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Damiano Argentieri: il biturgense con un passato da campione di canoa

Un titolo nazionale e diversi regionali, poi il matrimonio e la nuova scelta di vita

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Originario di Brindisi, vive dal 1972 nella città biturgense, dove si è sposato e ha cambiato lavoro, una volta congedatosi dalla Guardia di Finanza. Un titolo nazionale e diversi regionali, poi il matrimonio e la nuova scelta di vita, con il conseguente abbandono dell’attività

Vive a Sansepolcro da oltre mezzo secolo, per cui è oramai un biturgense a tutti gli effetti. Damiano Argentieri, brindisino di nascita e di origine, è tuttora una persona molto attiva nell’ambito dell’associazionismo, che porta ottimamente i suoi 74 anni, compiuti lo scorso 9 gennaio. È stato socio fondatore e presidente dell’associazione “Rinascimento nel Borgo” e dal 2013 ricopre la stessa carica nell’associazione “Alla Corte de’ Medici”; senza dubbio, questi sono i riferimenti più immediati che lo rendono conosciuto al Borgo, la città che sarebbe ben presto entrata nel suo percorso di vita grazie all’incontro “galeotto” con colei che poi diverrà sua moglie. Il matrimonio sarà per lui non solo la più importante delle scelte di vita, ma anche il suo crocevia professionale, in funzione soprattutto del Borgo. Un cambio deciso di rotta per un uomo – o meglio, per un giovane uomo - che aveva fino a quel momento indossato la divisa della Guardia di Finanza e azionato la pagaia, ottenendo risultati agonistici di tutto rispetto. Del passato di campione della canoa, collegato in parallelo con la sua vita, ci occupiamo in questo speciale dedicato ai personaggi, ovviamente in compagnia del diretto interessato, che con la cortesia e con il sorriso sempre stampato sulle labbra racconta con piacere le sue performance di atleta.

