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Alzheimer, un test al sangue lo rivela 15 anni prima

La presenza di una specifica proteina potrebbe diagnosticare molti anni prima

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Può davvero trattarsi di una rivoluzione in campo medico per una malattia degenerativa per la quale non c'è ancora una cura definitiva ma che, se diagonisticata in tempo o addirittura prima della comparsa dei sintomi, può far migliorare notevolmente la qualità di vita dei pazienti. Stiamo parlando del morbo di Alzheimer e di un semplice test al sangue che potrebbe scoprire, molti anni prima, la comparsa della patologia.

Il test sul sangue

Ne hanno parlato sulla rivista Jama Neurology i ricercatori svedesi che hanno scoperto come, misurando la prezenza della proteina chiamata p-tau271, biomarcatore sanguigno specifico per la patologia dell'Alzheimer, si possa sapere con largo anticipo cosa potrebbe accadere nella vita del paziente. Questa tipologia di test è già presente sul mercato ma "una più ampia disponibilità di test ad alte prestazioni può accelerare l'uso dei biomarcatori del sangue in contesti clinici e avvantaggiare la comunità di ricerca", spiegano gli studiosi.

I risultati dello studio

Lo studio ha preso in esame 786 partecipanti con un'età media di 66,3 anni: 504 donne e 282 maschi uomini. I ricercatori hanno osservato un'elevata accuratezza nell'identificazione dei valori paragonabili ai biomarcatori del liquido cerebrospinale quando determina segnali anomali con un'attendibilità dell'80% e un ruolo fondamentale svolto dalla proteina p-tau271. "Il dosaggio della proteina p-tau 217 nel sangue ha permesso di individuare la presenza della proteina beta-amiloide nel 96% dei casi e di livelli elevati di p-tau 217 nel 98% dei casi", hanno sottolineato gli studiosi.

La diagnosi precoce

L'altra ottima notizia è davvero la tempestività con cui si potrebbe diagnosticare la futura malattia: in questo caso sono stati alcuni ricercatori dell'University College di Londra a spiegare che questo specifico test del sangue potrebbe rivelare la comparsa della malattia anche 15 anni prima. "Tutti gli ultra-50enni potrebbero essere sottoposti a screening per Alzheimer, ad intervalli di qualche anno, un po’ come si fa oggi per il colesterolo alto, per intercettare sul nascere la malattia e trattarli con i farmaci a disposizione e con quelli, si spera sempre più efficaci, che arriveranno nel prossimo futuro", ha spiegato il prof. David Curtis, onorario dell’Istituto di Genetica dell’Università di Londra.

L'importanza della scoperta con diagnosi precoci di Alzheimer consentirebbe di mettere in moto la somministrazione di nuovi farmaci in grado di bloccare o rallentare l'avanzata della malattia prima che diventi irreversibile. "Sarà utile avere un esame che si può fare ovunque, ma che necessita di validazioni su numeri più ampi, in centri diversi, rappresentativi di varie realtà nazionali e territoriali e con un follow-up adeguato. È quindi una notizia positiva da prendere però con mille pinze sul piano applicativo", ha commentato al Messaggero il prof. Paolo Maria Rossini, Direttore del dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma.

Notizia e foto tratte da Il Giornale
© Riproduzione riservata
11/02/2024 14:07:41


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