, perché altrimenti un’operazione del genere con le grandi banche di oggi non sarebbe possibile. Per cui riuscimmo a liquidare questi soci e partire con un’operazione di sviluppo andando verso le produzioni che oggi abbiamo concretizzato”.

·        C’è stato un momento nel quale si è pentito, nel senso buono ovviamente, della scelta fatta?

“No. Momenti duri ce ne sono stati tantissimi e forse uno poteva pensare di avere anche maggiore fortuna, però se devo poi fare un bilancio finale dei pro e dei contro, i pro sono abbondantemente superiori ai contro”.

·        Quando Albano Bragagni era uno studente, cosa pensava di fare?

“Ero studente ed ero carabiniere al centro sportivo di Bologna. Avevo un amico, che non ho più rivisto, si chiamava Cellerino di cognome e con lui stavamo ipotizzando di entrare in Fiat: questo era l’obiettivo prima di venire in Tratos”.

·        L’ingresso dei figli, Ennio ed Elisabetta, insieme alla spinta del nipote Maurizio in Inghilterra quanto è stato importante per l’azienda?

“E’ stato molto importante perché l’ingresso di Ennio nel 2003 è coinciso con la fine di un periodo abbastanza duro e con la ripartenza verso periodi migliori: ha contribuito anche Maurizio entrato in Tratos più o meno negli stessi anni con la diversificazione nei mercati internazionali. Poi l’ulteriore entrata di Elisabetta è stata ugualmente importante perché siamo andati verso produzioni che prima non facevamo, tipo l’alta tensione di cui Elisabetta è il dominus ex machina’ assoluto”.

·        Come è riuscito a gestire il suo impegno politico con quello dell’azienda?

“L’impegno politico è un impegno amministrativo. Fare il sindaco a Pieve Santo Stefano, come farlo in un altro paese analogo, forse si fa prima a farlo che a farlo fare; con tutte le difficoltà che ti pongono le amministrazioni locali, se non hai un’amministrazione amica portare avanti anche una licenza edilizia è estremamente difficile. Io ricordo che mi candidai perché dove adesso c’è ¾ della Tratos ci volevano fare una zona artigianale; parlo, quindi, del 1985. Non credo affatto che sia stato un conflitto d’interessi perché poi passare da 60 persone a quasi 300, come siamo oggi a Pieve Santo Stefano, non credo che il paese ne abbia sofferto. A me non è mai pesato, l’ho sempre fatto con grande piacere anche se oggi non ho nessun rammarico”.

·        Che momento storico sta vivendo Tratos?

“Abbastanza per non dire molto favorevole. Per delle coincidenze, tutte positive, che è stato il desiderio di dare connettività a tutta Italia con molto impulso dato anche dalla pandemia, c’è il cosiddetto ‘smart-working’ che ha dato una grandissima spinta alla digitalizzazione del nostro Paese. Così come il discorso delle energie alternative ha spinto tantissimo su quello che riguarda i cavi energia che sia alta, media o bassa tensione. Quindi, ci ha messo in una fase di mercato di sviluppo molto importante che non riguarda solo l’Italia ma almeno tutta l’Europa. E di questo ne stiamo godendo”.

·        Cosa c’è e deve esserci nel futuro di Tratos?

“Questo è difficile da dirlo. Noi abbiamo fatto delle scelte ben precise: vogliamo essere molto presenti in Europa, presenti in qualche parte del mondo come Brasile e Cina per quelle che sono delle fette di mercato abbastanza particolari e per cui stiamo perseguendo una politica di sviluppo; non sicuramente una politica di chiuderci in noi stessi”.

Redazione
© Riproduzione riservata
16/08/2024 12:03:24


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