“Ho iniziato a praticare la canoa nel 1963, quando avevo 14 anni – esordisce Damiano Argentieri – e molto ha influito la tradizione sportiva della mia città. Con i genitori, i due fratelli e la sorella (io sono il maggiore dei quattro), abitavamo ad appena 200 metri dal mare in una realtà, quella appunto di Brindisi, nella quale canoa e canottaggio erano le discipline sportive regine o quasi. In settembre si tenevano gli appuntamenti agonistici e la Marina Militare ci dava la possibilità di assistere alle gare, per cui questo è stato alla fine un grande incentivo per me. Tanto per rendere l’idea di cosa rappresentasse questo sport, a Brindisi esistevano in quel periodo ben tre gruppi sportivi: quello della Marina Militare, quello dei Vigili del Fuoco e il Circolo Nautico. Mi sono ben presto appassionato al canottaggio e poi iscritto con i Vigili del Fuoco; ero uno dei tanti tesserati, perché il numero dei praticanti era elevato. Fin dall’inizio mi indirizzarono verso la canoa, perché mi ritenevano più predisposto per questa specialità, così ho cominciato a disputare competizioni di valenza regionale nel K2, ovvero il kayak biposto, quindi ero in coppia con un altro, mentre con la sigla “C” si intende la canadese, poi l’anno successivo – cioè nel 1964 – si pose la necessità di allestire una squadra di K4 per prendere parte alle gare nazionali. Accadde pertanto che la dirigenza del Circolo Nautico si rivolse a quella dei Vigili del Fuoco (la mia società) per chiedere il nulla osta del sottoscritto. Il quartetto che venne allestito era composto da due portacolori del Circolo Nautico e altrettanti dei Vigili del Fuoco, me compreso”. Due anni di sacrifici e duri allenamenti, che però producono i risultati attesi. “Nel 1965 – ricorda Argentieri – ho vinto il titolo regionale pugliese nel K2 Senior assieme a Mario Pennetta, un collega ma soprattutto un carissimo amico che ci ha purtroppo lasciati. Anche se a livello di età rientravo ancora nella categoria Allievi, riuscivo a vincere gare Senior; peraltro, nel K2 ho poi bissato il successo due anni dopo, nel 1967. Ancora nel ’65, mi sono classificato ottavo a una prova internazionale a Sabaudia sui 500 metri e di nuovo ottavo sul K1 a Orbetello. I partecipanti erano sempre numerosi, per cui la selezione era piuttosto nutrita e diverse erano le sessioni di qualifica”. C’è però un altro risultato, senza dubbio più prestigioso, datato 19 giugno 1966 e proprio sulle acque di Orbetello. Parafrasando il tutto, potremmo parlare di un Argentieri “re” nell’Argentario, perché quel giorno conquistò il titolo italiano Allievi di canoa nel K4. “Ero già stato “acquistato” dal Circolo Nautico – precisa – e di quel quartetto ero la seconda voga: davanti c’era Francesco Guadalupi, poi venivo io e, dietro di me, Salvatore Scioscioli e Pietro Pizzolante. Fu davvero una bella impresa, tanto che il Comune di Brindisi dette un riconoscimento al Circolo Nautico per aver riportato in città un titolo tricolore. Allora, a essere premiato era il sodalizio di appartenenza: a noi atleti venivano consegnate le medaglie, oppure (e lo mostra mentre parla n.d.a.) braccialetti come questo”. L’anno 1966 è stato quello di grazia per Damiano Argentieri, se ne facciamo una questione di risultati: “Ho collezionato un altro titolo regionale K2 in coppia con il mio allenatore, Franco Rocco, che aveva partecipato nel 1960 alle Olimpiadi di Roma”. E arriviamo al 1967, anno della prima svolta nella vita di Damiano Argentieri con l’arruolamento nella Guardia di Finanza, anche se la parentesi in divisa avrà la durata di appena quattro anni. “Scuola a Gaeta – dice – e poi ho operato prevalentemente in Sicilia: la base era a Palermo, ma le mie mansioni di radiotelegrafista mi hanno portato a girare per tutta l’isola, impegnato su guardacoste d’altura. Una volta terminato il corso, venni chiamato a Sabaudia per ricominciare a praticare la canoa con le Fiamme Gialle. Indossando questi prestigiosi colori, ho preso parte a gare di livello nazionale con il ruolo di capovoga. Due mesi di attività e vincemmo una gara nazionale a Castel Gandolfo, nel lago di Albano: dietro di me, c’erano tre giovani che seguivo da poco tempo. Il mio “tallone d’Achille” erano i tendini della mano destra ed è stato un problema che mi ha impedito di partecipare ai campionati italiani, per quanto io abbia sempre stretto i denti. L’ultima gara l’ho infine disputata nel 1971 a Ganzirri, vicino a Messina, praticamente nella punta della Sicilia più vicina alla Calabria”. C’è da immaginare, quindi, che dietro a questi risultati vi fossero allenamenti duri, intensi e continui. “In inverno, la preparazione consisteva nel correre a piedi per una ventina di chilometri e nel potenziamento muscolare in palestra. Facevamo tanta palestra, perché nello sport della canoa e del canottaggio a lavorare sono le spalle e non i piedi; con l’arrivo della stagione favorevole, poi, salivamo in barca e a quel punto l’allenamento era in acqua”. Quante sedute sostenevate in media nell’arco della settimana? “In un’epoca nella quale non c’erano i telefonini, ci davamo appuntamento giorno dopo giorno. Della serie: stesso posto, stessa ora; iniziavamo intorno alle 15.30-16 e non si usciva mai dalla palestra; quando poi eravamo in acqua, ci dimenticavamo addirittura del tempo. E comunque, non terminavamo mai prima