Meloni affonda Macron: "In Francia non ha vinto nessuno. Ora sono loro il Paese instabile"
La premier a Washinton per il vertice Nato: oggi è l'Italia ad avere un governo solido
Dal nostro inviato a Washington. Giorgia Meloni è atterrata a Washington che in Italia era già passata la mezzanotte di lunedì. E oggi l'aspetta l'apertura del 75esimo vertice Nato, durante il quale i 23 leader dei Paesi che aderiscono all'Alleanza atlantica discuteranno soprattutto del sostegno militare all'Ucraina, anche alla luce del violento attacco missilistico che Mosca ha sferrato contro Kiev proprio alla vigilia del summit nella capitale statunitense.
La premier, però, ci tiene a dire la sua soprattutto sull'esito delle elezioni francesi. Ed è per questa ragione che prima di lasciare l'hotel St.Regis per andare a cena si ferma alcuni minuti nella hall con i giornalisti italiani. In Italia sono le due di notte, ma Meloni vuole mettere agli atti due aspetti a cui, per ragioni diverse, tiene particolarmente.
Il primo è un segnale di non ostilità verso Marine Le Pen, nonostante la leader del Rassemblement national si sia adoperata attivamente insieme al premier ungherese Viktor Orban per dar vita a un gruppo parlamentare di destra che è riuscito numericamente a scavalcare il Conservatori di Ecr, di cui Meloni è presidente. Il secondo segnale, pur con le cautele del caso ("non mi infilo nelle dinamiche degli altri", ripete due volte), è invece diretto ad Emmanuel Macron. Che, lascia intendere la premier, non è certo il vincitore delle legislative francesi, visto che "c'erano tre schieramenti" e "nessuno può cantare vittoria" perché "nessuno è in grado di governare da solo".
Con un messaggio che sembra indirizzato proprio all'inquilino dell'Eliseo: "La formazione del governo in Francia non sarà facile. Eravamo abituati a un tempo in cui l'Italia era una nazione instabile in un'Europa che aveva, soprattutto tra le grandi nazioni, governi molto solidi. Oggi invece vediamo una realtà molto diversa, con l'Italia che ha un governo molto solido in un'Europa dove ci sono governi meno stabili del nostro. E penso che questo debba renderci molto orgogliosi". Insomma, cosa pensa la premier italiana è piuttosto chiaro: Macron è riuscito sì ad arginare l'avanzata di Le Pen, ma ora dovrà fare i conti con quella instabilità politica che spesso e volentieri a Parigi o a Berlino è stato argomento di forte critica verso l'Italia e i suoi governi.
E che la Francia rischi seriamente di essere un Paese "ingovernabile", lunedì scorso lo andava dicendo in maniera piuttosto assertiva anche Jacques Attali, economista e tra i consiglieri più fidati del socialista Francois Mitterrand durante i suoi quattordici anni all'Eliseo dal 1981 al 1995. Certo, che a esprimere un simile giudizio sia un premier di un Paese alleato ha tutto un altro peso e certamente non rientra nel bon ton diplomatico. Che tra Roma e Parigi, però, si è perso dal G7 pugliese di Borgo Egnazia di un mese fa, visto che a Palazzo Chigi restano fermamente convinti che a far scoppiare la polemica sull'aborto (che è poi rimbalzata per giorni sulla stampa internazionale) è stata proprio la diplomazia francese di Bruxelles per il tramite del presidente del Consiglio europeo uscente Charles Michel (molto vicino a Macron).
Meloni affonda dunque sull'inquilino dell'Eliseo e si muove con prudenza verso Le Pen. "Penso che la lettura che ho visto da più parti di una sconfitta del Rassemblement national - dice - sia un po' semplicistica. Perché se vogliamo guardare a quello che è accaduto in Francia, la verità è che non può cantare vittoria nessuno". E dei tre schieramenti in campo "non ha vinto nessuno", con l'aggravante che all'interno di essi "ci sono differenze molto evidenti". E ancora: "Posso dire che per esperienza personale so che è più facile governare quando si sta insieme perché si condividono idee piuttosto che quando si sta insieme perché si condivide un nemico".
Che nel caso della Francia era la Le Pen, tanto che non a torto - intervistato lunedì da La Stampa - Attali dice che il "vero vincitore" è il fronte anti-Le Pen. Con cui Meloni - in attesa del delicato passaggio al Parlamento europeo, che il 18 luglio voterà a scrutino segreto sul bis di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Ue - evita di aprire fronti persino su un tema evidentemente sensibilissimo per la premier italiana. Le chiedono cosa ne pensi del neonato gruppo dei Patrioti (dove milita anche la Lega di Matteo Salvini) e se non sia un problema il suo approccio troppo "comprensivo" alle ragioni di Mosca. La premier chiude velocemente il discorso: "L'idea che sia un gruppo apertamente filo-putiniano mi sembra una ricostruzione più da osservatori...". Che a guardare bene non è propriamente una smentita categorica, nel qual caso Meloni non avrebbe avuto problemi a parlare di "fake news" o di "ricostruzione giornalistica approssimativa". "Osservatori" è un termine che invece non esclude affatto la competenza su una materia.
D'altra parte, sul punto molti dubbi deve averli anche lei. Non è un caso che l'ingresso del Fidesz di Orban in Ecr sia stato congelato mesi fa proprio per le posizioni del premier ungherese sulla Russia, distantissime dalla linea filo-atlantica e pro-Kiev di Ecr (tanto che i nuovi parlamentari arrivati nel gruppo dei Conservatori hanno sottoscritto una dichiarazione di sostegno all'Ucraina).
Prima di lasciare il St. Regis, Meloni parla anche dell'attacco missilistico di Mosca contro Kiev, che ha colpito mortalmente almeno 37 civili. "Le immagini che abbiamo visto dei bambini malati oncologi per strada a seguito del bombardamento dell'ospedale di Kiev - dice la premier - sono spaventose e penso che offrano una dimensione della reale volontà che c'è da parte della propaganda russa di cercare una soluzione al conflitto. Quando si aggredisce così la popolazione civile e lo si fa con questa veemenza e accanendosi sui bambini, decisamente i segnali che arrivano sono altri rispetto a quelli che una certa propaganda vorrebbe far passare".
Poi guarda all'agenda del vertice Nato di Washington che si apre oggi e si chiuderà giovedì.
"La mia aspettativa - dice - è che nel suo 75esimo anniversario l'Alleanza atlantica mandi un messaggio di unità e capacità di adattamento a un mondo che sta cambiando. Si attende anche un sostegno all'Ucraina, che non mancherà neppure in questo vertice". Una posizione distante anni luce da quella degli "alleati" alla sua destra, a partire da Orban fino a Le Pen.
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