delle 18. Mi preme sottolineare come fra di noi vi fossero sia persone che avevano il loro lavoro, sia ragazzi che ancora studiavano”. In famiglia c’era il giusto appoggio, oppure – come spesso accadeva – i genitori preferivano lo studio o il lavoro, perché magari ritenevano la pratica sportiva una sorta di perdita di tempo? “Sapevano ovviamente che mi cimentavo nella canoa, ma non si rendevano conto fino in fondo. Un giorno, però, mio padre passò per il negozio nel quale si recava spesso e vide alcune foto nelle quali c’ero anch’io: fu una bella sorpresa per lui, si sentì a suo modo inorgoglito e allora capì che facevamo sul serio, tanto più che – come ho già ricordato – il Comune volle omaggiare il Circolo Nautico per aver regalato a Brindisi un titoli italiano che mancava da diversi anni”. Chi ha avuto per allenatori? “Ho ricordato Franco Rocco, ma soprattutto Ernesto Tesco, campione europeo come Staiti, incontrato con l’ingresso nelle Fiamme Gialle”. E che rapporto avevate con i vostri tecnici? “Erano allenatori magnanimi e severi al tempo stesso: dovevamo seguire esattamente tutte le indicazioni che ci davano. E non sbagliavano”. Che parentesi è stata, quella della canoa, per Damiano Argentieri? “Bellissima! Ci divertivamo e alloggiavamo nei migliori alberghi dei luoghi nei quali gareggiavamo. In alcuni, poi, il servizio era di prim’ordine, per cui il trattamento nei nostri confronti era da veri e propri “signori” e con modalità che ancora erano per noi sconosciute. In ogni sede nella quale eravamo impegnati con le gare ci recavamo almeno una settimana prima, se non addirittura due; ricordo quando andammo a Castel Gandolfo: una settimana di permanenza e con l’alloggio a pochi metri di distanza dalla residenza estiva del papa, che in un certo senso aveva reso famosi anche noi. Ma ho ancora viva nella memoria la trasferta toscana al lago di Massaciuccoli, patria del grande compositore operista Giacomo Puccini. In una pausa di relax, siamo andati a visitare la sua casa e poi tanti altri viaggi: quando andavamo nel nord Italia e avevamo più gare in calendario, partivamo con due settimane di anticipo; la viabilità non era scorrevole come oggi e ci mettevamo in marcia con le canoe sui tetti dei furgoni e delle auto. Ma eravamo un bel gruppo, nel quale regnava sintonia piena”. Siete almeno rimasti in contatto fra di voi, anche se il prosieguo della vita vi ha portato a separare le vostre strade? “Sì, ancora mi sento con i vecchi amici e li vedo ogni qualvolta torno in Puglia dalle mie parti. Purtroppo, qualcuno non c’è più ed è questo il grande dispiacere”. Le tante medaglie, il braccialetto, le foto ricordo e i ritagli delle pagine di giornale sono i cimeli che Damiano Argentieri conserva gelosamente nella sua casa di Sansepolcro. E siamo al capitolo chiave della sua vita: succede tutto nel 1972. “Ero di servizio a Rimini – spiega – e sempre con la Guardia di Finanza, perché le mie mansioni mi portavano inevitabilmente a girare per le città e le località di mare. Ed è stato proprio sulla riviera romagnola che ho conosciuto Paola, la donna che sarebbe diventata mia moglie”. Si tratta di Paola Biondi, che già viveva in quel periodo a Sansepolcro e che assieme a lui, a inizio degli anni 2000, avrebbe dato vita alle associazioni “Rinascimento nel Borgo” e “Alla Corte de’ Medici”. Quell’incontro ha sortito un effetto evidentemente più potente di un colpo di fulmine e il prosieguo lo ha dimostrato: “E’ stato un fidanzamento breve, perché nel giro di breve tempo ci siamo sposati – dichiara Damiano Argentieri – e lo scorso anno, nel 2022, abbiamo felicemente festeggiato le nozze d’oro. Ricordo benissimo i periodi nei quali eravamo fidanzati e le volte nelle quali ho percorso la strada di Viamaggio per venire a Sansepolcro e tornare a Rimini. Il matrimonio è stato celebrato al Borgo e io avevo soltanto 23 anni, che oggi – per più motivi – è considerata un’età troppo giovane per sposarsi. La scelta professionale era stata già fatta: mi ero congedato dalla Guardia di Finanza e Sansepolcro era divenuta la mia nuova “patria”, per cui qui avrei dovuto preferibilmente continuare a lavorare. Ebbene, all’inizio sono stato assunto come elettricista alla vecchia Chimenti & C, poi sono passato ad Aboca; anzi, sono stato uno fra i primi dipendenti di questa straordinaria azienda, della quale ho toccato con mano le varie tappe della crescita”. Dal matrimonio fra Paola e Damiano sono nati due figli, oramai adulti: Francesca e Giuseppe, con quest’ultimo padre di Adriana, la nipotina che ha “regalato” a entrambi. “Sono andato in pensione nel 2007 – specifica Argentieri – e da quel momento il volontariato e l’associazionismo sono le mie attività in un luogo nel quale mi sono trovato bene fin dall’inizio. La scelta di carattere affettivo che ho fatto a suo tempo si è rivelata quella giusta”. E la voglia di tornare i canoa è sopita, oppure riemerge di tanto in tanto? “Qui non ci sono strutture: una ventina di anni fa si chiese di poter creare un centro sportivo nella diga di Montedoglio, ma ci risposero che non era possibile e che il luogo non era sicuro. E allora, la canoa in legno compensato marino e la pagaia rimangono appese in casa”, conclude sorridendo.           

Redazione
© Riproduzione riservata
13/05/2023 18:05:06


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